Nuove immagini in un allevamento di maiali di un fornitore di Lidl rivelano condizioni inadeguate e violenze sugli animali. Dopo il caso dei polli, cosa ci vorrà per fermare la sofferenza?
Gabbie spoglie e sovraffollate. Le drammatiche condizioni delle quaglie allevate in Italia
Sovraffollamento, scarsa igiene, maltrattamenti e sfruttamento. Ecco la situazione drammatica in Italia delle quaglie allevate in gabbia.
Se cercate su Google il termine “quaglie” tra i primi risultati troverete delle ricette su come prepararle: uova di quaglia, quaglie al forno, quaglie al sugo con polenta. Siamo talmente abituati a pensarle come a un prodotto, a una commodity, che molti di noi forse non sanno neanche come siano fatte — da vive, si intende. Non sorprenderà quindi che delle strutture dove vengono allevati questi animali si parli poco, eppure si tratta di numeri tutt’altro che irrisori: soltanto nel 2021, in Italia sono state macellate oltre 8,5 milioni di quaglie. Ed è proprio in questi allevamenti che è entrato il nostro team investigativo.
Allevamenti intensivi di quaglie: la situazione in Italia
Qualche giorno fa, insieme alla coalizione italiana End the cage age – campagna sostenuta in Italia da 22 organizzazioni quali Amici della Terra, Animal Aid, Animal Equality Italia, Ali – Animal Law Italia, Animalisti Italiani, Ciwf Italia Onlus, Confconsumatori, Enpa, Essere Animali, Hsi/Europe, Il Fatto alimentare, Jane Goodall institute Italia, Lac – Lega per l’abolizione della caccia, Lav, Legambiente, Leidaa, Lndc animal protection, Lumen, Oipa, Partito animalista, Terra nuova e Terra! Onlus –, Essere Animali ha diffuso un’indagine che documenta le condizioni di due allevamenti intensivi di quaglie in Lombardia e Veneto — le regioni italiane con il maggior numero di allevamenti di questa specie. Il quadro che emerge è sconvolgente: gabbie piccole e spoglie dove vivono ammassate 50 quaglie, con uno spazio a disposizione di dieci centimetri per dieci centimetri. Le quaglie non possono muoversi liberamente e soddisfare i propri bisogni, come correre, volare, esplorare, razzolare o fare i bagni di sabbia. Questo causa stress e aumenta l’aggressività tra gli animali, che manifestano il loro disagio beccandosi o strappandosi a vicenda le penne. Inoltre il sovraffollamento impedisce agli individui più deboli di trovare riparo da quelli più aggressivi. Per questo molti animali sono feriti o privi di parte del piumaggio.
Un problema ulteriore è quello della pavimentazione in rete metallica delle gabbie, che può essere causa di malformazioni e ferite alle zampe, con il rischio di infezioni e malattie. Per i pulcini, in particolare, le gabbie possono trasformarsi in trappole mortali, perché possono rimanere incastrati con le zampe nelle maglie della rete. Secondo la coalizione End the cage age non si tratta di piccole aziende familiari: gli allevamenti di quaglie sono sistemi intensivi dove gli animali vengono rinchiusi in condizioni drammatiche ed è vergognoso che in Europa simili metodi di allevamento siano ancora consentiti. Attualmente non esiste una legislazione specie-specifica che tuteli le quaglie allevate per la produzione di uova o carne nell’Unione europea. Le quaglie allevate per la produzione di uova trascorrono tutti gli otto mesi della loro vita in gabbia, mentre quelle allevate per la carne sono macellate a cinque-sei settimane di vita.
A giugno 2021, la Commissione europea si è impegnata a vietare definitivamente l’uso delle gabbie negli allevamenti entro il 2027. Entro il 2023 verrà presentata una proposta legislativa per avviare la transizione e la graduale dismissione. Un risultato straordinario ottenuto grazie ai 1,4 milioni di persone che hanno firmato l’Iniziativa dei cittadini europei (Ice) End the cage age, la prima riguardante le condizioni degli animali negli allevamenti intensivi a raggiungere questo obiettivo.
Nell’Unione europea, milioni di animali allevati a scopo alimentare sono ancora rinchiusi in gabbia. È giunto il momento di vietare questo crudele metodo di allevamento. Il ruolo dell’Italia e del nuovo governo italiano può essere fondamentale in questo importante passo di civiltà. Chiediamo a Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura e a Orazio Schillaci, ministro della Salute di prendere una posizione netta contro l’utilizzo delle gabbie, sostenendo l’impegno preso dalla Commissione europea e promuovendo anche a livello nazionale l’adozione di una normativa che ne vieti l’utilizzo. Firma l’appello.
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