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Giardinieri d’assalto, in un film le storie e l’evoluzione del guerrilla gardening italiano
Hanno attraversato l’Italia armati di bombe di semi e dato vita a un cambiamento “dal basso”. Sono i Giardinieri d’assalto, protagonisti del documentario di Angelo Camba distribuito su Infinity+.
Era una storia che andava raccontata. Con questa convinzione, pur tra mille difficoltà e imprevisti causati dalla pandemia, il regista Angelo Camba è riuscito a portare a compimento Giardinieri d’assalto – Storie di guerrilla gardening in Italia, il primo documentario italiano sul movimento pacifico, ma rivoluzionario che negli ultimi decenni ha restituito bellezza al nostro Paese e risvegliato il senso civico di tanti nostri concittadini. Già disponibile su Infinity+, il film ha così mantenuto la promessa: raccontare le storie di alcuni dei più celebri “guerriglieri verdi” non autorizzati che hanno reso più verdi e vivibili tanti luoghi degradati dello Stivale. A muoverli il comune desiderio di riappropriarsi di spazi comuni abbandonati, sopperendo all’inerzia delle amministrazioni e innescando un cambiamento nella società a partire dal basso.
Giardinieri d’assalto, una missione personale
Dietro al guerrilla gardening c’è una vera e propria missione sociale, figlia del movimento nato a New York negli anni Settanta con la pioniera dei Community Garden Liz Christy e poi diffusosi in Europa grazie al londinese Richard Reynolds. C’è anche lui nel documentario, intervistato in occasione di alcuni raduni italiani, quando rimase particolarmente colpito dall’accoglienza e dall’organizzazione dimostrata dai gruppi di gardeners. “Quello che cercavo non era la spettacolarizzazione”, spiega il regista, per il quale realizzare il film è diventata non solo una sfida economica e professionale, ma anche una missione personale. “Volevo raccontare le storie di persone reali, che hanno avuto percorsi di vita molto interessanti e capaci di ‘gemmare’ e dare frutti all’interno delle loro comunità”.
A contribuire alla riuscita di Giardinieri d’assalto è stato il crowdfunding, grazie a tanti donatori privati che hanno creduto nel progetto fin dall’inizio, come ha fatto anche Infinity+ il cui impegno è stato “fondamentale”, ammette Camba. A ostacolarlo fortemente, invece, ci si è messo il Covid che ha allontanato molti investitori, mettendo in seria difficoltà la produzione. Un altro aiuto prezioso è arrivato, però, dal gruppo Nexus Tv, una casa di post-produzione che ha creato tutte le musiche originali e curato il film da un punto di vista sonoro. “Senza il loro contributo professionale il film non sarebbe stato altrettanto bello”, prosegue il regista. “Hanno sposato subito il progetto e fatto di tutto e di più affinché Giardinieri d’assalto fosse curato quanto le produzioni che realizzano per colossi come Netflix o la Rai”.
I protagonisti di Giardinieri d’assalto
Grazie a questo tipo di passione e professionalità il film ci regala uno spaccato molto interessante sull’evoluzione del guerrilla gardening italiano. Dopo aver documentato i raduni nazionali, tra il 2013 e il 2016, il regista è tornato nelle città che sono state teatro delle principali azioni di giardinaggio sovversivo e incontrato i protagonisti dei gruppi che hanno animato il movimento negli anni: dai fondatori del sito guerrillagardening.it di Milano (autori anche del libro Guerrilla Gardening – Manuale di giardinaggio e resistenza contro il degrado urbano, del 2009) ai Terra di Nettuno di Bologna, dagli Ammazza che Piazza di Taranto alle Giardiniere Sovversive Romane e i Friarielli Ribelli di Napoli. “Ogni gruppo ha declinato in modo diverso il proprio impegno”, spiega Camba. “Purtroppo la pandemia mi ha impedito di incontrare alcuni gruppi molto importanti, come i Badili Badola di Torino, i Nonanuvola Guerrilla Gardening di Salerno e i Guerrilla Gardening Palermo che hanno fortemente legato le loro azioni al tema della legalità ambientale”.
Oltre alle storie dei gruppi, il documentario racconta anche quelle di guerriglieri solitari, come Andrea Giordani, conosciuto come il Fante di Fiori, dottore di professione e giardiniere per vocazione che, armato di carriola e vanga, da anni si prende cura del verde pubblico del suo paesino emiliano. “All’inizio veniva preso per matto, poi le persone hanno iniziato a imitarlo e a tenere più pulito il paese”, spiega il regista che ha affidato a un altro paladino del guerrilla gardening il compito di accompagnarci lungo tutto il documentario: si tratta di Gianni Manfredini, in arte Piante Volanti, famoso per aver abbellito Milano con le sue lattine artistiche appese a due-tre metri di altezza, su pali e lampioni. Operazioni di street art accompagnate da una crescente sensibilità ambientale, che lo ha presto trasformato in un guerrilla gardener.
L’evoluzione del guerrilla gardening
Attraverso interviste e incursioni nei “luoghi d’attacco” il film racconta come il movimento di guerrilla gardening si è evoluto negli anni fino a dissolversi, trasformandosi in qualcosa di diverso. “Questo tipo di ambientalismo ha dei tempi fisiologici ed è naturale che dopo l’esplosione iniziale ci sia stato un rallentamento”, spiega Camba, riprendendo anche le parole di una delle protagoniste del documentario, “l’attrice giardiniera” Lorenza Zambon. “Il guerrilla gardening è servito a spianare la strada a nuove forme più strutturate di ambientalismo e di cura del verde pubblico. Penso agli orti urbani e ai giardini comunitari che oggi sono molto più diffusi di qualche anno fa. Grazie alle attività dei giardinieri non autorizzati, le amministrazioni comunali hanno compreso il potenziale e l’importanza di collaborare coi cittadini”.
Basti pensare a realtà come Cascinet (teatro di tanti progetti sociali auto-generati dalla cittadinanza), o a iniziative come Forestami, con cui si vuole trasformare la Città metropolitana di Milano in “capitale verde d’Italia”. Solo per citare due esempi meneghini di questo processo innescato negli ultimi anni. “Oggi le persone che coltivano orti sono decuplicate in Italia”, prosegue Camba, “Anche i lockdown hanno contribuito a questa spinta, stimolando il desiderio di tanti di uscire di casa anche solo per zappare la terra e riappropriarsi di un po’ di libertà e ritrovare un contatto con la natura”.
L’ambientalismo non basta, servono azioni concrete
E mentre i guerrilla gardeners si rimboccavano le maniche affondando le mani nella terra per piantumare aiuole, pulire parchi e sensibilizzare i cittadini, migliaia di giovani si preparavano a diventare protagonisti di un altro tipo di ambientalismo: quello degli scioperi per il clima e delle grandi manifestazioni, riuscendo per la prima volta a portare l’emergenza climatica sulle prime pagine dei giornali. Una svolta fondamentale nella lotta ai cambiamenti climatici che però, secondo il regista, sembra difettare di un aspetto centrale. “La coscienza ambientale che c’è oggi è importantissima, ma le manifestazioni non bastano. L’attivismo non può fermarsi alla comunicazione, deve portare ad azioni concrete e innescare un cambiamento reale nelle persone e nei quartieri. Col guerrilla gardening in molte zone ha davvero funzionato, trasformando non solo i luoghi, ma anche le coscienze. Certo, ci sono state anche battaglie perse, come racconto nel film, ma il più delle volte chi si è speso per prendersi cura di aree degradate e del verde pubblico ha davvero lasciato un segno nelle comunità e spesso poi ha dato una svolta alla propria vita personale e professionale. Questo mi ha fatto capire che attivarci in prima persona è il modo migliore per cambiare il mondo ed è l’aspetto più importante che porto a casa dall’esperienza di questo film”.
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