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Paolo Gentiloni: “A Dacca strage dell’Isis, i musulmani moderati ci aiutino”
Aveva stupito un po’ tutti il fatto che fossero istruiti e benestanti, i giovani bengalesi che hanno perpetrato il massacro nel bar di Dacca in cui hanno perso la vita 20 persone, di cui nove cittadini italiani e sette giapponesi. Eppure ora è confermato: anche se gli attentatori sono risultati essere affiliati a un gruppo
Aveva stupito un po’ tutti il fatto che fossero istruiti e benestanti, i giovani bengalesi che hanno perpetrato il massacro nel bar di Dacca in cui hanno perso la vita 20 persone, di cui nove cittadini italiani e sette giapponesi. Eppure ora è confermato: anche se gli attentatori sono risultati essere affiliati a un gruppo locale di terroristi, dietro l’attacco risulta esserci comunque la mano dello Stato Islamico. A comunicarlo in Parlamento è stato il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni: “Le rivendicazioni effettuate dal Daesh – come lo chiama sempre il ministro per evitare di riconoscere i terroristi come ‘Stato’ – sono risultate credibili, secondo il lavoro dei nostri servizi e dopo esserci confrontati con le forze di intelligence di altri paesi”.
Rivedere la sociologia del terrorismo islamico
Gentiloni, in Senato, ha ricostruito puntualmente quella che definisce “la lunga notte di agonia” di venerdì 1 luglio in cui hanno perso la vita, tra gli altri, Nadia Benedetti, Cristian Rossi, Marco Tondat, Claudio Cappelli, Vincenzo D’Allestro, Simona Monti, Maria Riboli, Claudia D’Antona e Adele Puglisi: presi in ostaggio, interrogati sul Corano, uccisi a colpi di arma da fuoco e di machete prima e durante il blitz dei militari all’Holey Artisan Bakery. Ma il ministro si sofferma proprio su quel dato, l’estrazione sociale dei carnefici, che scardina il pregiudizio occidentale sul terrorista-tipo, spesso visto come un povero, un reietto, un disperato: “Erano giovani di buona famiglia, a volte anche membri dell’establishment: questo smentisce, ancora una volta, facili analisi sociologiche sul terrorismo islamico”.
L’attrazione simbolica dello Stato islamico
E allora, qual è l’elemento che consente al terrorismo islamico di continuare a reclutare giovani disposti a sacrificare la propria vita al fondamentalismo? Secondo il ministro, c’è una sorta di fascinazione, mediatica e simbolica, che esercita lo Stato islamico verso una fetta di giovani musulmani, che si intravede anche nella recrudescenza degli ultimi attentati, da Dacca a Baghdad, dove invece domenica 3 luglio sono morte oltre 200 persone. Tutto ciò non finirà finché le milizie islamiche non saranno definitivamente battute: “Si dice che questi attentati siano la risposta alla perdita di terreno di Daesh nei territori di guerra. Io dico che solo la mobilitazione internazionale può cancellare l’attrazione simbolica che oggi è il motore principale che muove questi attentati”. Insomma: più l’Isis continua a perdere e battere in ritirata in Iraq, in Siria, in Libia, più c’è da aspettarsi nuovi colpi di coda, ma arrivare fino in fondo è l’unica soluzione.
In questa battaglia l’Italia si appella anche ai Paesi arabi e islamici moderati, e nel farlo Gentiloni si affida alle parole di re Abd Allah II di Giordania (“tocca a noi islamici, noi fedeli, battere questi infedeli”). “Noi dobbiamo offrire solidarietà agli Stati moderati, che rimangono i più colpiti dal terrorismo – è la chiosa di Gentiloni – ma anche chiedere lo un impegno forte. E chiedo anche ai musulmani che sono da noi di aiutarci, perché una loro presa di posizione sarà fondamentale nel contrasto al radicalismo”.
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