La fusione dei ghiacciai presenti nel Pianeta ha subito un’ulteriore accelerazione nel corso degli ultimi venti anni. A confermarlo è uno studio pubblicato il 28 aprile dalla rivista scientifica Nature, e curato da un gruppo di ricercatori della Scuola politecnica federale di Zurigo (Svizzera) e dell’università di Tolosa (Francia).
Analizzato mezzo milione di immagini satellitari
Dall’Himalaya alle Ande, passando per le Alpi, è dalla metà del secolo scorso che i ghiacciai si ritirano ovunque sulla Terra. Ma soltanto alcune centinaia di essi, su un totale di circa 220mila sparsi sul globo, vengono monitorati sul posto. “In molte regioni non conosciamo la loro evoluzione”, ha spiegato al quotidiano francese 20MinutesRomain Hugonnet, principale autore dello studio. Per questo il ricercatore ha basato l’analisi su circa mezzo milione di immagini satellitari. Ottenendo così “la prima cartografia completa della ritirata dei ghiacciai in tutto il mondo”.
The world's glaciers are melting at an accelerated rate, a study in the science journal Nature says, providing one of the most wide-ranging overviews yet of ice mass loss from about 220,000 glaciers around the world, a major source of sea level rise https://t.co/JzLVr35pYCpic.twitter.com/SA8XkmIXLQ
Le cifre che sono state calcolate sono agghiaccianti. Complessivamente, dal 2000 al 2019 ogni anno sono stati persi in media 267 miliardi di tonnellate. Una quantità pari a quella che basterebbe per sommergere l’intera Svizzera sotto sei metri di acqua, ha commentato il Politecnico di Zurigo. Ma ciò che preoccupa di più è il trend. Se infatti tra il 2000 e il 2004 la perdita è stata di 227 miliardi di tonnellate, essa è passata a 298 miliardi tra il 2015 e il 2019.
La fusione dei ghiacciai in accelerazione ovunque
Se si escludono inoltre le zone periferiche di Groenlandia e Antartico, precisa Hugonnet, in media si è passati da un calo di un terzo di metro all’anno a due terzi di metri: “In venti anni abbiamo raddoppiato la velocità di ritirata. Si tratta di un dato molto preoccupante”.
In particolare, i valori peggiori sono quelli registrati in Alaska, sulle Alpi e in Islanda. “In termini di impatto sulla risalita del livello dei mari, la fusione è stata responsabile dall’inizio del secolo di una crescita di 0,74 millimetri all’anno”, avverte lo studio.
Alaska, Alpi e Islanda le zone più critiche nel mondo
La fusione dei ghiacciai sta provocando inoltre un aumento del quantitativo di acqua presente nei fiumi, il che sul breve termine consentirà in alcune regioni (ad esempio in India o nella catena delle Ande) di compensare la mancanza nei periodi aridi. “Ma – sottolinea Hugonnet – in seguito raggiungeremo un picco e la quantità di acqua diminuirà rapidamente, fino a scomparire”. I cambiamenti climatici, dunque, una volta di più sono sotto i nostri occhi.
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