Il dramma che vive la città di Valencia è soltanto un assaggio di ciò che rischiamo senza un’azione immediata e drastica sul clima.
Germania, piano da 100 miliardi di euro per il clima. Critici gli ecologisti
La cancelliera Angela Merkel ha presentato un piano da 100 miliardi di euro per il clima. Che ha però deluso in Germania sia i Verdi che le ong ecologiste.
Mentre a New York i governi del mondo intero si apprestano a partecipare al summit sul clima voluto dal segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, la società civile ha avviato la propria settimana di mobilitazione internazionale. Che culminerà venerdì 27 settembre con quella che potrebbe passare alla storia come la più grande manifestazione per il clima della storia: il terzo Global strike for future.
1,4 milioni di persone in piazza per il clima in Germania
Già tra venerdì 20 e sabato 21, numerosi cortei sono stati organizzati in tutto il mondo. Dalla stessa New York a Londra, da Parigi alle Isole Salomone, da Sydney a Berlino. Proprio nella capitale tedesca, così come nel resto della Germania, la partecipazione è stata eccezionale. Ben 1,4 milioni di persone, secondo gli organizzatori, sono scesi in strada per chiedere ai governi di agire. E anche per protestare contro le scelte dello stesso esecutivo tedesco.
Change is coming, whether you like it or not.
1,4 million striking today in Germany alone. #ClimateStrike https://t.co/TeLvDx6Veg— Greta Thunberg (@GretaThunberg) September 20, 2019
Quest’ultimo ha infatti presentato venerdì 20 un piano per il clima: una serie di misure il cui costo è stato stimato dal governo in 100 miliardi di euro (54 miliardi da stanziare nei prossimi quattro anni). E che dovrebbero essere in grado di “dimezzare entro il 2030 le emissioni di CO2” della nazione europea. E dunque “di rispettare gli obiettivi dell’Accordo di Parigi del 2015”, spiega il quotidiano Deutsche Welle.
Benzina, treni, aerei, riscaldamento: le misure previste dal piano tedesco per il clima
Il programma è stato frutto di un lungo e complesso negoziato tra i tre grandi partiti che compongono la coalizione di Angela Merkel, ovvero i conservatori di Cdu e Csu, assieme ai socialdemocratici della Spd. Tra le misure previste, l’aumento progressivo, di qui al 2026, dei prezzi di benzina e gasolio. Quindi l’aumento delle sovvenzioni alle auto elettriche, il divieto di installare sistemi di riscaldamento più inquinanti, il progetto di migliorare le norme sull’isolamento termico degli edifici, l’abbassamento delle imposte sui biglietti dei treni a lunga percorrenza e l’aumento del costo degli spostamenti in aereo.
Un piano che tuttavia è stato fortemente criticato dai Verdi, secondo i quali si tratta di un pacchetto di misure “disordinato e poco incisivo”. “Sono estremamente delusa», ha commentato Annalena Baerbock, una delle leader del partito ecologista. Va detto infatti che il progetto di Angela Merkel si basa sul rispetto del pareggio di bilancio: la cosiddetta regola dello “schwarze null” considerata sacra in Germania.
Forti dubbi sul sistema di “diritti ad inquinare”
Come trovare dunque il denaro necessario per effettuare la transizione ecologica? L’idea è di basarsi (anche e soprattutto) su un sistema simile a quello Ets europeo, con il quale le industrie possono acquistare dei “diritti ad inquinare”. In pratica, le emissioni di CO2 avranno un costo per le aziende, il che dovrebbe fungere da deterrente e convincere a limitare la dispersione di gas climalteranti. Problema: in Europa il libero mercato ha fatto sì che il prezzo sia sceso a lungo a livelli bassissimi. Irrisori per le aziende.
#UPDATE Chancellor Angela Merkel’s government has reached a deal on a broad climate plan for Germany that commits at least €100 billion by 2030 to environmental protection, as tens of thousands of protesters rallied demanding action https://t.co/7NJ9PLZUwi
— AFP news agency (@AFP) September 20, 2019
Se fosse così anche in Germania, il rischio è che gli introiti immaginati dal governo di Berlino – necessari per l’attuazione del piano – possano risultare ben inferiori alle previsioni. Nella migliore delle ipotesi, inoltre, “questo sistema, prima di essere efficace, avrà bisogno di molto tempo. E noi questo tempo non lo abbiamo”, ha commentato Joachim Fünfgelt, della ong Brot für die Welt (Pane per il mondo). Il meccanismo si basa infatti su un prezzo della tonnellata di emissioni di CO2 che è stato fissato dal governo a 10 euro (in un primo momento, poi dipenderà dalle fluttuazioni di mercato).
Scettica anche l’Ocse. Fridays for Future: “Uno scadalo”
Un valore considerato troppo basso dagli esperti: “Così, senza controllo e senza regole, rischiamo una catastrofe”, ha osservato Gregor Hagedorn, di Scientists for Future, collettivo di scienziati impegnati al fianco dei militanti di Fridays for Future. Perfino l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), ha definito la scelta di fissare a 10 euro il prezzo della tonnellata di CO2 emessa “troppo basso rispetto a quanto fatto già da altre nazioni. E, soprattutto, ben al di sotto di ciò che è necessario per porre un termine ai danni ambientali”.
Berlin this very moment. It’s our 40th climate strike here today. We are far more than 100k. Incredible. #GlobalClimateStrike https://t.co/IOQayxOxcN
— Luisa Neubauer (@Luisamneubauer) September 20, 2019
Allo stesso modo, Greenpeace ha parlato di “mancanza di responsabilità morale” da parte di Spd e Cdu/Csu. Mentre una delle leader di Fridays for Future in Germania, Luisa Neubauer, ha definito le scelte governative “uno scandalo”.
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