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Un luogo segreto e incantevole che presto riaprirà. Ecco come rinascono i Giardini Reali di Venezia
C’è a Venezia un posto fatato, o che perlomeno lo era. E promette di ritornarlo. È tra piazza San Marco e il Bacino di San Marco. Sono gli sconosciuti Giardini Reali, voluti da Napoleone e oggi dimenticati da tutti. Finora. È uno spazio circondato dall’acqua su cui s’affacciano il Museo Correr, le sale imperiali del Palazzo
C’è a Venezia un posto fatato, o che perlomeno lo era. E promette di ritornarlo. È tra piazza San Marco e il Bacino di San Marco. Sono gli sconosciuti Giardini Reali, voluti da Napoleone e oggi dimenticati da tutti. Finora.
È uno spazio circondato dall’acqua su cui s’affacciano il Museo Correr, le sale imperiali del Palazzo Reale, il museo archeologico e la storica Biblioteca Marciana. Però, a causa dell’incuria e del tempo, il disegno originale dei giardini s’è oggi un po’ squadernato sia nelle sue geometrie che nella flora. Il Padiglione neoclassico dell’architetto Lorenzo Santi e l’ottocentesco pergolato sono in rovina, il ponte levatoio è incastrato e inutilizzabile, le cancellate e gli arredi urbani sono aggrediti dalla ruggine. Muri fatiscenti e scrostati, piante sofferenti.
I Giardini Reali di Venezia e Napoleone
Questi giardini erano stati voluti da Napoleone, il quale intendeva usare le Procuratìe come dimora regale al posto di Palazzo Ducale. Il passaggio di Venezia all’Austria aveva fatto abbandonare il progetto imperiale ma aveva dato vita, dopo l’abbattimento dei granai trecenteschi che erano in questa zona, a quest’area da 5.500 metri quadrati.
Un parco accanto a piazza San Marco, vissuto da sempre dai veneziani, poi pian piano degradato.
Il progetto di restauro dei Giardini Reali di Venezia: i finanziatori e le agevolazioni dell’Art Bonus
Ora siamo all’avvio di un’articolata operazione di restauro che sarà gestita dalla Venice Gardens Foundation Onlus, che nel 2016 ha siglato un accordo di partnership con Assicurazioni Generali finalizzato proprio al ripristino e alla valorizzazione dell’intera area.
L’operazione potrà essere realizzata grazie all’Art Bonus, la detrazione fino al 65 per cento istituita dal ministero dei Beni culturali, per favorire un nuovo mecenatismo made in Italy. Le aziende possono con questo schema usufruire di importanti benefici fiscali sotto forma di credito di imposta per chi effettua donazioni in denaro per il sostegno della cultura.
La città di Venezia, il demanio e la Venice Gardens Foundation
Quando ad aprile s’è svolta la presentazione ufficiale dell’iniziativa di restauro dei Giardini Reali, accanto alla presidente della Venice Gardens Foundation Adele Re Rebaudengo il 7 aprile c’erano l’amministratore delegato di Generali Philippe Donnet, il sindaco Luigi Brugnaro, il direttore dell’Agenzia del Demanio Roberto Reggi (“padrone di casa”, dato che i Giardini appartengono allo Stato), l’architetto Anna Chiarelli della Soprintendenza di Venezia e i progettisti che cureranno il giardino botanico, Paolo Pejrone, e la parte architettonica Alberto Torsello, che svilupperà il progetto di Carlo Aymonino e Gabriella Barbini.
La chance di finanziare il progetto era stata offerta anche a Renzo Rosso che aveva invece poi preferito puntare sul restauro del ponte di Rialto. Ma ora il recupero dei Giardini Reali, cancellando finalmente anni di degrado, sta per attuarsi. La fine dei lavori è prevista nel 2018.
Un restauro anche botanico
Lo spirito del restauro s’incentra sul massimo rispetto dell’esistente, con la valorizzazione degli angoli nascosti, del grande corridoio centrale coperto di glicini, delle serre, con ampio uso di tecnologie innovative. Un fulcro è la restituzione al pubblico del neoclassico Padiglione Santi: lì, e nella serra, saranno collocate alcune aree vitali del progetto, la zona servizi e di controllo, la sede delle attività artistiche e di ricerca della fondazione. La struttura della Cafehaus, che si riallaccia alla tradizione austriaca, potrà garantire il gettito necessario per la manutenzione dei luoghi.
Restaurati, i Giardini Reali saranno formali e rigorosi, come prescrive lo storico disegno ottocentesco, e al contempo ricchi di angoli inaspettati, colorati e sorprendenti che potranno essere percorsi all’ombra del lungo e antico pergolato di glicini, disvelati tra fitte quinte di sempreverdi. Il percorso, attraverso il ponte levatoio, arriverà fino al Museo Correr in un ripristinato dialogo con piazza San Marco e l’area Marciana, e promette di essere intimo e vasto, forse sospeso al di là del tempo.
In particolare verrà realizzato il restauro botanico e paesaggistico dei giardini, che punterà sulla semplicità, riprendendo l’idea originaria, austriaca, che era quella di creare un’atmosfera mediterranea con agrumi e gelsomini. Verranno introdotti anche uccelli di laguna.
Il ponte levatoio
Elemento fondamentale – e affascinante, caratteristico – del progetto sarà poi appunto il restauro del ponte levatoio che collega i Giardini Reali con piazza San Marco e con il sistema museale dell’area marciana, che permetterà di ripristinare il collegamento diretto con il fronte Bacino.
L’obiettivo di Venice Gardens Foundation è, insomma, fare dei Giardini Reali un’area per tutti, sia veneziani, sia i turisti.
Adele Re Rebaudengo: “Si possono fare progetti non animati esclusivamente dal valore commerciale, ma spirituale”
Il restauro dei Giardini Reali è il primo intervento a cui si dedica la Venice Gardens Foundation, presieduta da Adele Re Rebaudengo, a cui chiediamo innanzitutto: come avete identificato quest’area? Amore per la storia o amore personale?
La risposta è articolata. Di Venezia sono innamorata da quando avevo 12 anni. È un amore fantastico e duraturo, tanto è vero che sono venuta a risiedere a Venezia. Occupandomi di cultura, d’arte e fotografia, il primo lavoro qui è stato un reportage sui giardini della Biennale curato dallo scomparso Gabriele Basilico, da cui scaturirono uno splendido libro e una mostra esposta alla Biennale di architettura, due edizioni fa. Osservando ed esplorando sono poi venuta a scoprire anche la storia degli spazi dei Giardini Reali, che negli ultimi venti – trent’anni hanno subìto un degrado non solo botanico, ma anche urbanistico. S’è interrotto il legame con l’area marciana, una cosa molto grave. Infatti questo è uno dei punti che teniamo più a mente, il restauro del ponte levatoio e la connessione con piazza San Marco: un importantissimo ritorno alle antiche origini.
La formula con cui lavorerete è quella della concessione?
Certamente, e nella concessione abbiamo chiesto di avere poi le aree restaurate in gestione. Sono aree demaniali, quindi l’area si può avere solo in concessione. In questa cornice operativa si iscrive anche il padiglione del 1817 di Lorenzo Santi, che era già la Cafehaus asburgica dei giardini reali, poi adibita a varie funzioni e infine dismessa. Ora la restituiamo alle antiche funzioni. Vorremmo chiamarlo Padiglione del caffè.
Che sensazioni dà oggi camminare in quell’area? Più malinconia, più frustrazione o… più speranza?
Suscita sensazioni molteplici. Forse la speranza è prevalente, preponderante. Oggi, ammetto, anche un po’ di tristezza. Per me entrare in un giardino vuol dire ritornare nella nostra parte più bella, nella connessione con la natura che è parte di noi. È un entrare spirituale, non solo ludico o turistico. La natura, come l’arte e la musica, ci riconnettono alle parti migliori di noi, e ci elevano.
Non solo poesia e spiritualità. Questo progetto di restauro prevede anche ricerca scientifica, qual è il suo valore in questo contesto?
Siamo iscritti all’anagrafe degli enti di ricerca del Miur. Svilupperemo ricerca in botanica e tecnologie per le migliori pratiche di gestione dei beni paesaggistici – noi, in particolare, dei giardini storici. Per noi si deve partire dalla conoscenza del passato, per trovare altra conoscenza. A volte, in vari campi, per esempio – sì, mi sento di dirlo – nell’architettura, si fa tabula rasa del passato per ricominciare da capo. È sterile. Invece, si deve far tesoro di conoscenza ed esperienza: vogliamo fare ricerca scientifica con grande attenzione alle conoscenze del passato.
E anche alla vocazione originaria dei luoghi, giusto?
Certamente, chi verrà nei Giardini Reali di Venezia entrerà in un giardino, non in un luogo asettico. Ne studiamo il terreno, la vitalità, le condizioni climatiche, la geografia. Gestirlo è molto più impegnativo: se si abbandona un edificio anche per anni poi lo si può sempre ristrutturare. Un giardino no, è vivo, potrebbe morire.
Per la parte botanica e paesaggistica è al lavoro Paolo Pejrone, l’architetto che ha firmato alcuni fra i più bei giardini al mondo, conferma?
Sì! È un progetto tutto italiano. Aperto al mondo, ovviamente, alle migliori conoscenze mondiali, ma il paesaggista è italiano, l’architetto è italiano, e c’è anche l’idea di un progetto con la Lipu per la fauna, di valenza scientifica e conservazionista internazionale.
Venice Gardens Foundation avrà in concessione gli spazi per 19 anni, rinnovabili. Come procederete?
A finanziare i lavori sarà Assicurazioni Generali. Sono previsti interventi per il Padiglione del caffè e per l’accesso, il corridoio, la serra. Gli impianti non saranno nella parte storica, per non intaccare i marmi, bensì nella parte nuova della serra, limitrofa.
Ci spiega meglio il meccanismo dell’Art Bonus?
L’Art Bonus è uno straordinario meccanismo che il nostro ministro dei Beni culturali ha attivato ed è fondamentale: le aziende e società che investono nell’arte hanno una detrazione importante. Siamo in un’Italia in cui i soldi per la cultura vengono sempre più tagliati, invece è uno dei segmenti più produttivi ma, non so bene perché, questo non viene considerato. Dà anche posti di lavoro! Quindi l’intervento dei privati diventa importantissimo.
È difficoltoso entrare in questo circuito dell’Art Bonus?
No, vi siamo entrati esattamente come tutti coloro che promuovono e sostengono importanti restauri su beni pubblici. È abbastanza automatico. Poi, posso dire serenamente che il ministro Dario Franceschini conosce il nostro progetto perché siamo andati a trovarlo, ne abbiamo parlato più volte e ha capito il fascino di quest’operazione di rinascita.
Parliamo della condivisione del progetto con i cittadini, una parte fondamentale dei moderni percorsi di restauro di beni pubblici, o, come mi pare sia meglio dire in questo caso, di rivivificazione.
Ci teniamo moltissimo, lo facciamo per loro. Tutti i cittadini veneziani che ho conosciuto ci andavano a giocare da piccoli, nei Giardini Reali, e mi dicono “Ora non ci andiamo più perché sono distrutti”. Quando gli dico che saranno rimessi a posto ne gioiscono. È proprio tutto fatto per dimostrare che si possono fare progetti non animati esclusivamente dal valore commerciale, ma spirituale.
La Venice Gardens Foundation Onlus, con sede a Venezia, nasce nel 2014 con la finalità di restaurare, conservare e gestire i giardini e i beni di interesse artistico, storico e paesaggistico. Iscritta all’Anagrafe Nazionale delle Ricerche del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, la Fondazione è impegnata nello studio, nella ricerca, nello sviluppo e nell’applicazione di programmi rivolti all’innovazione e alla gestione sostenibile dei beni paesaggistici e ai relativi percorsi formativi. Attenta alla cultura e all’arte, “la Fondazione coniuga natura, linguaggi artistici e la cura del giardino in tutti i loro elementi di vita, un giardino da seminare con nuovi pensieri, visioni, suoni e con i linguaggi contemporanei”. La Venice Gardens Foundation inizia i lavori di restauro dei Giardini Reali nel mese di maggio 2017 e la riapertura al pubblico è prevista nella seconda parte del 2018. La Fondazione curerà direttamente la manutenzione e gestione avvalendosi di qualificate professionalità con competenze specifiche nell’ambito dei giardini e parchi storici.
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