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Giornata contro la violenza sulle donne, il gender gap inquina anche il mondo dello sport
Per la Giornata contro la violenza sulle donne, una ricerca evidenzia come le atlete ricevano, soprattutto online, un trattamento diverso, discriminatorio rispetto ai colleghi uomini.
Il 25 novembre ricorre la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1999, la giornata ci ricorda come questo fenomeno ricada nell’ambito della violazione dei diritti umani, aggravando le disuguaglianze di genere. Sul tema della sensibilizzazione molto è stato fatto negli ultimi anni, eppure il gender gap, il divario di genere, è ancora forte in diversi ambiti della nostra società: anche nel mondo dello sport, se si analizzano ad esempio le conversazioni sui social network.
Contro le atlete insulti e molestie verbali
Su questo aspetto si concentra Social Athletes, una ricerca condotta da Dazn insieme a Blogmeter, che ha analizzato 2 miliardi di documenti online a quasi 2.000 commenti a cavallo tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020.
Lo studio si è concentrato sui profili social di sei atleti, tre uomini e tre donne, protagonisti negli stessi sport – calcio, tennis e pallavolo – e molto seguiti sul web. L’obiettivo era quello di indagare se ci fossero differenze nel modo di parlare di questi sportivi a causa della differenza di genere. E il risultato è sconfortante: dei 570mila messaggi complessivi analizzati, l’82 per cento è dedicato agli uomini, mentre le sportive sono state bersaglio costante di violenza psicologica attraverso insulti, molestie verbali e un linguaggio spesso volgare.
Ma al di là del grado di attenzione generale, è la qualità dei messaggi stessi a balzare all’occhio. Per le donne quasi un commento su quattro (24 per cento) si concentra sull’aspetto fisico, contro il 9 per cento dei colleghi maschi; e anche in relazione a post che celebrano un’importante vittoria, se gli uomini ricevono il 65 per cento dei commenti relativi all’impresa, per le donne la percentuale crolla al 45 per cento.
Più in generale, quasi un contenuto su dieci rivolto alle atlete è molesto; persino rispetto a due atleti colpiti dal coronavirus, la reazione degli utenti è stata molto diversa: incoraggiamento per l’uomo e accuse di voler spettacolarizzare la malattia per la donna. “La ricerca – spiega Veronica Diquattro, chief revenue officer Europa di Dazn – evidenzia come il percorso che porta alla parità di genere sia ancora lungo, nonostante le atlete, così come le manager e le imprenditrici del mondo dello sport, dimostrino con fatti e risultati il loro inequivocabile valore”.
Violenza sulle donne, un fenomeno in crescita
Anche il mondo dello sport, in sostanza, sembra inquinato da un fenomeno sociale in costante ascesa: secondo i recentissimi dati diffusi dalla Polizia di Stato, in Italia le persone che compiono violenza sulle donne causano 88 vittime al giorno, una ogni 15 minuti; si va dai maltrattamenti allo stalking, fino alle violenze sessuali e ai femminicidi: nel 2021 già se ne contano 109, con un aumento di otto punti percentuali rispetto all’anno scorso.
Una battaglia da vincere anche attraverso l’affermazione della parità di genere, un tema sul quale l’universo sportivo ha mosso recentemente degli importanti, sia pur faticosi, passi in avanti. È il caso dell’apertura al professionismo negli sport femminili, che potrà essere deliberato dalle federazioni nazionali entro il 2 marzo del 2022, per poi diventare definitivo entro la fine dell’anno; il Decreto legislativo – approdato in Gazzetta ufficiale lo scorso marzo – ha istituito il fondo per il professionismo negli sport femminili, del valore complessivo di 10,7 milioni di euro: le federazioni sportive nazionali che intendono accedervi, dovranno deliberare il passaggio al professionismo sportivo di campionati femminili. In Brasile, intanto, la federazione calcistica ha deciso di introdurre la parità nei premi e indennità concessi a calciatrici e calciatori delle squadre nazionali: un passo importante, anche se a livello di club restano differenze abissali nei compensi. L’annullamento del gender gap passa anche da qui.
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