La Cop16 sulla biodiversità si conclude con pochi passi avanti. Cosa resta, al di là della speranza?
Si è conclusa il 2 novembre la Cop16 sulla biodiversità, in Colombia. Nonostante le speranze, non arrivano grandi risultati. Ancora una volta.
Il declino di queste creature, fondamentali per gli equilibri ecosistemici, è più ampio del previsto e sarebbe causato dall’agricoltura intensiva.
A un primo sguardo foreste e praterie della Germania sembrano sempre le stesse, eppure c’è una sostanziale differenza, che a lungo termine avrà gravi effetti a catena sull’intero ecosistema: ci sono sempre meno insetti. In queste aree, ma il fenomeno riguarda purtroppo l’intero pianeta, è infatti in corso un allarmante declino degli artropodi.
È quanto emerso dallo studio Arthropod decline in grasslands and forests is associated with landscape-level drivers, condotto da un gruppo di ricercatori dell’università tecnica di Monaco e pubblicato sulla rivista Nature. Per quasi dieci anni, tra il 2008 e il 2017, gli scienziati hanno censito insetti e altri artropodi, come ragni e millepiedi, in foreste e praterie in tre regioni del paese, sulle Alpi sveve, in Turingia e nel Brandeburgo.
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I ricercatori, complessivamente, hanno analizzato i dati di oltre un milione di insetti e altri artropodi appartenenti a più di 2.700 specie, scoprendo che le popolazioni sono in netto declino, anche nelle aree protette, precedentemente ritenute le ultime oasi per la biodiversità. “Il nostro studio conferma che il declino degli insetti è reale – ha affermato Sebastian Seibold, il principale autore dello studio – e potrebbe essere ancora più diffuso di quanto si pensasse in precedenza considerando, ad esempio, che anche le foreste stanno subendo un declino nelle popolazioni di insetti”.
Il numero di specie osservate è diminuito di circa un terzo durante il periodo di studio. Anche la loro biomassa totale è diminuita, del 67 per cento nelle praterie, mentre di circa il 40 per cento nelle foreste. “Non ci aspettavamo di osservare un tale declino in un solo decennio – ha commentato Wolfgang Weisser, coautore dello studio -. È spaventoso, ma si adatta allo scenario che sempre più studi stanno delineando”.
La causa principale della rapida perdita di insetti, secondo i ricercatori, è l’agricoltura intensiva, responsabile dell’immissione nell’ambiente di ingenti quantità di pesticidi e dell’eliminazione della biodiversità agricola in favore delle monocolture. Gli artropodi non sono certo, per usare un eufemismo, tra le creature più amate. La loro scomparsa avrebbe però conseguenze terribili anche per numerose altre specie, tra cui la nostra. Sono, ad esempio, alla base dell’alimentazione di molti vertebrati come uccelli, anfibi, pipistrelli e rettili, e gli insetti impollinatori, come le api, svolgono un indispensabile servizio ecosistemico aiutando i fiori a espandere il proprio areale e a riprodursi, contribuendo in maniera decisiva alla sicurezza alimentare globale.
Per evitare la scomparsa di questi preziosi e affascinanti esseri viventi, ha precisato Sebastian Seibold, non è sufficiente tutelare singole porzioni di territorio, è necessario “un maggiore coordinamento a livello regionale e nazionale”. L’agricoltura, principale causa del problema, può essere parte della soluzione, ad esempio attraverso la rinaturalizzazione di alcune aree, lasciate incolte per favorire il ritorno degli insetti. Gli ambientalisti, tuttavia, chiedono soprattutto il divieto di alcuni insetticidi, come i neonicotinoidi, noti per i danni causati alle api e agli altri impollinatori, o il glifosato.
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