La critica più forte sembrerebbe legata alla supposta mancanza di lavori scientifici sull’omeopatia. Questo sosteneva il ricercatore Giuseppe Remuzzi
Nel momento stesso in cui la dichiarazione è stata resa
pubblica sono comparse sugli organi di stampa le reazioni indignate
di molti esponenti accademici.
In particolare le indicazioni del farmacologo Giuseppe Remuzzi,
coordinatore delle ricerche dell’Istituto Mario Negri, che negava
qualsiasi possibile validità alla medicina omeopatica e alle
pratiche non convenzionali, irridendo con questo i circa 50 milioni
di europei che usano questo tipo di terapie per curarsi.
La critica più forte sembrerebbe legata alla supposta
mancanza di lavori scientifici sull’omeopatia. Questo veniva
scritto sul Corriere dell Sera del 14 giugno 2002, e il farmacologo
Silvio Garattini riprendeva il tema su La Repubblica di qualche
giorno dopo dichiarando che “accettare l’omeopatia come medicina
scientifica provata è come dire che l’oroscopo offra
verità indiscutibili”.
Il problema è perfettamente condivisibile, se non fosse che
ormai i lavori scientifici sull’omeopatia sono numerosi e
importanti (clicca qui e qui) ma la posizione ideologica di molti ricercatori
accademici è di negare comunque e sempre, anche la stessa
evidenza scientifica.
Lo stesso Remuzzi infatti sul Corriere Salute del 7 luglio 2002
(pagine 4 e 5), ribadisce il suo NO all’omeopatia analizzando un
lavoro del 1996 sviluppato in modo iperscientifico e soprattutto in
vitro.
Le parole di Remuzzi svelano la presa di posizione già
predefinita del ricercatore: infatti pur riconoscendo al lavoro un
profondo valore scientifico, anziché analizzare un fatto
dicendo che forse le nostre conoscenze devono essere ampliate,
sostiene che i risultati contraddicendo qualunque principio della
biologia e della scienza (da lui conosciuta) non possono essere
considerati in alcun modo, spingendosi addirittura a dire che il
lavoro potrebbe essere frutto di un artefatto (modo gentile per
dire che i ricercatori hanno barato!).
Il problema severo è questo: la scienza serve per
progredire: i ricercatori del Mario Negri pensano probabilmente che
la scienza debba semplicemente confermare quanto da loro già
saputo. Ecco perché il richiamo a Galileo.
Attilio Speciani
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