
Colorato, di stagione, in gran parte vegetariano: dagli antipasti al dolce, ecco come abbiamo composto il nostro menù di Pasqua ideale!
Lo denunciano gli attivisti di Feedback Eu che chiedono all’Ue di dimezzare gli sprechi alimentari entro il 2030 per affrontare la crisi climatica e migliorare la sicurezza alimentare.
L’Unione europea sprecherebbe 153 milioni di tonnellate di cibo all’anno, 15 milioni in più della quantità di cibo che viene importato dalla stessa. Sono le stime contenute in un report pubblicato da Stichting Feedback Eu, una fondazione indipendente no profit che vuole contribuire agli sforzi per proteggere l’ambiente in Europa.
Un’altra immagine contenuta nel rapporto che restituisce le dimensioni dello spreco alimentare è quella riguardante in particolare il grano, il cui approvvigionamento è stato messo in crisi dalla guerra russo-ucraina con rischi per la sicurezza alimentare in tutto il mondo: paradossalmente, quello che viene sprecato nell’Unione europea è pari a circa la metà delle esportazioni di grano dell’Ucraina e a un quarto delle altre esportazioni di grano dei paesi dell’Ue.
Il costo dello spreco alimentare per le imprese e le famiglie dell’Ue ammonterebbe a 143 miliardi di euro all’anno, mentre per quanto riguarda i costi ambientali, i rifiuti alimentari sono responsabili di almeno il 6 per cento delle emissioni totali di gas serra dell’Unione. E l’entità degli sprechi, sottolinea il rapporto, è tanto più preoccupante se si considera che nella Ue 33 milioni di persone non possono permettersi un pasto di qualità ogni due giorni.
Sette anni fa – ricorda Stichting Feedback Eu– la Commissione europea ha firmato l’obiettivo di sviluppo sostenibile 12.3 per dimezzare lo spreco alimentare entro il 2030, ma siamo ancora lontano dal traguardo. Ora la Commissione sta sviluppando proposte per obiettivi da raggiungere in materia di spreco alimentare per gli Stati membri e Stichting Feedback Eu insieme a 43 organizzazioni non profit verdi chiedono di inserire la riduzione del 50 per cento dei rifiuti alimentari entro il 2030 come vincolante e valido dalla fattoria alla tavola, ovvero non solo in ambito di ristorazione e domestico, dove vengono sprecate 43 milioni di tonnellate di cibo all’anno, ma anche in ambito produttivo, di trasformazione e di distribuzione del cibo dove si perdono 110 milioni di tonnellate di alimenti all’anno. È un obiettivo necessario per combattere la crisi climatica, sostenere la sicurezza alimentare, allinearsi con gli obiettivi di uguaglianza di genere e risparmiare denaro.
Proprio in vista degli obiettivi del Green deal europeo che riguardano lo spreco di cibo, il 2°Cross Country Waste Watcher International vuole essere un contributo per promuovere politiche pubbliche e private e iniziative internazionali di sensibilizzazione verso lo spreco di cibo. Si tratta di un’indagine firmata da Waste Watcher, International observatory on food&sustainability, promossa dalla campagna Spreco Zero di Last Minute Market con il monitoraggio Ipsos, realizzata in nove Paesi del mondo: Italia, Spagna, Germania, Francia, Regno Unito, Stati Uniti, Sudafrica, Brasile, Giappone. In occasione della Giornata sulla consapevolezza degli sprechi e delle perdite alimentari del 29 settembre sono state rilasciate alcune anticipazioni del report che verrà presentato il 16 ottobre quando si celebrerà il World Food Day.
L’edizione di quest’anno ha osservato in particolare in che modo e in che forme la cultura culinaria di ogni paese incide sullo spreco. Così è emerso che l’Italia con Germania, Spagna e Gran Bretagna guida la classifica dello spreco di frutta, l’alimento in assoluto più sprecato sul Pianeta. Il Brasile, invece, svetta nello spreco di cereali e riso cotti e di tuberi in generale. In Giappone, lo stile culinario porta a gettare maggiormente verdure, tuberi e cipolle. Pane fresco e frutta, infine, sono i prodotti che finiscono maggiormente nella spazzatura negli Stati Uniti.
In Italia gettiamo individualmente 30,3 grammi di frutta alla settimana, segue l’insalata con una media di 26,4 grammi pro capite, e il pane fresco con 22,8 grammi. Ci superano però gli Stati Uniti, con 39,3 grammi a testa, la Germania con 35,3 e il Regno Unito che si attesta su uno spreco settimanale di 33,1 grammi a testa. In tema di spreco della frutta vanno meglio il Sudafrica (11,6 grammi) o la Francia (25, 8 grammi). E ancora, in Italia gettiamo ogni settimana 21 grammi di verdure e ben 22,8 grammi di tuberi, aglio e cipolle. Mentre altrove, nella classifica degli alimenti più sprecati, entrano per esempio latte e yogurt (38,1 grammi settimanali negli Stati Uniti, 27,1 in Germania), o ancora gli affettati e salumi (21,6 grammi in Francia, 14,2 grammi settimanali in Giappone), ma anche riso e cereali che in Brasile si gettano per 27,2 grammi settimanali, o i cibi pronti che i giapponesi sprecano in misura media di 11,5 grammi settimanali.
Secondo i monitoraggi dell’Osservatorio Waste Watcher International, vale ben 4,02 miliardi di euro lo spreco di energia ‘nascosta’ nel cibo che abbiamo gettato lo scorso anno in Italia. Un costo che porta a circa 11 miliardi di euro complessivi il valore dello spreco alimentare nel nostro Paese. Lo stesso spreco alimentare domestico nel periodo equivalente del 2020 determinava una perdita economica a livello energetico di 1,61 miliardi di euro. Ridurre lo spreco alimentare determinerebbe una diminuzione non solo dell’impronta energetica, ma anche degli impatti ambientali, considerato che la maggior parte dell’energia usata nelle filiere agroalimentari è di origine fossile.
Siamo anche su WhatsApp. Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Colorato, di stagione, in gran parte vegetariano: dagli antipasti al dolce, ecco come abbiamo composto il nostro menù di Pasqua ideale!
Nelle scuole messicane è entrato in vigore il divieto governativo di cibo spazzatura per contrastare l’emergenza obesità nei bambini.
Secondo il World Happiness Report, la condivisione dei pasti contribuisce a un maggior benessere soggettivo e a livelli più elevati di supporto sociale.
La mancanza di uova negli Stati Uniti porta alla luce un problema importante per il sistema dell’industria alimentare. Una carenza di mercato che si dimentica degli animali.
Lo rivela uno studio che ha analizzato i dati della Corn Belt statunitense, dove si coltiva intensivamente mais ogm: i parassiti hanno sviluppato resistenza alla coltura transgenica.
Dalla gestione dell’acqua ai compost biologici innovativi, il Community learning centre di Dimmerpani è diventato un punto di riferimento per l’agricoltura resiliente. Un’esperienza di successo che parte dalle donne.
Diminuire, o escludere, le proteine animali dalla nostra alimentazione non solo fa bene ma è anche semplice.
Uno studio americano ha osservato l’associazione tra il consumo di cibi ultra-processati e il rischio di artrosi al ginocchio dovuto alla presenza di grasso accumulato nei muscoli delle cosce.
Nella Bassa California, la cooperativa Guardianas del Conchalito sta salvando la zona umida costiera di La Paz, dando un contributo alla mitigazione del clima e all’indipendenza delle donne.