Preoccupa il numero dei giornalisti minacciati in Italia nei primi mesi del 2020. Cresce il numero delle giornaliste prese di mira con epiteti sessisti.
C’è un nome prima degli altri, un luogo prima di tutti: Caserta. Il feudo del clan camorrista dei casalesi, “dove la criminalità organizzata storicamente si fonde e confonde con il tessuto sociale e quello politico”, scriveva Roberto Saviano. Un posto difficile per la cronaca, nel quale raccontare e informare è un percorso ad ostacoli. Anche nel 2020. E la prova è arrivata dall’Osservatorio sui giornalisti minacciati voluto dal Ministero dell’Interno.
L’Osservatorio del Viminale ha stilato un elenco delle aree più a rischio per i giornalisti nel 2020: Caserta è l’unica provincia citata. Per quanto riguarda le regioni, il Lazio è in testa. Seguono Campania, Sicilia, Calabria e Lombardia. Inoltre, si allungano, in questi primi sei mesi del 2020, altri due elenchi: quello dei cronisti sotto scorta (da Carlo Verdelli a Paolo Berizzi, Federica Angeli, Paolo Borrometi) e quello dei giornalisti minacciati sui social, tra questi, Eugenio Scalfari. E poi ci sono le giornaliste prese di mira con epiteti sessisti, dalla stessa Federica Angeli ad Antonella Napoli, Asmae Dachan, Karima Moual.
Italia 2020. Il mestiere del cronista
I numeri sono preoccupanti: nei soli primi sei mesi del 2020 sono già 83 gli episodi di minacce, denunciate, nei confronti di giornalisti. Un numero in aumento sia rispetto al 2019 – 87 casi nei dodici mesi – che rispetto al 2018, quando i casi erano stati 73 casi. Le minacce a cronisti legate a motivazioni socio-politiche sono 37, mentre sono dieci quelle provenienti dalla criminalità organizzata.
Degli 83 episodi di minacce, quasi uno su due è stato veicolato tramite internet e i social. Ma “questi fatti sono tutto fuorché virtuali. Le intimidazioni via web ai giornalisti sono reali”, avverte il presidente della Federazione nazionale della stampa italiana (Fnsi), Giuseppe Giulietti.
La situazione di chi fa informazione in Italia peggiora esponenzialmente di anno in anno, ma “come giornalisti dobbiamo innanzitutto ringraziare le prefetture sui territori e la magistratura per la sensibilità e l’attenzione dimostrate sul tema e per quanto fatto. Hanno tempestivamente risposto con vigilanza e scorte agli episodi di intimidazione”, plaude Giulietti. Ogni volta la Fnsi si costituisce “e si costituirà parte civile per tutti i giornalisti che sono vittime di denunce temerarie e tentativi di intimidazione verso il loro operato”. Questi episodi mettono a rischio il lavoro di tutti i professionisti dell’informazione e tradiscano l’articolo 21 della Costituzione, secondo il quale “la stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”.
I giornalisti minacciati nel casertano
Gli atti intimidatori nei confronti dei professionisti dell’informazione hanno subito un incremento nell’anno in corso rispetto allo stesso periodo del 2019 anche sul territorio di Caserta, tanto che il numero di episodi registrati nel primo semestre del 2020, ovvero quattordici, è già superiore a quelli segnalati per tutto l’anno precedente (undici). La matrice è in gran parte riconducibile a problematiche legate al contesto socio-politico locale. “Nel corso della riunione che abbiamo avuto al Viminale con la Ministro degli interni Luciana Lamorgese il 25 giugno, il quadro del territorio casertano registra un incremento di minacce. Questo ci ha portati ad avere l’esigenza di un collegamento sempre più stretto tra le prefetture e gli organismi di rappresentanza dei cronisti, soprattutto per inquadrare quel 67 per cento delle intimidazioni che resta senza una matrice definita”, ha dichiarato Claudio Silvestri, che ha partecipato alla riunione in rappresentanza della Fnsi.
Il 20 per cento del totale però è riconducibile alla criminalità organizzata e questo non può che preoccupare. Nella provincia di Caserta sono 12 i giornalisti ad oggi sotto protezione, di cui 3 sotto scorta. La Fnsi ha sottolineato anche l’esigenza “non solo per il territorio di Caserta”, di porre maggiore attenzione ai giornalisti precari, a coloro che hanno meno tutele e protezioni, che lavorano sul territorio e sono quindi più esposti alle minacce.
Giornalisti italiani minacciati anche dall’estero
Le minacce a cronisti italiani arrivano non solo dall’interno dei confini nazionali ma anche dall’estero. Un esempio: Malta ha tra i suoi drammi la morte della giornalista Daphne Caruana Galizia, assassinata nel 2017 per aver svelato i legami tra le mafie italiane, la criminalità internazionale e la corruzione dell’isola.
Una vicenda, quella sulla quale indagava, che si intreccia con il traffico di esseri umani, i migranti delle sponde settentrionali africane che cercano di arrivare in Europa. Quello del maltese Neville Galà, per anni uno stretto collaboratore del governo dell’ex colonia britannica, è un nome emerso dalle indagini della magistratura italiana sulle minacce nei confronti di Nello Scavo, cronista dell’Avvenire. Con le sue inchieste, Scavo era entrato nel “solco” lasciato da Daphne, svelando gli illeciti, le truffe, e la crudeltà nella gestione dei migranti e dei respingimenti, a Malta e non solo. “Tali minacce sono ancora più gravi perché Nello Scavo è già costretto ad una vita sotto scorta per via delle intimidazione ricevute dai trafficanti libici di esseri umani”, scrivono la Federazione nazionale della Stampa italiana e l’Associazione lombarda dei giornalisti. “Chiediamo al governo italiano di reclamare immediate spiegazioni, perché a nessuno può essere impunemente consentito di minacciare un cronista che sta svolgendo il suo dovere di illuminare le zone dell’oscurità”, dichiara Paolo Perucchini, presidente dell’Associazione lombarda dei giornalisti.
Che il governo maltese fosse poco avvezzo alla libertà di stampa l’avevamo (purtroppo) capito. Le minacce a @nelloscavo riaprono la ferita sulla meravigliosa #Daphne. A chi governa a #Malta dovremmo ricordare che in Europa il giornalismo è una ricchezza. Vergogna! pic.twitter.com/hZD45FtVzU
Le soluzioni dell’Osservatorio per tutelare i giornalisti minacciati
Mentre il pensiero dei giornalisti italiani che seguono le orme delle proprie inchieste anche all’estero vengano minacciati ci riporta a Mogadiscio in Somalia (quando il 20 marzo del 1994 Ilaria Alpi, giornalista del TG3, e il cameraman Miran Hrovatin vennero uccisi perché sulle tracce di un traffico internazionale legato ai rifiuti), sorge una domanda: di fronte a questa preoccupante escalation, confermata dai numeri raccolti dal Viminale, cosa fare?
La Federazione nazionale della stampa ha ottenuto dalla ministra dell’Interno che i dati dell’Osservatorio siano aggiornati con cadenza mensile o trimestrale, e non più annuale o semestrale, “così da orientare l’iniziativa coordinata di tutte le istituzioni e le associazioni di categoria”, spiega Giulietti. L’obiettivo è quello di promuovere incontri sui territori, a partire da Caserta, e in particolare nelle regioni considerate più a rischio, con il coinvolgimento delle prefetture, delle associazioni regionali di stampa e degli ordini regionali. “Il continuo incremento delle minacce via social, che raggiungono forme particolarmente gravi nei confronti delle giornaliste, richiede inoltre momenti di formazione congiunta con le strutture preposte della polizia postale, per comprendere la rilevanza quantitativa e qualitativa del fenomeno e studiare le più opportune forme di contrasto”, ha concluso Giulietti.
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