È il team Haz composto da Agostina Carla Ciancaglini e Jazmin López Becker, ad avere vinto il concorso di idee “La Casa di Domani”, promosso da Leroy Merlin. Lo spunto la realizzazione di un progetto di riqualificazione e recupero di un edificio attualmente in disuso, la Casetta Rossa di Genova, per ospitare le famiglie dei
Gilda Bojardi. Comfort, flessibilità e natura nelle case del futuro
Abbiamo incontrato Gilda Bojardi per parlare di case e progetti per abitare: direttore di Interni, la rivista italiana che guida con straordinario successo dal 1994 e che ha trasformato da semplice magazine in un vero e proprio sistema di strumenti di comunicazione, ha ideato il cosiddetto Fuorisalone, sistema di eventi che coinvolgono la città durante
Abbiamo incontrato Gilda Bojardi per parlare di case e progetti per abitare: direttore di Interni, la rivista italiana che guida con straordinario successo dal 1994 e che ha trasformato da semplice magazine in un vero e proprio sistema di strumenti di comunicazione, ha ideato il cosiddetto Fuorisalone, sistema di eventi che coinvolgono la città durante la settimana del design e il Salone del Mobile, format che ha esportato da Milano in molte città del mondo, da Stoccolma a New York. Con le competenze giornalistiche, imprenditoriali e anticipatrici mostrate nella sua carriera, è la persona giusta per raccontare, con cognizione di causa e da un osservatorio assolutamente esclusivo, come saranno le case del prossimo futuro. Oltre a quelle del presente che ama e in cui le piace vivere.
Dal tuo punto di vista internazionale e aggiornato quali sono le tendenze di progetto che vedi emergere e che possono indicare i trend di come sarà la casa del prossimo futuro?
Sicuramente già da ora si può parlare di pluralismo linguistico, ossia di contaminazioni culturali che derivano da delle trasposizioni di altre culture nella propria casa. Alcuni esempi: lo spazio aperto, la casa loft, che ci deriva da una cultura che appartiene ad altri mondi come quello americano; il superamento di schemi pre-codificati, per cui viviamo già in una casa secondo schemi molto più liberi di una volta; poi ci sono delle indicazioni che arrivano dalla comunicazione che ci parla di chilometro zero, di riuso, riutilizzo, restauro: tutto questo, per una crescente presa di coscienza verso il mondo in cui viviamo, sta sempre più influenzando il nostro modo di concepire la casa, costruirla, che non vuol dire costruire ex-novo l’architettura, ma definire l’habitus in cui noi viviamo.
Chi sono i progettisti più visionari e propositivi a tuo parere nel pensare a nuovi modelli di abitare e nell’immaginare il futuro delle case?
Posso citare degli schemi abitativi che mi piacciono molto: le case che progettano Piero Lissoni, Antonio Citterio e Carlo Colombo, case che hanno dei paradigmi comuni a volte, ma che ognuno di loro interpreta in modo diverso e arricchisce di materiali ed elementi decorativi diversi, come quadri, tappeti, tessuti. Grandi spazi aperti, grandi vetrate… I francesi come Philippe Starck o altri giovani progettisti francesi. Mi piacciono anche altri progettisti, come i fratelli Bouroullec o i Campana, così bravi nel progettare prodotti d’arredo, ma che non si esercitano in progetti di case. Il messicano Victor Legorreta, figlio del grande architetto Ricardo Legorreta. Lui lavora molto su materiali e colori nello stile dell’architetto Luis Barragan, come peraltro il padre. Altri che lavorano molto sui materiali come Tatiana Bilbao, anche lei messicana, che fa bellissimi interni.
Cosa determina la qualità della casa?
C’è una cultura trasversale dell’abitare che parla sempre di spazi aperti, luminosi, che realizzano un comfort ricercato, a seconda dei casi mediato o più sottile, attraverso la ricerca dei materiali, che sono elementi fondamentali per la qualità della casa e del vivere bene negli ambienti. L’essenzialità è frutto di una grande ricerca sofisticata. Il comfort è un valore fondamentale per vivere la casa. Riuscire a costruire case da abitare in un modo molto confortevole, come vediamo nei progetti degli architetti che ho citato, è sempre un punto di arrivo di uno studio e di una ricerca approfondita, mai facile o scontata.
Le case progettate da questi architetti sono speciali, quasi sempre con una relazione tra architettura e spazio esterno molto sinergico, che è difficile riportare in un modello di abitazione più comune e diffusa, ma sono emblematici di una richiesta emergente di avere più verde nella casa. Confermi questa tendenza?
È evidente che a seconda della disponibilità della committenza puoi giocare tra esterno e interno e nelle case piccole di città lavori molto più sull’interno. Ma l’idea di portare anche in uno spazio piccolo di città l’esterno, la natura all’interno, sviluppando le pareti divisorie con piante e verde naturale, è una delle tendenze contemporanee. Ormai tutti vorremmo vivere all’aria aperta, avere un giardino, ma quando non è possibile avere un contatto diretto con la natura cerchiamo di portarlo all’interno. Come è possibile nell’architettura sviluppare il giardino in verticale, così nei piccoli appartamenti di città si cerca di sviluppare questo concetto attraverso le piante con qualcosa che sia molto vicino al concetto di natura.
Certamente oggi la cultura green, il concetto dell’abitare nella natura, che rende la vita più confortevole con un’integrazione diretta tra spazi esterni e interni, è una tendenza che deriva anche dalla filosofia generale sempre più diffusa di cercare di vivere una vita più naturale e più sana.
Oltre al comfort, quali sono le qualità e i valori importanti nel progetto di una casa in cui vivere bene?
La casa che si trasforma, che è flessibile. Avere una casa che corrispondesse all’identità della persona era considerato una volta un lusso, solo riservato a pochi. Credo che adesso le mura domestiche si configurino sempre di più come una ‘galleria in progress’ che deve anche essere disponibile a delle trasformazioni. Questa volontà di trasformare la casa è stata recepita molto bene dalle aziende produttrici d’arredamento, che offrono mobili che possono subire un adeguamento alle necessità delle persone. C’è una duttilità della produzione per personalizzare i prodotti che vengono offerti sul mercato e questo è sintomatico della capacità e dell’intelligenza delle aziende di rispondere, e talvolta anticipare, le domande del pubblico rispondendo a nuove esigenze emergenti del vivere quotidiano.
Si configura dunque un modello architettonico dove le strutture interne tipo le pareti e i divisori sono sempre meno rigidi e attraverso gli arredi la casa diventa flessibile e trasformabile?
Sì, le aziende producono anche divisori non più in muratura.
Il mito del wellness ha cambiato il progetto della stanza da bagno, non più percepita come stanza di servizio dalla maggior parte di gente. È questo l’ambiente della casa che vedi più in trasformazione?
Abbiamo vissuto tutti la trasformazione apocalittica della stanza da bagno e dei suoi arredi, passata da luogo di servizio a stanza, modello prima riservato a pochi, ma che ora è per tutti. È una trasformazione già avvenuta ed entrata nella mentalità comune. Se hai il bagno piccolo cerchi di far uscire dal bagno alcune funzioni che possono invadere altre stanze della casa. Prima c’è stata la trasformazione della cucina e del living con la cucina a vista, poi quella del bagno e poi la tendenza a invadere la casa con la natura. In linea generale direi che sono queste le trasformazioni più significative dell’ambiente domestico.
La stanza che più sembra ancorata a un uso tradizionale è allora la camera da letto, cioè un luogo privato piccolo e ristretto?
Non sempre! Nella mia casa in campagna la stanza più grande è la camera da letto, perché qui ho inglobato alcune funzioni che sono tradizionalmente di altre stanze della casa: il bagno, lo studio. Ricevo le mie amiche in camera da letto, ho delle comode poltrone e sgabelli. Non le ricevo sul letto! È piacevolissimo se voglio stare un po’ riservata.
Domotica, automazione nella casa, internet of things, oggetti che comunicano, interagiscono con le persone o svolgono funzioni al loro posto: cosa ne pensi?
Non è una cultura che mi appartiene. Trovo la domotica di per sé una cosa molto interessante, ma io vivo in tutte case ristrutturate e domotica vorrebbe dire rivoluzionare completamente la casa. Allora se parti da zero per il progetto della casa sicuramente la domotica può avere applicazioni interessanti, ma non mi piace a dire il vero tanto nemmeno nelle case nuove. Forse in parte è un fatto generazionale, ma non vedo nemmeno negli architetti che mi interessano e di cui abbiamo già parlato, una propensione forte verso la domotica e un tecnicismo spinto. Sicuramente la domotica è funzionale, però non mi appassiona.
Quali elementi definiscono le qualità più esclusive di una casa, il lusso dell’abitare?
Secondo me è la scelta della qualità dei prodotti e dei materiali. Il lusso è l’estensione della superficie, del luogo dove è la casa. Il lusso applicato a qualsiasi dimensione e taglio dell’abitazione, invece, per me è dato dalla qualità dei materiali e della luce. Secondaria è la qualità degli arredi. Per vivere bene in un modo gradevole la casa deve essere bene illuminata.
Do per scontato la qualità del suono o meglio l’assenza dei rumori. Certo non funziona abitare in un ambiente rumoroso e dove anche nei muri non sono stati adottati materiali di qualità per insonorizzare o deumidificare. In questi casi le nuove tecnologie aiutano moltissimo nella ricerca per migliorare l’acustica o la traspirazione dei muri. Non appartiene alla mia cultura un muro rivestito di tappezzeria perché a me piace toccare i materiali, le pietre, i marmi, i lapidei. Mi piace anche il muro a trattamento diretto di intonaco o di terra cruda.
Mi appartiene la ricerca dei materiali: prima di scegliere un materiale vado alla ricerca di tutte le informazioni e chiedo consigli approfonditi. Il risparmio energetico è un altro fattore importante. Le luci a led sono ancora costose, ma bisogna valutare il risparmio energetico ed economico che si ha nell’utilizzo di una luce a led. Occorre guardare la qualità della luce, oltre che l’estetica degli apparecchi illuminotecnici.
Che peso ha il colore per generare una casa confortevole?
Per me il colore è dato dagli oggetti, non dall’involucro, anche se mi piacciono tantissimo le architetture colorate di Barragan o Legorreta come ho detto, però per me il colore viene dopo la costruzione della muratura che è un ‘non colore’. Poi posso intervenire con un elemento colorato che diventa molto forte e caratterizzante dell’ambiente.
Come sono le tue case?
Le mie case sono molto confortevoli. A Milano la mia casa è molto piccola, la abito dal 1982, primo piano, poche finestre, poca luce, quindi apertura totale. Qui il comfort deriva dalla posizione centrale e comoda. Ho una casa in campagna dove mi piace ritirarmi e dove avendo a disposizione più spazio e il paesaggio naturale a portata di mano, l’interno e l’esterno possono convivere molto ravvicinati. Lì mi sento molto a mio agio.
Cosa accomuna i progetti delle tue case sui colli piacentini, in Sicilia e a Milano?
La ricerca del comfort, del relax, dello stare bene in casa con oggetti – dalla poltrona al cucchiaio – che mi piacciono, l’essere circondata da presenze che amo. Ci sono talmente tanti oggetti belli che vorrei avere molte case per poter mettere tutti gli oggetti che mi piacciono. Mi piacerebbe fare come Philippe Starck, che ha venti case in giro sparse per il mondo! Sempre aperte e a disposizione degli amici! E sempre completamente funzionanti.
Come sarà dunque la tua prossima casa?
No, basta! Basta case, sono troppo dispendiose!
In evidenza: vista notturna dell’esterno della casa di vacanza di Gilda Bojardi in Sicilia © Maurizio Marcato
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