Medici senza frontiere denuncia il trattamento riservato a sei propri operatori dell’ospedale di al-Awda, a Gaza, da soldati dell’esercito israeliano.
Che i bombardamenti e l’invasione militare della Striscia di Gaza da parte di Israele siano indiscriminati è ormai qualcosa di certificato. Lo ripetono, sin dall’inizio tutte le organizzazioni non governative e umanitarie presenti sul territorio. Insiste nel dirlo anche l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi. Lo stesso segretario generale António Guterres da settimane e settimane ormai lancia appelli per un cessate il fuoco immediato.
Le immagini satellitari mostrano la distruzione a Gaza
Ma a confermarlo sono anche le immagini satellitari. Ampie porzioni della Striscia di Gaza risultano, semplicemente, rase al suolo. Case, negozi, scuole, luoghi culturali e religiosi: tutto è stato trasformato in cumuli di macerie nei quali dominare è soltanto soltanto il grigio del cemento ridotto in polvere.
Anche per questo, da giorni sul tavolo del Consiglio di sicurezza dell’Onu si tratta un testo che chiede un nuovo stop alle ostilità, questa volta su base duratura. Si tratta di un negoziato difficile, dopo il veto che è stato posto dagli Stati Uniti ad un primo tentativo di risoluzione per un cessate il fuoco. È proprio Washington, infatti, alleato di ferro di Israele ad aver sempre difeso il “diritto a difendersi” di Tel Aviv dopo gli attacchi di Hamas del 7 ottobre. Il che, però, si sta trasformando oggettivamente in una punizione collettiva a danno del popolo palestinese.
Un tentativo di approvazione della risoluzione non è andato a buon fine lunedì 18 dicembre. Il voto è stato infatti rinviato a oggi, mercoledì 20, proprio per consentire il proseguimento delle trattative, secondo quanto indicato da fonti diplomatiche.
La denuncia di Medici senza frontiere
Da Gaza, intanto, continuano ad arrivare notizie agghiaccianti. L’organizzazione non governativa Medici senza frontiere (Msf) ha fatto sapere che sei suoi operatori sono stati fatti uscire dall’ospedale di al-Awda, sono stati fatti spogliare, legati e interrogati”. Esattamente come accaduto a numerosi abitanti della Striscia, come testimoniato da fotografie e video che sono stati diffusi sui social network nei giorni scorsi.
“Dopo che due giorni fa le forze israeliane hanno preso il controllo dell’ospedale – ha precisato Msf – a seguito di un assedio durato dodici giorni, gli uomini adulti e i ragazzi al di sopra dei sedici anni che erano all’interno sono stati portati fuori dall’ospedale, spogliati, legati e interrogati. Tra loro anche sei nostri operatori. Dopo gli interrogatori, la maggior parte di loro è stata rimandata in ospedale con l’ordine di non muoversi”.
Nell’ospedale di al-Awda decine di pazienti ai quali manca tutto
“All’interno dell’ospedale di al-Awda – prosegue l’organizzazione umanitaria – ci sono ancora decine di pazienti, tra i quali quattordici bambini, e mancano beni essenziali come anestetici e ossigeno. Nelle ultime dieci settimane questa struttura sanitaria è rimasta sotto assedio, è stata danneggiata dagli attacchi e il personale medico è stato ucciso dalle esplosioni. Al-Awda è l’ultimo ospedale funzionante nel nord di Gaza, da quanto risulta ai team di Msf”.
La speranza che tutto ciò possa finire nel più breve tempo possibile. Che a prevalere possa essere il buon senso. Che il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite possa porre un argine ad una spirale di violenza feroce, il cui prezzo è pagato in larghissima parte da civili innocenti.
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