A undici anni di distanza dal disastro nucleare di Fukushima, la Corte suprema giapponese ha deciso: l’azienda Tokyo electric power (Tepco), la più grande compagnia elettrica del paese, dovrà risarcire chi ne ha pagato le conseguenze in prima persona.
Cosa prevede la sentenza della Corte suprema giapponese
L’agenzia Reuters spiega che sono state intentate più di 30 class action contro Tepco: questa sentenza della Corte suprema ne chiude tre, ma le altre sono ancora in corso. Le cifre, di per sé, sono esigue. Per la precisione, Tepco dovrà sborsare poco più di 11 milioni di euro (1,4 miliardi di yen) che verranno suddivisi tra 3.546 persone. Il risarcimento medio ammonta quindi a circa 3.050 euro a testa.
Japan's Supreme Court upheld an order for utility Tokyo Electric Power (Tepco) to pay damages of $12 million to about 3,700 people whose lives were devastated by the Fukushima nuclear disaster, the first decision of its kind https://t.co/yXPasrk7LBpic.twitter.com/wG3A5IdQGN
La sentenza tuttavia assume un valore soprattutto perché costituisce un precedente. E perché la Corte ha respinto il ricorso che era stato presentato da Tepco, ravvisando una sua negligenza nel non aver preso sufficienti precauzioni. Un disastro naturale di tale calibro, infatti, era almeno in parte prevedibile. Nel corso della primavera 2022 il più alto organo giurisdiziale del Giappone dovrà esprimersi anche sulle responsabilità da parte del governo di Tokyo; finora non sono state prese decisioni unanimi nei precedenti gradi di giudizio.
Il drammatico bilancio del disastro nucleare di Fukushima
Era il mese di marzo 2011 quando un terremoto di magnitudo 9.0 al largo del Giappone scatenò uno tsunami che si abbatté sulla centrale nucleare di Fukushima Dai-ichi, sulla costa orientale del paese. L’impianto era provvisto di barriere anti-tsunami che però si rivelarono insufficienti per reggere un’onda di tale portata, alta più di 14 metri. Circa 470mila persone che abitavano nei dntorni furono costrette a evacuare la zona; decine di migliaia non poterono più farvi ritorno.
I danni economici sono stimati in 130 miliardi di euro, di cui 74 pagati dalla Tepco sotto forma di risarcimenti. Ci vorranno altri venti o trent’anni per la dismissione della centrale, con un costo che il governo di Tokyo calcola in 60 miliardi di euro. Nel frattempo, l’acqua utilizzata per raffreddare i reattori sarà riversata in mare.
Approvato il rilascio in mare di acqua radioattiva dalla centrale nucleare di Fukushima. Secondo l’agenzia il rischio di contaminazione è “trascurabile”.
Sono passati dieci anni dal disastro dell’11 marzo 2011, ma questo capitolo si è tutt’altro che concluso. Viaggiando a Fukushima si percepiscono rinascita e distruzione, a volte separate soltanto da una strada.
Il ministro dell’Ambiente (uscente) si è espresso sulla sorte dell’acqua radioattiva presente nella centrale nucleare di Fukushima. Ma il governo smentisce.
Tra tre anni alla centrale nucleare di Fukushima non ci sarà più spazio per stoccare l’acqua contaminata. E nessuno ha ancora individuato una soluzione.
Lo scenario non è post-apocalittico come ci si potrebbe aspettare. Fukushima, ora, sembra un posto normale – sottopopolato ma normale. Nel 2016 abbiamo visitato la prefettura sulla costa nordorientale del Giappone, oltre 200 chilometri a nord della capitale Tokyo, per parlare con chi è impegnato a ripartire dopo il terremoto, lo tsunami e il disastro nucleare che l’11 marzo
Avrebbe dovuto essere un fiore all’occhiello del Giappone il reattore Monju. Una centrale nucleare all’avanguardia, capace di funzionare con i rifiuti radioattivi prodotti dagli altri reattori, in grado quindi di essere autoalimentata. Invece il reattore verrà chiuso, dopo la decisione del governo giapponese. Un vero fallimento dell’industria dell’atomo, costato al Paese circa 8 miliardi di