Aletsch, un viaggio nel cuore dei ghiacciai alpini in ritirata

I cambiamenti climatici minacciano l’esistenza del ghiacciaio dell’Aletsch, il più grande delle Alpi. Solo noi possiamo riscrivere il suo destino.

Nel 1674 gli abitanti di Fiesch in Svizzera, un villaggio nel canton Vallese ai piedi del ghiacciaio dell’Aletsch – il più grande delle Alpi – iniziarono un rito cattolico per chiedere che questo e il vicino ghiacciaio di Fiescher smettessero di avanzare, e quindi minacciare la loro sicurezza. Da allora, il pellegrinaggio annuale si è tenuto l’ultimo giorno di luglio per oltre 340 estati.

Dopo avere raggiunto la sua massima estensione a metà del Novecento, il ghiacciaio dell’Aletsch ha iniziato a sciogliersi, e a farlo sempre più velocemente. Cosciente di questa nuova minaccia, nel 2019 la parrocchia di Fiesch ha fatto appello al Vaticano per cambiare il rito annuale e chiedere, invece, che i ghiacciai smettano di ritirarsi. “Il ghiacciaio è ghiaccio, il ghiaccio è acqua, l’acqua è vita”, recita la nuova preghiera approvata dalla Santa Sede.

Un decennio più tardi, nel settembre del 2019, si è tenuta una cerimonia funebre per segnare la scomparsa – o la morte – del ghiacciaio del Pizol nelle Alpi svizzere glaronesi, cento chilometri a nordest di Fiesch. Centinaia di persone si sono riunite per commemorare quel poco che rimane della massa di ghiaccio, una delle prime a essere escluse dalle misurazioni ufficiali dei ghiacciai svizzeri.

I ghiacciai alpini non sono solo di importanza fondamentale per l’equilibrio della natura, ma influiscono direttamente sulla vita e sulla cultura delle comunità. Riti, cerimonie e preghiere come quelli a Fiesch e sul monte Pizol sono stati adottati nel tempo per elaborare un senso di lutto collettivo dovuto alla perdita di questi paesaggi. A causa del riscaldamento globale e dei cambiamenti climatici, infatti, i ghiacciai si stanno sciogliendo sempre più velocemente, con conseguenze ambientali, sociali e psicologiche drammatiche. 

Aletsch
Il ghiacciaio dell’Aletsch visto dal Konkordiahütte, settembre 2019 © Kevin Kok

“I ghiacciai mostrano chiaramente come sta cambiando il clima”, spiega Matthias Huss, glaciologo del Politecnico federale di Zurigo a capo della rete di monitoraggio dei ghiacciai svizzeri (Glamos). “Ad esempio, ci permettono di visualizzare questo processo molto meglio rispetto a un grafico che mostra l’andamento delle temperature”. Mentre cerchiamo di fare i conti con la crisi climatica in atto, la perdita dei ghiacciai è come un canarino in una miniera che ci avverte delle sue conseguenze irreversibili.

Il ghiacciaio dell’Aletsch, il più grande delle Alpi

Questa dinamica è particolarmente evidente nel cuore delle Alpi. Konkordiaplatz (letteralmente, “piazza della concordia”) è il punto a 2.700 metri sopra il livello del mare in cui convergono quattro ghiacciai, formando quello dell’Aletsch. Concordia, infatti, significa armonia e unione in latino, letteralmente “con cuore”. Questa vasta distesa di ghiaccio, parte di un sito patrimonio dell’umanità Unesco, è lunga oltre 20 chilometri, profonda fino a 800 metri e grande circa 80 chilometri quadrati. Contiene un quinto del volume di ghiaccio nelle Alpi svizzere ed è di gran lunga il ghiacciaio più esteso delle Alpi.

Il suo declino, però, è già iniziato. Dal 1870, l’Aletsch si è ritirato di tre chilometri e potrebbe perdere la metà del suo volume entro il 2100. Questo secondo gli scenari più ottimistici, mentre quelli peggiori prevedono che il ghiacciaio potrebbe praticamente scomparire entro la fine del secolo se le emissioni di gas serra (CO2) dovessero continuare ad aumentare senza freno.

Con il ritiro dell’Aletsch, il cuore di una delle catene montuose più iconiche al mondo si sta sciogliendo a causa dei cambiamenti climatici.

Il cuore dei ghiacciai alpini si sta sciogliendo

Una delle caratteristiche dell’Aletsch è la sua lunga e sinuosa lingua di ghiaccio che si estende dal Konkordiaplatz per 14 chilometri e su cui si affacciano cinque vette sopra i 4mila metri. Ha già perso un chilometro in estensione dal 2000, e potrebbe ritirarsi di altri dodici entro la fine del secolo, a patto che le condizioni meteorologiche dell’ultimo decennio rimangano stabili. Secondo questa previsione, considerata alquanto ottimistica, la maggior parte di questa enorme massa bianca e azzurra scintillante potrebbe ritirarsi, lasciando un’arida distesa di detriti morenici dietro di sé.

Queste sono alcune delle conclusioni di uno studio di Huss e Guillaume Jouvet, ricercatore dell’università di Zurigo, che analizza l’impatto di diversi scenari climatici sull’Aletsch entro la fine del secolo pubblicato nel Journal of Glaciology nel 2019.

Aletschgletscher, Aletsch Glacier
ll ghiacciaio dell’Aletsch visto dall’alto, 1949 © E-Pics Bildarchiv/Wikimedia Commons

In uno scenario futuro “moderato” che prevede l’adozione di politiche ambiziose per mantenere l’aumento delle temperature globali in linea con l’Accordo di Parigi – quindi entro i due gradi rispetto ai livelli pre-industriali – “una massa di ghiaccio significativa, con ghiacciai che continuano a convergere presso il Konkordiaplatz, resisterà ai cambiamenti climatici entro il 2100”, scrivono gli scienziati. Nonostante questo, l’Aletsch potrebbe perdere comunque il 57 per cento del suo volume, il 31 per cento della sua superficie e il 56 per cento della sua lunghezza rispetto al 2017.

Se invece dovessimo mancare gli obiettivi di Parigi, con un aumento delle temperatura globali tra i due e quattro gradi rispetto al 1960-1990, il volume del ghiacciaio si ridurrà di tre quarti. La famosa lingua di ghiaccio – che continua a meravigliare i visitatori di questo paesaggio unico – si disintegrerebbe del tutto, e il ghiaccio sopravviverebbero solo sopra i 3mila metri.

Nello scenario peggiore preso in considerazione, che prevede un aumento senza freno delle emissioni con un conseguente surriscaldamento del Pianeta tra i quattro e gli otto gradi, potremmo dire addio all’Aletsch. Anche presso il Konkordiaplatz, dove attualmente il ghiacciaio raggiunge la sua profondità massima di quasi un chilometro, il ghiaccio diventerebbe un lontano ricordo.

I nostri risultati confermano un sostanziale deterioramente del volume e della lunghezza del ghiacciaio dell’Aletsch entro la fine del 21esimo secolo, a prescindere dagli scenari climatici esaminati.

Jouvet e Huss, Journal of Glaciology 2019

Qui, nel cuore delle Alpi, gli effetti del riscaldamento globale sono devastanti e i ghiacciai sono ormai in forte ritirata. Anche se la comunità internazionale dovesse adottare una strategia globale concreta per mitigare la crisi climatica e anche se raggiungessimo a stretto giro lo zero netto di emissioni di gas serra, l’Aletsch continuerà a ritirarsi. Questo perché il suo declino è già in moto da oltre un secolo, e masse glaciali grandi come questa reagiscono ai fattori climatici con tempi lunghi, a differenza di quelle più piccole.

“I ghiacciai voluminosi… sono un buon indicatore delle traiettorie climatiche di lungo termine perché sono indifferenti alle variazioni nel breve periodo, come quelle che hanno causato molti ghiacciai alpini più piccoli ad avanzare negli anni Venti e Ottanta del secolo scorso”, scrivono Jouvet, Huss e altri ricercatori in uno studio del 2011.

Gli effetti del riscaldamento globale nelle Alpi

La trasformazione dell’Aletsch riflette quello che sta succedendo in tutte le Alpi. Dal 1850, il volume di ghiaccio si è dimezzato e il 17 per cento di questo declino è avvenuto negli ultimi vent’anni. “Entro il 2050, i ghiacciai sotto i 3.500 metri perderanno la loro zona di accumulo e sono quindi destinati a scomparire”, spiega Michael Zemp, professore dell’università di Zurigo e direttore del World glacier monitoring service (Wgms). Secondo le previsioni degli scienziati, più di metà del ghiaccio nelle Alpi si scioglierà entro la metà di questo secolo anche se riuscissimo a raggiungere il picco di emissioni fin da subito, e quindi a prescindere dalle nostre azioni future.

Con l’accelerazione dell’aumento delle temperature negli ultimi decenni, e in particolare in quello più recente, in cui gli ultimi sei anni sono stati i più caldi dall’inizio delle rilevazioni, le mutazioni climatiche e le ondate di calore estive hanno lasciato un segno indelebile nelle Alpi. Dal 1960, i ghiacciai svizzeri hanno perso un volume di acqua pari a quello del lago di Costanza, con conseguenze come la scomparsa del ghiacciaio del Pizol, il crollo del ghiacciaio di Tourtemagne nel Canton Vallese l’estate scorsa e lo svuotamento del lago glaciale della Plaine-Morte tre estati fa. Solo nel 2020, i ghiacciai svizzeri hanno perso il due per cento del loro volume.

“Secondo le previsioni, i ghiacciai alpini si ritireranno ancora più velocemente nei prossimi decenni”, aggiunge Huss, che insieme ai colleghi Harry Zekollari e Daniel Farinotti ha analizzato il futuro dei ghiacciai alpini in uno studio del 2019. In uno scenario moderato che prevede la stabilizzazione imminente delle emissioni di CO2, entro la fine del secolo le Alpi perderanno due terzi del loro volume e della loro area. Negli previsioni peggiori, queste montagne potrebbero essere praticamente prive di ghiaccio entro il 2100.

La situazione è estremamente grave, ma le analisi degli scienziati offrono anche un barlume di speranza. “Benché perderemo molte parti dei ghiacciai più grandi a causa dei disequilibri climatici in atto, possiamo comunque salvarne una parte se rimaniamo sotto un incremento dei due gradi”, spiega Zemp. Nonostante alcuni processi siano ormai fuori dal nostro controllo, quello che decidiamo di fare oggi per ridurre le emissioni avrà comunque un impatto significativo su quanto dei ghiacciai riusciremo a conservare.

Qualcosa per cui vale la pena lottare

“Tutti i giorni ho a che fare con il ghiacciaio”, racconta Laudo Albrecht, direttore del Centro Pro natura Aletsch nella cittadina di Riederalp, dedicato alla conservazione della natura in questa zona dalla sua fondazione nel 1976. “In trent’anni, l’Aletsch è diventato come un amico per me. Ma questo amico sta scomparendo”, aggiunge. Per lui, e per le altre persone che conoscono i rischi concreti che si stanno correndo, il declino del ghiacciaio è fonte di tristezza e preoccupazione.

Matthias Huss Findelen Aletsch
Matthias Huss impegnato nelle misurazioni del ghiacciaio del Findelen in Svizzera © Matthias Huss

Oltre a contribuire all’innalzamento del livello dei mari, lo scioglimento dei ghiacciai minaccia direttamente le comunità alpine, specialmente nei mesi più caldi dell’anno. Ad agosto dell’anno scorso, alcuni abitanti della Val Ferret a Courmayeur sono stati evacuati a causa del rischio del collasso del ghiacciaio di Planpincieux sul Monte Bianco. Benché il crollo di 500mila metri cubi di ghiaccio – pari a 200 piscine olimpioniche – non si sia verificato, questi fatti hanno ricordato per l’ennesima volta i rischi per le persone.

I ghiacciai sono anche una parte fondamentale del ciclo idrologico, fonte chiave di acqua dolce. Questa risorsa viene riempita e conservata d’inverno per essere rilasciata nei mesi più caldi, raggiungendo le valli sottostanti dove viene bevuta o utilizzata per irrigare i campi. Le acqua di scioglimento dell’Aletsch, ad esempio, danno vita al fiume Massa che confluisce nel Rodano, uno dei corsi d’acqua più importanti d’Europa.

Anche il valore economico dei ghiacciai è immenso, sia come fonti di energia idroelettrica che per il turismo. Albrecht lo sa bene. Porta personalmente i visitatori a conoscere il suo amico, accompagnandoli sul ghiacciaio dell’Aletsch. La bellezza di questo paesaggio non lascia indifferenti, e nel comprendere meglio la sua fragilità le persone si sentono più coinvolte nel suo futuro. Per far sì che il destino dei ghiacciai importi davvero alle persone, secondo Albrecht “il punto di partenza non sono i cambiamenti climatici”, che possono sembrare un concetto lontano e astratto, ma i ghiacciai stessi.

La cerimonia per commemorare il ghiacciaio del Pizol si è tenuta nel 2019 proprio con questa filosofia. Portare le persone a vedere quello che rimane del ghiacciaio è stato un modo “per mostrare quello che sta succedendo alle nostre montagne”, racconta Alessandra Degiacomi, responsabile relazioni esterne dell’Iniziativa per i ghiacciai dell’Associazione svizzera per la protezione del clima, che ha organizzato l’evento. La cerimonia “non riguarda solo questo ghiacciaio, riguarda tutti i ghiacciai. Riguarda il nostro clima e il nostro Pianeta”, ha dichiarato Huss in occasione dell’evento.

“Camminare fino (al Pizol), sentirsi parte di una comunità e vedere da vicino cosa sta succedendo e per cosa stiamo lottando è stata un’occasione per agire”, nelle parole di una delle partecipanti, Savannah Goetsch, studentessa di biologia all’università di Zurigo. 

Il tema dei cambiamenti climatici mi sta a cuore per quello che rischiamo di perdere. 

Savannah Goetsch

Lontano dalle formazioni di ghiaccio e dalle morene di alta montagna, l’Iniziativa per i ghiacciai sta portando il tema del riscaldamento globale anche nel cuore della politica. In cinque mesi dalla sua fondazione nel 2018, l’organizzazione ha raccolto 113mila firme in sostegno dell’omonima iniziativa popolare – 13mila in più di quelle richieste per avviare questo meccanismo che consente ai cittadini di proporre direttamente modifiche alla Costituzione svizzera.

I firmatari chiedono che gli obiettivi dell’Accordo di Parigi diventino legge, e quindi vincolanti per il governo nazionale e le autorità cantonali, e che venga delineata una strategia per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 (al più tardi). Un referendum popolare sull’iniziativa potrebbe tenersi tra il 2022 e il 2024 in base all’esito delle consultazioni avviate quando l’iniziativa è stata accettata ufficialmente poco più di un anno fa.

Il popolo dei ghiacciai

Non è una coincidenza che la mobilitazione popolare svizzera contro la crisi climatica si chiami proprio l’iniziativa per i ghiacciai. Per un paese la cui cultura, società ed economia sono inestricabilmente legate alle montagne, questi ambienti rappresentano il simbolo più drammatico e concreto di quello che si sta perdendo.

Huss, Zemp, Albrecht, Degiacomi, Goetsch e i loro concittadini sono in prima linea in una lotta che riguarda tutti. Grazie alla loro vicinanza, non solo fisica, all’Aletsch e ad altri ghiacciai alpini, possono agire da sentinelle e raccontarci come questi paesaggi stanno cambiando. I loro appelli e i fatti con cui ci mettono a confronto non meritano solo di essere ascoltati, ma devono spronare l’azione collettiva. Perché i benefici dei ghiacciai, come anche la responsabilità per la loro conservazione, sono di tutti.

Benché questi ambienti fondamentali nel sostenere la vita sulla Terra continueranno inevitabilmente a rimpicciolirsi, molto dipende ancora dai nostri sforzi per ridurre le emissioni e limitare il riscaldamento globale. Le nostre azioni possono riscrivere il futuro dei ghiacciai alpini e far sì che non perdano il loro cuore pulsante.

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