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La Gen Z cinese guiderà la svolta verso uno stile di vita più sostenibile
Le ricerche di mercato dimostrano che la Gen Z cinese sta orientando i propri consumi in una direzione più responsabile, puntando su riciclo e second hand.
- La Gen Z cinese, cioè la fascia di età tra gli 11 e i 28 anni, è il segmento di mercato più appetibile del momento.
- Un’indagine condotta da Vogue Business ha messo in luce come questa generazione stia abbracciando in blocco i valori della sostenibilità ambientale e sociale e faccia guidare da questi i propri consumi.
- Riciclo, riuso e seconda mano sono cool per i giovani cinesi che alternano shopping di lusso a buone pratiche.
La Gen Z cinese, composta dalle persone nate tra il 1995 e il 2012, rappresenta il 15 per cento della popolazione totale del paese che ammonta, secondo gli ultimi dati disponibili, a 1 miliardo e 426 milioni di persone. Stiamo parlando quindi di un segmento che conta almeno 213 milioni di individui. Anche solo a occhio, non è difficile capire il perché questa sia la fetta di mercato al momento più appetibile per le aziende e, soprattutto, quella che sarà in grado di spostare i consumi del futuro. Se così tante giovani menti, tutte insieme, decidono di orientare le proprie scelte di vita e i propri consumi in una direzione, è comprensibile che abbiano la forza per trainare il resto del mercato. Una buona notizia per la moda sostenibile.
Less is more, dice la Gen Z cinese
La buona notizia è che il rapporto che questi 213 milioni di persone hanno con l’ambiente sta cambiando in una direzione favorevole. Un’indagine condotta da Vogue Business ha evidenziato i tratti comuni della personalità dei consumatori della Gen Z cinese: il 42,3 per cento di loro è disposto a dare priorità all’acquisto di prodotti che possono essere riciclati più volte, il 79 per cento è aperto all’acquisto di prodotti second hand ma, soprattutto, il 54 per cento dei giovani tra i 18 e i 24 anni ritiene di avere una comprensione chiara e accurata dei temi della sostenibilità.
Tra i giovani asiatici emergono quattro personalità: chi ha uno stile di vita sostenibile (il 27 per cento degli intervistati), chi fa shopping sostenibile (28 per cento ), chi per il momento ha messo in standby gli acquisti (33 per cento) e chi non ne fa (12 per cento). La generazione Z in Cina si sta ribellando anche agli eccessi del consumismo e sta adottando un approccio less is more. Il Time ha riportato un’indagine condotta dalla società di consulenza Mintel Group Ltd che mette in luce come i consumatori nati dopo il 1995 stiano dirottando i loro consumi verso le esperienze, più che verso altre categorie di consumo come l’abbigliamento.
I giovanissimi alla ricerca di marchi ecologici e materiali vegetali
Poco più di un quarto, il 27 per cento, dei consumatori cinesi della Gen Z ha dichiarato di adottare attivamente misure per ridurre il proprio impatto ambientale e la propria impronta di CO2, riciclando e consumando meno. Molti di loro sono tornati da un periodo di studio all’estero, dove sono stati influenzati dalla divulgazione delle tematiche di sostenibilità nelle università. Per questo, i giovani sono costantemente alla ricerca dei marchi ecologici più in voga, dalle scarpe sportive sostenibili alle borse di lusso in pelle vegetale, fino alle stoviglie biodegradabili e alle bevande a base vegetale, in una sorta di win-win della sostenibilità: fare qualcosa di buono per l’ambiente e allo stesso tempo essere “cool”.
Tuttavia c’è anche una fetta non proprio irrisoria di consumatori, il 33 per cento, che è sì consapevole delle tematiche di sostenibilità, ma allo stesso tempo si mostra riluttante a mettere in pratica questa consapevolezza attraverso un comportamento di acquisto coerente. L’indagine di Vogue Business però comprende anche dati incoraggianti: il 67 per cento degli intervistati riconosce la necessità di portare avanti valori sostenibili e ritiene che il cambiamento dell’atteggiamento dei consumatori sia un criterio primario per l’industria del futuro. Il 58 per cento ha inoltre una mentalità di tipo concettuale e ritiene che sia giusto concentrarsi sull’impatto sociale delle scelte in tema di sostenibilità, cosa che si traduce in un impegno pratico nel comportamento d’acquisto.
Per la Gen Z cinese, riciclare e riutilizzare è cool
Le convinzioni etiche sono molto potenti e in grado di influenzare anche la nostra percezione per quanto riguarda l’estetica; riescono a farci apparire desiderabile qualcosa perché si sposa con i nostri valori. Se ad esempio siamo felici di essere identificati come consumatori responsabili, non sarà un peso pagare un sovrapprezzo per qualcosa che sappiamo essere etico dal punto di vista ambientale e sociale. La Gen Z cinese ad esempio, attribuisce un alto valore estetico ai prodotti riciclati e riconosce un valore emotivo ai modelli aziendali circolari, oltre a tenere in considerazione nei propri acquisti la valenza creativa di strumenti di riuso come l’upcycling. Un esempio è HowBottle, il brand cinese che produce abiti e accessori a partire da bottiglie di plastica riciclata, che ha collaborato con il marchio di latticini Zhao Ri Wei Pin nella realizzazione di un laboratorio di upcycling in cui i consumatori hanno riutilizzato scatole di yogurt e imballaggi di plastica per convertirli in accessori come orecchini e borse. L’iniziativa Denim Futures del brand Fabrica X di Hong Kong, invece, ha ospitato un laboratorio della durata di ben otto mesi per insegnare ai consumatori come ricavare sottobicchieri a partire da jeans usati.
Lo stooping alla conquista della Cina
Il termine stooping in realtà è stato inventato, ed è diventato popolare, negli Stati Uniti. Si riferisce all’usanza di raccogliere oggetti, generalmente di arredamento ma non solo, abbandonati per strada e segnalati alla community attraverso i social network (esistono dei profili dedicati allo stooping in quasi tutte le città italiane). Il verbo deriva da stoop, la parola inglese per pianerottolo o ingresso. Garbage picking is art è un profilo che, sul social media cinese Douban, vanta più di 62mila membri che si dedicano a diffondere attivamente la cultura dello stooping, che sta diventando identitaria per coloro che hanno anche il rispetto ambientale tra i propri valori di riferimento.
Il tipo di approccio a questa scala di valori, praticare lo stooping o comprare second hand in Cina è molto trasversale: i giovani attivi nello stooping magari sono gli stessi che comprano brand del lusso. Il movimento sta rapidamente prendendo piede. Dalla scorsa estate, sull’app Xiaohong Shu si sono formati gruppi di stoopers in più di 12 città cinesi e i post che indicano le cose abbandonate totalizzano milioni di visualizzazioni. Le previsioni circa il mercato dell’usato cinese stimano che questo passerà da 300 miliardi di yuan (42 miliardi di dollari) del 2015 a 3mila miliardi di yuan entro il 2025.
L’educazione dei consumatori è una strategia vincente
I consumatori asiatici sono stanchi del greenwashing: a essere vincenti nel mercato del lifestyle responsabile ci sono infatti realtà che hanno fatto della sincerità radicale la propria bandiera e che si dedicano ad attività educational nei confronti della propria clientela. Un esempio è il beauty brand HerBeast che ha preso in gestione una parte dell’East Beijing Hotel da giugno ad agosto, riallestendo gli spazi della hall e della palestra come come aree espositive ed esperienziali per raccontare l’eticità dei propri ingredienti e il proprio impegno nei confronti della sostenibilità. Di ben più vasta portata è stato l’evento Shan Future Forum 2023, sostenuto da maison come Louis Vuitton e dalla holding italiana OTB (a cui fanno capo tra gli altri Diesel e Marni), che ha organizzato discussioni sui cambiamenti climatici, la perdita di biodiversità e la moda rigenerativa a cui hanno assistito oltre 2 milioni di spettatori collegati in streaming. Lo scorso ottobre Prada ha invece collaborato con Unesco Cina per ospitare la mostra itinerante Ocean and climate village a Qingdao, nella provincia orientale dello Shandong, in cui ha presentato il progetto dedicato agli oceani Sea beyond.
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