Gli Usa hanno fatto arrivare a Gaza i primi aiuti umanitari tramite il nuovo molo galleggiante. Ma senza condizioni di sicurezza adeguate la consegna non avviene.
- Gli Stati Uniti hanno inaugurato il molo galleggiante da 320 milioni di dollari con cui distribuire aiuti umanitari a Gaza.
- La prima consegna da 569 tonnellate di aiuti non è arrivata nei magazzini perché Israele non ha garantito le condizioni di sicurezza nella consegna.
- Intanto a Rafah l’Unrwa ha sospeso la distribuzione di aiuti, mentre dai valichi non entrano quasi più camion umanitari.
Il molo galleggiante costruito dagli Stati Uniti al largo di Gaza per consegnare aiuti umanitari per ora fatica a funzionare. Nella giornata del 16 maggio i primi aiuti transitati dal molo sono effettivamente arrivati nella Striscia, ma l’assenza delle condizioni di sicurezza non ha permesso di completare la consegna nei magazzini.
Il molo statunitense, costato circa 320 milioni di dollari, dovrebbe servire per dare un po’ di respiro umanitario al popolo palestinese. Con l’assedio di Rafah l’esercito israeliano ha bloccato il valico di accesso dei camion umanitari dall’Egitto, mentre da quello di Kerem Shalom transitano pochissimi mezzi. Il World food programme, agenzia dell’Onu, ha chiesto a Israele di permettere agli attori umanitari di operare in modo sicuro. La situazione umanitaria è sempre più al collasso.
Le difficoltà di consegna
Il 7 marzo il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha annunciato il piano di costruzione di un molto galleggiante al largo della Striscia di Gaza. “Gli Stati Uniti stanno guidando gli sforzi internazionali per fornire maggiore assistenza umanitaria a Gaza”, le sue dichiarazioni. E nelle settimane successive si è proceduto con i lavori.
Il sistema galleggiante, costato circa 320 milioni di euro, prevede che navi cariche di aiuti umanitari partano da Cipro per arrivare a una piattaforma galleggiante ancorata al largo della Striscia. Qui gli aiuti vengono scaricati e trasferiti su imbarcazioni più piccole, che li trasportano a un’altra piattaforma galleggiante collegata alle spiagge della Striscia da una passerella. La passerella viene percorsa dai camion umanitari, le cui operazioni di sbarco avvengono sotto il controllo dell’esercito israeliano presente sul territorio per l’offensiva militare di terra. Poi gli aiuti viaggiano verso i magazzini, questa volta sotto la gestione delle agenzie umanitarie.
Il 16 maggio è stato inaugurato il molo con la consegna di 569 tonnellate di aiuti, composti perlopiù da alimenti e kit per l’igiene personale. I pacchi sono arrivati sul territorio palestinese, ma la consegna nei magazzini non è avvenuta a parte in pochi casi perché mancavano le condizioni di sicurezza per procedere. Alcuni camion sono infatti stati presi d’assalto dalla popolazione palestinese, che da mesi vive una gravissima emergenza umanitaria. Il World food programme ha puntato il dito contro Israele, chiedendo di garantire la consegna degli aiuti e di favorire la ricerca di percorsi più sicuri.
Gaza senza aiuti umanitari
Problemi simili nella distribuzione degli aiuti umanitari sono in corso a Rafah. Israele, che da settimane assedia l’area, ha chiuso il valico con l’Egitto, principale punto d’ingresso dei camion umanitari nei mesi scorsi. Le difficili condizioni di terreno legate agli attacchi israeliani hanno poi costretto l’Unrwa, l’Agenzia dell’Onu per i profughi palestinesi, a sospendere la consegna degli aiuti nell’area.
“Le operazioni umanitarie a Gaza sono vicine al collasso”, ha dichiarato Abeer Etefa, portavoce del World food programme. Anche perché i camion con gli aiuti praticamente non entrano più anche dall’altro valico, quello di Kerem Shalom al confine israeliano. Nelle ultime settimane da qui sono passati solo 69 mezzi, un numero molto lontano dai 340 al giorno che entravano nella Striscia dal valico di Rafah prima dell’inizio dell’assedio israeliano sulla città dell’estremo Sud.
Secondo i piani originari, dalla piattaforma galleggiante dovrebbero partire 90 camion al giorno, per raggiungere un picco di 150 con il passare del tempo. Dopo le difficoltà delle prime consegne, solo sei hanno effettivamente raggiunto i magazzini. “Prevediamo che l’assistenza verrà distribuita nei prossimi giorni, condizioni permettendo”, ha sottolineato Patrick S. Ryder, portavoce del Pentagono. La pressione su Israele da parte di alleati e delle agenzie umanitarie perché facilità l’accesso e la distribuzione a Gaza, dove il numero di morti ha superato quota 35mila persone, si fa sempre più forte.
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