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Geografia agli esami di Stato: tante tracce geografiche, ma non la si insegna
Sono mesi che chiediamo al ministro Stefania Giannini di impegnarsi per il ripristino degli insegnamenti di Storia dell’Arte e Geografia. Ci ha detto che era d’accordo ma prima c’erano le elezioni europee, poi gli esami di Stato. Sulla storia dell’arte ha preso un impegno che abbiamo salutato positivamente, ma aspettiamo ancora analoga dichiarazione per
Sono mesi che chiediamo al ministro Stefania Giannini di impegnarsi per il ripristino degli insegnamenti di Storia dell’Arte e Geografia. Ci ha detto che era d’accordo ma prima c’erano le elezioni europee, poi gli esami di Stato.
Sulla storia dell’arte ha preso un impegno che abbiamo salutato positivamente, ma aspettiamo ancora analoga dichiarazione per il ripristino delle lezioni di geografia. Nel frattempo alcuni esperti di geografia hanno segnalato a me e anche al Ministero un paradosso.
Cito testualmente.
Su sette tracce dell’esame di maturità di quest’anno, il corretto svolgimento di cinque di esse richiede la conoscenza approfondita di alcune tematiche che vengono trattate da una disciplina messa al bando dallo stesso ministero dell’Istruzione: la geografia politico-economica.
Sì, perché la teoria malthusiana, le politiche demografiche coercitive, lo sviluppo delle città, la fragilità del paesaggio, la non violenza o la dottrina della Silicon Valley sono argomenti di cui si può scrivere solo se si conoscono, soprattutto quando ilcorretto svolgimento della traccia richiede espressamente “di articolare in modo imotivato le personali considerazioni e convinzioni.
Ecco che allora sorgono serie perplessità sulla scelta del ministero che, miope, va ostinatamente a scontrarsi con se stesso: non solo ha tolto la geografia politico-economica dal triennio degli Istituti Tecnici ma perpetua l’assenza di tale disciplina dai trienni di qualsiasi scuola secondaria superiore per poi chiedere a mezzo milione di ragazzi e alla fine di un percorso scolastico durato cinque anni una riflessione sulle “nuove responsabilità”, suscitando perciò un dilemma di tipo shakespeariano: essere o avere?
Il ministero dovrebbe scegliere se avere oggi degli studenti preparati sulle tematiche attuali per poi avere dei cittadini consapevoli o essere volutamente conscio che l’assenza della geografia politico-economica contribuisce alla mancata preparazione dei suoi discenti di oggi, cittadini e reggenti dell’Italia di domani.
Condivido queste dichiarazioni e ritengo sempre più urgente una riposta del ministro del settore ai 116.000 italiani e ai 100 deputati che chiedono da mesi una cosa semplice, semplice: un impegno a ripristinare gli insegnamenti di Storia dell’Arte (e come detto il ministro ha detto pubblicamente “sì”) e di Geografia (su cui attendiamo un’analoga risposta).
Vogliamo sapere se si impegna o meno. Poi ovviamente vigileremo perché si facciano progressivamente gli atti conseguenti: norme, decreti, stanziamenti. Da mesi chiediamo in modo chiaro un “sì” all’insegnamento della geografia nelle scuole, perché è un “sì” al buon senso.
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