La premier Giorgia Meloni vola ad Algeri per stipulare accordi energetici con l’Algeria.
Tra gli accordi, ai quali hanno partecipato Eni e l’omologa Sonartech, si parla anche di tecnologie per la riduzione delle emissioni.
Il piano manca di obiettivi concreti e Meloni è costretta a includere progetti sui quali si era detta contraria in passato.
L’Italia punta a diventare un hub di distribuzione dell’energia verso l’Europa. Durante la visita ufficiale della premier Giorgia Meloni in Algeria sono stati infatti siglati diversi accordi tra l’Eni e l’omologa azienda energetica algerina al fine di, come si legge dalle notizie di agenzia, “ridurre le emissioni, incrementare le esportazioni di gas verso l’Italia e l’Europa e realizzare un nuovo gasdotto per il trasporto anche dell’idrogeno.
“L’Algeria è il nostro principale fornitore di gas”, ha detto Meloni, ribadendo l’intenzione di realizzare un “Piano Mattei per l’Africa”, ispirandosi alla missione dell’omonimo imprenditore morto negli anni Sessanta. Ma se per l’attuale amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, l’Italia azzererà le forniture di gas russo nell’inverno 2024-2025 sul fronte della sostenibilità non c’è nulla di nuovo.
Che cosa prevede l’accordo tra Italia e Algeria
Il viaggio di Giorgia Meloni si inserisce in una serie di trasferte che i capi di stato di tutta Europa stanno svolgendo nel nord Africa al fine di stringere accordi nel settore energetico, in particolare sul gas, in seguito all’aggressione della Russia ai danni dell’Ucraina, evento che ha destabilizzato il mercato energetico.
In particolare, sono cinque le intese siglate tra Italia e Algeria: tre riguardano il settore energia, come fa sapere l’agenzia stampa di Eni, l’Agi e fanno parte di un memorandum tra Eni e l’algerina Sonatrach, con lo scopo di “individuare congiuntamente le possibili attività volte a ridurre le emissioni di gas ad effetto serra in Algeria, e le migliori tecnologie da utilizzare per giungere a tale riduzione, mediante uno studio condiviso avente ad oggetto la riduzione del gas flaring”, ovvero la pratica che consiste nel bruciare senza recupero energetico il gas naturale in eccesso estratto insieme al petrolio, in quei casi in cui risulta troppo costoso costruire infrastrutture adeguate per trasportarlo nei luoghi di consumo.
Inoltre, sono stati firmati anche un partenariato tra Confindustria e le imprese algerine e un’intesa sulla cooperazione spaziale. Nel primo caso si tratta di un accordo di collaborazione tra la Confindustria e il Consiglio del rinnovamento economico algerino (Crea), con lo scopo di “rafforzare la rete delle imprese italiane in Algeria e delle imprese algerine in Italia”, scrive di nuovo l’Agi. Invece, il memorandum d’intesa tra l’Agenzia spaziale italiana (Asi) e l’Agenzia spaziale algerina (Asal) in materia di esplorazione spaziale riguarda l’utilizzazione dello spazio extra-atmosferico, compresa la Luna e gli altri corpi celesti.
Non è chiaro cos’è il “Piano Mattei”
Questi accordi sono stati descritti in termini molto ambiziosi da Meloni, che ha parlato di “Piano Mattei”, allo scopo di far diventare l’Italia la porta d’accesso, appunto un hub energetico, per tutta l’Europa. “Non vogliamo solo il gas dell’Algeria per l’Italia. Noi vogliamo che il gas diretto all’Europa passi da noi”, sono le parole di Meloni.
I dettagli del piano non sono stati però resi noti, continuano a essere raccontati in maniera generica e allo stesso tempo ruotano sempre attorno allo stesso meccanismo: in cambio del gas, l’Italia paga l’Algeria o direttamente con trasferimenti in denaro legati all’acquisto di quote di gas oppure facendosi carico di una serie di investimenti infrastrutturali (legati di nuovo all’energia ma non solo). Insomma, il “Piano Mattei”, al di là di qualche titolo di giornale, non ha per ora alcun dettaglio concreto.
Come fa notare il giornale Il Foglio, l’attuale narrazione di Giorgia Meloni “smentisce” tutta una serie di cose dichiarate da lei stessa negli ultimi mesi e anni. Se mai il fantomatico “Piano Mattei” dovesse vedere la luce, “Meloni deve ringraziare che mai nessuna delle cose che lei invocava in fatto di cooperazione energetica sia stata attuata in passato”, scrive Il Foglio. In passato, infatti, un Piano che preveda di sfruttare l’Italia come hub energetico era tecnicamente impossibile, almeno fino a quando Fratelli d’Italia – il partito di Giorgia Meloni – si è opposto alla realizzazione del metanodotto di Sulmona, in Abruzzo, in grado di spingere il gas provenienti dal Mediterraneo verso il nord dell’Europa tramite gasdotto. Insomma, l’hub si sarebbe fermato a metà paese: un collo di bottiglia rimosso dal governo Draghi con un decreto dedicato.
L'Algeria stanzia "più di 40 miliardi di dollari" per investimenti "nell'esplorazione di idrocarburi" per mantenere la produzione di gas "sopra i 110 miliardi di metri cubi all'anno". Così il ministro dell'Energia e delle Miniere Arkab #ANSAAmbiente ➡ https://t.co/cIE7mb5ABQpic.twitter.com/WukLTyWtIg
Trivelle, gasdotti e rigassificatori: i nodi che Meloni non voleva
Poi c’è la questione delle trivellazioni nell’Adriatico: sul tema, l’attuale prima ministra si è sempre schierata contro, fino a battersi per il “sì” al referendum del 2016, per poi annunciare nuove concessioni nel novembre 2022.
Per il Gnl (gas naturale liquido) “il cortocircuito è ancora più surreale”, continua Il Foglio, perché nel famigerato “Piano Mattei” rientrerebbe anche il rigassificatore di Piombino osteggiato dal sindaco della città toscana, anche lui in forze a Fratelli d’Italia, che ha di recente presentato ricorso al Tar per ostacolare la realizzazione dell’impianto. Infine, nel “Piano Mattei” ci sarebbe spazio pure per la Trans adriatic pipeline, il famoso Tap: Meloni lo ha bocciato fino al 2016, quando l’allora primo ministro Matteo Renzi era a favore. Poi, nel 2018, il ravvedimento: diventò a favore del gasdotto quando il Movimento5Stelle al governo voleva bloccarlo.
Tutto e il contrario di tutto. Pensare che l’unica tecnologia in grado di ridurre le emissioni ce l’abbiamo già: parliamo delle rinnovabili e non c’è bisogno di alcun accordo con stati instabili a allineati alla Russia, che poi è proprio il caso dell’Algeria. Basterebbe risolvere i nodi della transizione a livello nazionale e l’Italia risolverebbe così i problemi di approvvigionamento dell’energia con fonti pulite e giuste.
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