Il tribunale di Sapporo ha definito incostituzionale il divieto del Giappone ai matrimoni gay. Ora si attende una legge del Parlamento sul tema.
Le coppie omosessuali in Giappone hanno il diritto di sposarsi, nonostante la legge locale non riconosca questa unione. È quanto ha stabilito un tribunale di Sapporo, sottolineando come il divieto sia in contraddizione con la Costituzione giapponese nella parte dell’articolo 14 relativo all’uguaglianza davanti alla legge. La decisione del giudice potrebbe portare a una rivoluzione in quello che è l’unico paese del G7 a non riconoscere l’unione tra persone dello stesso sesso, con il Parlamento che ora si trova sotto pressione per legiferare al riguardo.
La causa di San Valentino
Nel 2019, in occasione del giorno di San Valentino, 13 coppie omosessuali si erano appellate a diversi tribunali per il riconoscimento dei propri diritti di unione. Il Giappone è decisamente più liberale rispetto agli altri paesi asiatici riguardo ai diritti lgbt+, se si pensa che solo a Taiwan il matrimonio gay è consentito per legge. Nonostante questo, il riconoscimento dei pieni diritti resta un’utopia. Nel paese il matrimonio tra persone dello stesso sesso non è riconosciuto, anche se ci sono distretti che dal 2015 rilasciano appositi certificati che in qualche modo sanciscono l’unione attraverso il riconoscimento di alcuni diritti coniugali, ma non tutti.
L’attivismo del movimento lgbt+ non si è mai arrestato e l’iniziativa legale del 2019 rientra in quest’ambito. Ora il tribunale di Sapporo è stato il primo a pronunciarsi sulla causa, dando ragione alle tre coppie omosessuali che vi si erano appellate. Il matrimonio è implicitamente garantito dalla Costituzione, ha detto il giudice, dal momento che la sessualità non è una questione di preferenza individuale. Allo stesso tempo però, la Corte non ha accolto la richiesta di un milione di yen avanzata dalle coppie per i danni psicologici causati dall’impedimento legislativo giapponese al matrimonio gay.
Un cammino ancora lungo
Ora si potrebbe innescare un effetto-catena, dal momento che si attendono le sentenze relative alle altre coppie dei tribunali di Tokyo, Osaka, Nagoya e Fukuoka. E la questione presto potrebbe assumere una valenza politica. Per ora nulla cambia in termini di legge, dal momento che la corte di Sapporo da sola non ha un potere di questo tipo. Servirebbe piuttosto una sentenza della Corte Suprema, un iter che richiederebbe però diversi anni. In alternativa, sulla questione potrebbe pronunciarsi direttamente il Parlamento, approvando una legge apposita che legalizzi il matrimonio tra persone dello stesso che al momento però non è all’orizzonte.
La sentenza del tribunale giapponese è insomma solo un primo passo, che potrebbe presto essere seguito da altri giudici. Un cambiamento radicale delle cose è ancora lontano, ma il clima sta migliorando e le associazioni che si battono per i diritti umani in Giappone esultano per una nuova forma di riconoscimento, dopo quella dei certificati di unione del 2015.
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