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Il Giappone dichiara lo stato di emergenza per il coronavirus, ma non può imporre l’isolamento
Il primo ministro giapponese ha dichiarato lo stato di emergenza dopo un aumento del numero dei casi di coronavirus. La Costituzione impedisce però alle autorità di imporre un vero isolamento.
Il primo ministro del Giappone Shinzo Abe ha dichiarato lo stato di emergenza a Tokyo e in altre sei prefetture per migliorare le difese del paese contro la diffusione dell’epidemia di coronavirus, responsabile della malattia Covid-19. Sono oggi quasi quattromila i contagi in Giappone e oltre 90 i decessi.
Questa misura è valida fino al 6 maggio e coinvolge quasi 60 milioni di persone, circa un giapponese su due. Ma se in alcuni paesi europei, aver dichiarato lo stato di emergenza ha consentito ai governi di imporre vari gradi di isolamento ai propri cittadini, la costituzione giapponese non permette le stesse misure.
Japan declares emergency and approves near $1 trillion stimulus to fight coronavirus https://t.co/poxf0DKoW5 pic.twitter.com/z1iBMpRt9T
— Reuters (@Reuters) April 7, 2020
La costituzione non consente un vero isolamento
“Un isolamento totale è impossibile perché le leggi giapponesi mettono l’accento sulla protezione dei diritti personali”, ha affermato Yuriko Koike, governatrice di Tokyo. Infatti, la tutela delle libertà individuali, così protetta dalla costituzione giapponese, non consente l’imposizione di un vero isolamento, come quello avvenuto in altri paesi europei e asiatici. Ascolta “07. Coronavirus, quando una pandemia apre il decennio più importante per il clima” su Spreaker.
“La costituzione è basata sull’idea che i diritti umani debbano essere rispettati. La costituzione del Meiji [in vigore durante gli anni dell’Impero giapponese, ndr] conferiva determinati poteri e ci furono casi di abusi”, ha spiegato l’avvocato Koju Nagai all’agenzia di stampa Reuters.
Per questo motivo, aver dichiarato lo stato di emergenza permette ai governatori delle sette province interessate di domandare solamente alle persone di adempiere alle misure, ma si tratta di richieste più che di imposizioni e infatti non ci saranno pene per chi dovesse violare le disposizioni.
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Cosa ha fatto il Giappone
I governatori si sono dovuti limitare ad esortare le persone a rimanere in casa, chiedendo a scuole, edifici pubblici e aziende di cancellare tutti gli eventi. Nel caso queste si rifiutassero, riceverebbero un ordine formale che diverrebbe di dominio pubblico, una sorta di umiliazione per non aver rispettato le richieste.
Inoltre, la legge conferisce ai governatori il potere di gestire la vendita dei beni di prima necessità, come medicinali e prodotti alimentari, e ordinarne il sequestro in caso di emergenza. Potranno anche requisire terreni ed edifici per riconvertirli in strutture mediche.
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Ai residenti delle aree interessate è stato chiesto di lavorare da casa e lasciare la propria abitazione solo per motivi particolari, come fare la spesa o recarsi dal medico. Farmacie, banche e supermercati rimangono aperti e i trasporti pubblici continuano a circolare. Già da qualche giorno, alcuni centri commerciali, bar e negozi hanno cominciato a chiudere spontaneamente, dopo che Tokyo ha visto aumentare fino a mille i casi di contagio.
Le parole del primo ministro
“Siamo in una situazione che rischia di avere un grosso impatto sulla vita delle persone e sull’economia, per questo ho dichiarato lo stato di emergenza”, ha affermato Abe, chiedendo ai cittadini di mantenere la calma. “Abbiamo bisogno della vostra cooperazione per evitare un’impennata dei contagi. La cosa più importante ora è cambiare il nostro comportamento. Secondo quanto stimano gli esperti, se tutti ci impegnassimo per ridurre le interazioni di almeno il 70-80 per cento, in due settimane vedremmo il numero di contagi raggiungere il picco e poi rallentare”.
L’amministrazione Abe si è ritrovata a fronteggiare crescenti pressioni da parte dei i governatori locali e delle associazioni di medici che chiedevano da tempo un blocco, sottolineando come aspettare un aumento dei casi fosse controproducente e rischiasse di far collassare il sistema sanitario. Una pressione che a fine marzo aveva convinto il primo ministro a rinviare i Giochi olimpici che si sarebbero dovuti tenere a Tokyo a fine luglio di quest’anno.
Le misure economiche del Giappone
Oltre ad aver dichiarato lo stato di emergenza, il governo ha approvato un piano di stimoli economici pari a quasi un trilione di euro e ha assicurato che aumenterà i posti letto negli ospedali da 28mila a 50mila, dando la priorità a coloro che presentano già sintomi seri. Abe ha anche promesso di fornire 15mila ventilatori per curare i pazienti con difficoltà respiratorie e di spingere le aziende che si occupano della vendita di attrezzature sanitarie ad aumentare la produzione.
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Ricordando lo spirito di solidarietà che era emerso dopo lo tsunami del 2011, il primo ministro ha poi affermato: “Quello era stato un periodo molto difficile, ma i legami che si sono formati tra le persone ci hanno dato speranza. Ancora una volta ci troviamo di fronte una crisi, ma se lavoriamo insieme, affronteremo questa sfida e sconfiggeremo il virus”.
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