Gilda Sportiello è stata la prima deputata ad allattare alla Camera il figlio di 3 mesi: “Ora qualunque donna sia libera di fare altrettanto sul lavoro”.
- Per la prima volta una deputata mamma, Gilda Sportiello, ha potuto allattare durante una seduta della Camera.
- La novità grazie a una modifica nel regolamento chiesta nel 2022 dalla stessa parlamentare.
- L’auspicio è “che ora tutte le donne siano libere di fare altrettanto senza doversi assentare dal lavoro”.
Gilda Sportiello, parlamentare eletta con il Movimento 5 Stelle, ieri mattina ha preso posto in aula alla Camera, dove si discuteva un importante (e per certi aspetti controverso) disegno di legge sul rafforzamento delle Pubbliche amministrazioni. E alla fine, ha partecipato al voto decisivo. Esattamente come dovrebbe fare normalmente un parlamentare della Repubblica. Nel farlo, però, Gilda Sportiello ha in un certo senso scritto un pezzo di storia: è stata la prima deputata mamma a partecipare ai lavori tenendo con sé il proprio figlio di appena 3 mesi, allattandolo perfino.
In 75 anni di Italia repubblicana, infatti, un episodio del genere non era mai accaduto, un po’ perché probabilmente i tempi non erano ancora maturi, ma soprattutto perché non era tecnicamente possibile: il regolamento della Camera (così come quello del Senato) non prevedeva infatti questa possibilità, sottolineando anzi che “nessuna persona estranea alla Camera può, sotto alcun pretesto, introdursi nell’Aula dove siedono i suoi membri”. È stata proprio Gilda Sportiello, con la presentazione di un ordine del giorno approvato all’unanimità lo scorso anno, a introdurre questa possibilità, tanto “normale” quanto “eccezionale” in un paese in cui maternità e continuità lavorativa sembrano ancora oggi essere due diritti drammaticamente troppo poco conciliabili.
Il caso di Gilda Sportiello può diventare un esempio
Gilda Sportiello il 7 giugno tornava per la prima volta al lavoro dopo la nascita del suo Federico, accolta con grande entusiasmo. E ora spera che il suo caso funga da esempio per innescare una svolta culturale. “Al di là dell’importanza che quello che è avvenuto indubbiamente ha per le istituzioni”, ha raccontato dopo il suo primo voto da madre in carriera, “io spero innanzitutto che tutte le istituzioni si adeguino. Ma il vero messaggio deve arrivare fuori da questo palazzo”. E il vero messaggio “è che, se addirittura finalmente si può allattare anche nell’Aula di Montecitorio, qualunque donna deve essere libera di poterlo fare in qualsiasi luogo di lavoro”. Al contrario, oggi, ricorda Sportiello, “molte donne purtroppo sono costrette a interrompere l’allattamento anche se non vorrebbero, perché devono rientrare al lavoro. Questo non è più concepibile. Spero che con oggi si sia segnato un punto di non ritorno, oltre il quale possiamo soltanto modificare e migliorare la legislazione per permettere a tutte le donne di poterlo fare”.
Lavoro e allattamento, cosa prevede la legge oggi
Oggi per le madri lavoratrici dipendenti (e solamente per questa categoria) per l’allattamento sono previsti due periodi di riposo di un’ora fino al compimento di un anno di vita del proprio figlio. Periodi che invece scendono a mezz’ora l’uno se la madre fruisce dell’asilo nido o di altra struttura idonea, istituiti dal datore di lavoro nell’unità produttiva o nelle immediate vicinanze di essa. Le due ore di permesso possono essere usufruite consecutivamente (quindi ad esempio uscendo prima da lavoro), oppure spezzate.
La lavoratrice madre deve però accordarsi con il datore di lavoro su come usufruire di questo diritto, compatibilmente con gli orari di lavoro: questo significa incorrere spesso anche in spiacevoli controversie. Inoltre, gli orari di allattamento di un neonato non sono agevoli da programmare e la legge attuale è troppo poco flessibile in tal senso. Infine, tale permesso è previsto non oltre il primo anno di vita del bambino.
Oltre all’allattamento di per sé, fondamentale è la possibilità di tenere con sé il proprio figlio sul posto di lavoro, aggiunge Gilda Sportiello. Specie in un paese, come l’Italia, che sconta una carenza annosa sul fronte della disponibilità di asili nido anche con grandi disparità territoriali. “Io stessa vengo da una regione che purtroppo conta pochissimi asili nido (la Campania, ndr) e questo è un problema gravissimo che va affrontato”, sottolinea. Uno spunto per parlare di un altro tema di attualità che riguarda anche il decreto votato proprio ieri: l’utilizzo dei fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, sul quale l’Italia è già in forte ritardo. “I fondi del Pnnr, che riguardano in particolare la costruzione di nuovi asili nido, non devono assolutamente andare dispersi perché è un’emergenza per questo paese. Ci sono donne che non possono contare su un diritto che dovrebbe essere soddisfatto dallo Stato”. Chissà se, almeno per una volta, il primo segnale non venga proprio dal Parlamento.
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