Per la giudice la frase “nega il diritto all’esistenza di Israele”, ma secondo gli avvocati dell’attivista è una sconfitta per la libertà di parola.
Un tribunale tedesco ha condannato una giovane attivista filopalestinese per apologia di reato per aver cantato lo slogan “From the river to the sea, Palestine will be free” (dal fiume al mare, la Palestina sarà libera) durante una manifestazione a Berlino l’11 ottobre scorso. Per la difesa della ragazza, quest’azione è una pericolosa limitazione della libertà di espressione della loro assistita.
Anche se i tribunali tedeschi non sono coerenti l’uno con l’altro, questo non è il primo caso di repressione della libertà di espressione in Germania, dove la risposta delle autorità al movimento in favore del popolo palestinese è tra le più dure d’Europa. Dagli attivisti ai personaggi famosi, come il calciatore Anwar El Ghazi, licenziato dal Mainz per i suoi post in supporto alla Palestina – licenziamento ritenuto ingiusto da un tribunale tedesco – la risposta delle istituzioni verso chi si esprime per la Palestina è sempre più intransigente.
La condanna dell’attivista Ava Moayeri
Ava Moayeri, giovane attivista di 22 anni tedesco-iraniana, è stata arrestata pochi giorni dopo l’inizio della guerra di Israele contro Gaza, il 7 ottobre, e accusata di aver “condonato l’aggressione di Hamas” per aver intonato lo slogan più ripetuto dagli attivisti filopalestinesi in giro per il mondo, durante una protesta dell’11 ottobre scorso vicino al viale Sonnenallee, nel quartiere di Neukölln, che l’attivista aveva co-organizzato.
Prima dell’inizio del processo, Moayeri ha dichiarato di essere rimasta fedele alle sue parole, ma di considerarle come una presa di posizione a favore della pace nella regione piuttosto che un sostegno ad Hamas, in rifiuto di “qualsiasi forma di antisemitismo”.
La giudice presidente, Birgit Balzer, ha respinto la difesa di Moayeri, affermando che il canto aveva “negato il diritto all’esistenza dello Stato di Israele“. La giudice ha aggiunto che questo slogan è particolarmente controverso in Germania e che la nazione ha l’obbligo di far sentire gli ebrei nel Paese “sicuri e a proprio agio” dopo il suo ruolo nell’Olocausto.
La portavoce del tribunale, Lisa Jani, ha dichiarato che probabilmente si tratta della prima volta che si usava una frase così politicamente esplicita in una decisone in un caso di questo genere. La sentenza per Moayeri, che non aveva precedenti penali e si è descritta come un’attivista per le cause femministe e dei rifugiati, è stata inferiore alla multa di 900 euro richiesta dai procuratori statali, che in seguito hanno detto che avrebbero preso in considerazione un appello.
La repressione tedesca del movimento filopalestinese
La Germania ha un problema con le manifestazioni in favore della Palestina da prima del 7 ottobre. Nel maggio 2022 la polizia di Berlino ha vietato preventivamente cinque eventi registrati per commemorare i 74 anni della Nakba. Oltre 120 persone sono state arrestate e la polizia ha ammesso di aver effettuato profilazione razziale, arrestando chiunque sembrasse palestinese. Nel luglio 2023 a un attivista palestinese con lo status di rifugiato in Germania è stata notificata la revoca della protezione a causa delle sue attività politiche. Ad aprile è anche nata la discussione di vietare l’uso del triangolo rosso come riferimento alla causa palestinese.
Se andiamo poi nello specifico di “From the river to the sea”, il quadro giuridico che valuta lo slogan è complesso, con le istituzioni sempre più intransigenti e i tribunali che oscillano tra interpretazioni più o meno severe. Lo scorso novembre, il ministro degli Interni, Nancy Faeser ha vietato lo slogan “dal fiume al mare” sostenendo essere uno slogan di Hamas. A febbraio, il ministro della Giustizia, Marco Buschmann, ha dichiarato che la frase potrebbe costituire un “incitamento antisemita” ed essere intesa come “condono delle uccisioni commesse in Israele”.
Invece a giugno un tribunale bavarese ha stabilito che la frase non costituiva un reato e non poteva essere vietata in modo assoluto, ritenendo che il “beneficio del dubbio” intorno allo slogan dovesse prevalere.
“From the river to the sea” lo slogan più censurato
L’uso dello slogan “From the river to the sea” è un tema anche fuori dalla Germania. Un caso degno di nota è quello olandese, dove il procedimento contro un attivista che aveva intonato lo slogan è precedente al 7 ottobre. Un attivista, in seguito ad un discorso tenuto a una manifestazione nel maggio 2021 ad Amsterdam è tato denunciato alla polizia da un sostenitore di Israele per aver “incitato all’odio e alla violenza contro gli ebrei” gridando “dal fiume al mare, la Palestina sarà libera” ed esprimendo sostegno alla “resistenza palestinese”.
Il pubblico ministero olandese, tuttavia, ha rifiutato di perseguire l’attivista, affermando che gli slogan filopalestinesi da lui usati “sono soggetti a varie interpretazioni” piuttosto che inviti a comportamenti illegali, aggiungendo che le espressioni “si riferiscono allo Stato di Israele ed eventualmente alle persone con cittadinanza israeliana, ma non agli ebrei per la loro razza o religione”. Rimane comunque da sottolineare che non esiste una linea comune di fronte a questo slogan, nemmeno nei Paesi Bassi.
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