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I livelli di metano in atmosfera hanno raggiunto un nuovo record per il secondo anno di fila. Ridurlo produrrebbe effetti benefici immediati per il clima.
I livelli di gas metano in atmosfera hanno raggiunto nel 2021 un nuovo record per il secondo anno consecutivo. A sostenerlo sono i dati raccolti dalla National oceanic and atmospheric administration (Noaa), agenzia federale statunitense che si interessa di oceanografia, meteorologia e climatologia.
In particolare, la concentrazione atmosferica del potente gas a effetto serra è aumentata di 17 parti per miliardo (ppb) nel 2021: si tratta del più grande aumento annuale registrato dall’inizio delle misurazioni moderne nel 1983. L’aumento record precedente, di 15,3 ppb, era stato rilevato nel 2020.
Il gas metano ha una vita in atmosfera più breve delle emissioni di CO2, le quali invece possono durare per diverse generazioni. E di gas metano in atmosfera ce n’è molto meno rispetto alla CO2 (il primo si misura, infatti, in parti per miliardo, la seconda in parti per milione). Tuttavia, si tratta di un gas serra molto più potente dell’anidride carbonica: il metano, infatti, intrappola molto di più il calore rispetto alla CO2 (25 volte di più) e per questo ha un ruolo importante nell’acuire gli effetti della crisi climatica nel breve tempo.
Per i motivi appena elencati, gli scienziati sostengono che un rapido taglio al metano potrebbe aiutare a frenare in maniera consistente il riscaldamento globale. Ma i tassi attuali presenti in atmosfera dimostrano che stiamo andando nella direzione sbagliata.
In questo momento storico, le emissioni di metano in atmosfera provengono da una varietà di fonti differenti tra di loro: dal decadimento della materia organica nelle zone umide agli allevamenti e poi naturalmente dall’industria dei combustibili fossili, responsabile, attraverso le attività di estrazione e combustione, di almeno un terzo di queste emissioni.
Il conflitto in Ucraina sta purtroppo convincendo molti paesi che l’unico modo per rendersi indipendenti dal punto di vista energetico dalla Russia e assicurare la sicurezza necessaria alle proprie economie sia tornare a bruciare i combustibili fossili. L’Italia ha annunciato che potrebbero essere riaperte le centrali a carbone che un precedente piano prevedeva di chiudere entro pochi anni.
Questo aumento record può essere visto come il segnale che tutti stavamo aspettando, l’ennesimo, di quanto sia urgente abbandonare il gas metano. La letteratura scientifica è ricca di indicazioni precise in merito a quanto dobbiamo ridurre le emissioni di metano in atmosfera per poter centrare gli obiettivi climatici che ci siamo posti a livelli planetario: secondo l’ultimo rapporto dell’Ipcc, per esempio, queste devono essere ridotte di un terzo entro il 2030 se il mondo vuole evitare gli scenari più catastrofici.
Addirittura è possibile sostituire fino al 50 per cento delle importazioni di gas russo nei prossimi 12 mesi e il restante attraverso le infrastrutture esistenti. A dirlo è un’analisi del think tank italiano Ecco, pubblicata a marzo 2022, che mostra come raggiungere tale obiettivo attraverso un mix di interventi d’emergenza di risparmio e rinnovabili.
Nel dettaglio, l’analisi di Ecco suggerisce di:
Più in generale, come suggerisce ancora Ecco, la promozione della cultura del risparmio deve avere la precedenza su tutto. “Avere sterilizzato gli aumenti dei prezzi per tutti, anziché adottare una logica di protezione selettiva per le fasce più vulnerabili, ha indotto i consumatori a non modificare i propri atteggiamenti” conclude il think tank nella sua analisi.
Bloccare le importazioni di gas dalla Russia costerà qualche sacrificio ai cittadini europei ma, considerate le dovute attenzioni per le categorie più svantaggiate, questo diventerebbe il miglior modo per far scendere a patti Vladimir Putin con l’Ucraina e porre fine a un conflitto che sta generando migliaia di morti, anche tra i civili. Un aiuto che può diventare molto più concreto rispetto all’invio di armi.
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