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Giornata mondiale dell’alimentazione 2017, storie di migranti che hanno potuto scegliere di restare o di tornare
Una valigia carica di speranze, ma anche di paure e di solitudine. È quella che si porta dietro chiunque sia costretto a migrare, e l’immagine che la Fao ha scelto per illustrare, raccontando alcune storie, il tema della Giornata mondiale dell’alimentazione 2017.
La Giornata mondiale dell’alimentazione celebra l’anniversario della nascita della Fao, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura il cui obiettivo è sradicare la fame nel mondo. Quest’anno lo slogan è: Cambiamo il futuro delle migrazioni. Investiamo nella sicurezza alimentare e nello sviluppo rurale.
When #migration is not a choice, it’s often the result of: ➡️ Hunger ➡️ Impacts of #climatechange ➡️ Conflict. We can change this #WFD2017 pic.twitter.com/TSVwgQBEPW
— FAO Climate Change (@FAOclimate) 11 ottobre 2017
La scarsità di cibo è una delle cause principali che costringono le persone a migrare: alla povertà e alle guerre si sono aggiunti i cambiamenti climatici, che minacciano le produzioni agricole. Aiutando le popolazioni dei paesi che ne sono più colpiti ad affrontare queste problematiche si può offrire loro una scelta, quella di restare nella propria terra d’origine.
We need to invest in food security & #climateaction if we want a #zerohunger ? that only knows peace. #climatechange @grazianodasilva pic.twitter.com/8szbJHsHmR — FAOKnowledge (@FAOKnowledge) 12 ottobre 2017
La migrazione non è una scelta
Nel 2015 una persona su sette era un migrante. Migrare non è un piacere, non è una scelta: è una necessità. “Ti senti triste quando sei via da casa. Ti senti lontano dalla tua famiglia”, confida Paseano Gómez López, costretto a lasciare il Messico perché il terreno è poco fertile e la produzione troppo costosa. Siccità, temperature più alte, inondazioni e catastrofi naturali mettono sempre più a rischio le coltivazioni in moltissimi paesi, causando problemi non solo all’economia, ma prima di tutto all’alimentazione degli abitanti che si ritrovano a non avere altra scelta se non quella di spostarsi: a trasferirsi sono soprattutto i giovani che così facendo, però, sottraggono forza lavoro al proprio paese natale.
La speranza di poter restare nel proprio paese
“Prima di questo progetto, dovevamo comprare la verdura al mercato. Adesso abbiamo cominciato a coltivarla nei nostri campi. Abbiamo imparato molte cose dal progetto. Se impareremo di più, non sarà necessario andare all’estero. Ho la grande speranza che potremo lavorare con i nostri mariti nell’agricoltura”, sono le parole di Ashmita Tapa, che a soli ventuno anni ha preso parte al programma della Fao che aiuta tremila contadini del Nepal a fronteggiare le conseguenze dei cambiamenti climatici. Lei non è l’unica che lotta contro la fame: ogni sera una persona su nove va a letto affamata, nonostante il cibo che produciamo ogni giorno sia sufficiente a sfamare l’intera popolazione mondiale. Come Ashmita, anche Laxmi, Um e Byron hanno raccontato la loro storia in occasione della Giornata mondiale dell’alimentazione, spiegando quali sono i progetti della Fao nei loro paesi.
Il Nepal come frontiera del clima e avamposto di cambiamento: le storie di Ashmita e Laxmi
I mariti di Ashmita e Laxmi, entrambe nepalesi, si sono dovuti trasferire all’estero per cercare un lavoro. Le due ragazze si sono così ritrovate da sole, a dover sopravvivere ogni giorno in un paese che è tra i più colpiti dai cambiamenti climatici. La Fao è stata la loro unica fonte di speranza: hanno imparato tecniche di agricoltura e di allevamento sostenibili e più efficaci.
La guerra in Siria minaccia anche gli animali: ecco come la Fao ha aiutato Um Yazan
Prima della guerra, che dura ormai da sei anni e ha provocato almeno 321mila morti e 145mila dispersi, gli animali erano la principale fonte di sussistenza della famiglia di Um Yazan, siriana. E lo sono ancora adesso: “Non ci danno molto latte ma ci accontentiamo di quello che abbiamo”, sostiene la donna, che adesso vive in una tenda senza acqua né elettricità. Alla sopravvivenza del bestiame è strettamente collegata quella delle comunità rurali: per questo la Fao si impegna a salvaguardare la salute di bovini, ovini e caprini.
La storia di Byron Jerónimo, rinato grazie al caffè
Il caffè è una delle risorse principali del Guatemala, ma nel 2014 molte piantagioni sono state colpite dalla ruggine del caffè, una patologia che mette in serio pericolo la produzione. La Fao ha aiutato i coltivatori come Byron Jerónimo a far fronte alla minaccia. “La qualità della vita è migliore qui – afferma Byron, che ha deciso di puntare su una produzione interamente biologica – grazie al caffè e grazie all’ottimismo della gente nella nostra comunità possiamo svilupparci qui”.
In che modo la Fao aiuta le persone come Ashmita, Laxmi, Um e Byron
L’organizzazione delle Nazioni Unite mette in atto diverse strategie. Una di queste è la Climate-smart agriculture: le popolazioni maggiormente colpite dai cambiamenti climatici imparano a scegliere le colture più adatte al loro territorio, grazie a una serie di test. In questo modo possono coltivare quelle più resistenti alla siccità e alle malattie, che al tempo stesso non privano il terreno delle sostanze nutritive. In più, la Fao promuove l’agricoltura sostenibile per ridurre la produzione di gas serra. Per quanto riguarda l’allevamento, da una parte si cerca di privilegiare le specie che sono maggiormente adattabili, dall’altra vengono attuati dei programmi per la prevenzione e il controllo delle malattie – specialmente in Siria, dove la Fao ha salvato più di un milione di pecore e capre e almeno 65mila bovini con l’aiuto di veterinari locali. Nel caso delle guerre l’assistenza avviene anche nei momenti successivi al conflitto, dato che i migranti che fanno ritorno al proprio paese devono ricominciare tutto daccapo.
Loro ci hanno creduto. E voi?
Quando prepariamo la valigia, solitamente ci aspetta qualcosa di bello: un po’ di relax al mare, un weekend con gli amici, un’opportunità di lavoro. A volte decidiamo di salire su un aereo e non tornare più, perché abbiamo trovato un posto dove ci sentiamo a casa. C’è chi, però, una casa ce l’ha già e non la vorrebbe lasciare per nulla al mondo, ma nonostante questo è costretto a fare la valigia e andare alla ricerca di un luogo dove il cibo non manca. Uno degli obiettivi di sviluppo sostenibile che le Nazioni Unite intendono raggiungere entro il 2030 è la fine della fame nel mondo: sembra un’utopia, qualcosa in cui tutti sperano ma in cui nessuno crede davvero. Eppure Ashmita, Laxmi, Um e Byron ci hanno creduto. E hanno fatto bene.
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