Il Pnrr potrebbe aprire una stagione diversa per gli investimenti a impatto nel nostro paese. Parola di Giovanna Melandri, presidente di Human foundation e Social impact agenda per l’Italia.
Se indirizzati verso i reali bisogni del pianeta e della società, gli investimenti – pubblici e privati – hanno un immenso potenziale di trasformazione. Se è così, perché non misurare in modo oggettivo i loro risultati? E perché non fare in modo che intervenire sui problemi della società e del territorio sia anche una scelta vantaggiosa dal punto di vista economico? In Italia, una delle più autorevoli fautrici di questo approccio è Giovanna Melandri, ex-ministra per i Beni e le attività culturali dal 1998 al 2001 e per le Politiche giovanili e le attività sportive dal 2006 al 2008, oggi presidente della fondazione Maxxi. Oggi Melandri presiede due diverse realtà che si occupano proprio di innovazione sociale e finanza a impatto: il think tank Human foundation e l’associazione Social impact agenda per l’Italia, il network che riunisce gli operatori italiani degli investimenti a impatto. L’abbiamo intervistata.
In che modo gli investimenti sostenibili possono supportare la ripresa post-Covid? Il mondo della finanza sostenibile nasce come grande prospettiva di sviluppo dopo la crisi finanziaria del 2009. Non siamo in una fase di post-pandemia ma in una fase di sindemia, cioè di crisi plurali: c’è la Covid-19, c’è l’energia, c’è il clima, c’è anche la riscrittura delle regole di una finanza che pochi anni fa implose per la vicenda di Lehman Brothers. Io preferisco parlare di finanza a impatto, perché la parola “sostenibile” è bellissima ma sta perdendo di chiarezza. Preferisco parlare di una exit strategy da un capitalismo finanziario che non genera valore e non ci dà risposte alle crisi sindemiche.
Gli strumenti possibili sono tanti. Sul fronte della finanza pubblica, con il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) si sta aprendo una grande stagione di investimenti (con risorse a debito, va ricordato). Secondo me, calare in questo contesto il modello impact significa introdurre sulle linee di utilizzo del Pnrr appositi strumenti di valutazione d’impatto sociale, ambientale, di parità di genere, territoriale e così via. Questa è la vera sfida. Non possiamo permetterci che il Pnrr non generi impatti percepibili, misurabili e addizionali rispetto alle traiettorie business as usual della nostra economia.
Poi c’è il capitolo della finanza privata. Oggi le masse finanziarie investite nel mondo sono pari a 130-140mila miliardi di dollari. Di questi, circa 40mila miliardi di dollari si auto-definiscono Esg compliant, cioè attenti ad ambiente, società e governance. Poi c’è la finanza a impatto, cioè quella che vuole ottenere intenzionalmente un impatto positivo misurabile e addizionale rispetto a un investimento tradizionale. Dieci anni fa valeva 40-50 miliardi di dollari, una goccia nell’oceano; oggi è arrivato a mille miliardi di dollari.
L’Unione europea ci sta indirizzando in questo senso? La leadership europea è molto importante. Nel 2019 l’Unione ha emanato il regolamento 2088 che stabilisce con precisione cosa sono gli investimenti Esg negative, cioè quelli che non dovrebbero produrre danni; Esg positive, che hanno performance superiori a quelle usuali; e infine impact, cioè finalizzati a generare impatti positivi, misurabili e addizionali. La nuova regolamentazione ci aiuta perché produce delle tassonomie; quella ambientale è già stata emanata, entro il 2022 sarà definita anche quella sociale. Perché la grande infrastruttura intangibile di tutto questo sistema è la misurazione dell’impatto, che è ciò che Human foundation fa da dieci anni. La tassonomia permetterà proprio di confrontare gli investimenti e sconfiggere il nemico pubblico numero uno, cioè il greenwashing e il social washing, la dichiarazione che non corrisponde alla realtà.
Social impact agenda per l’Italia, che lei presiede, ha messo a punto dieci raccomandazioni su come valorizzare l’occasione offerta dal Pnrr per costruire un’economia più inclusiva e sostenibile. Può citarne alcune? Queste dieci raccomandazioni derivano da un lavoro molto profondo e molto esteso. Ne cito tre. La prima: introdurre dei meccanismi di valutazione d’impatto e due diligence sull’impatto sociale e ambientale di tutti gli investimenti del Pnrr. Chiediamo anche che il capital gain di un fondo a impatto sia sottoposto a una tassazione agevolata. Ne dico una terza: orientare gli investitori istituzionali, in primis i fondi pensione, verso gli investimenti a impatto.
Il Pnrr dà ampio spazio al welfare, un welfare che potrebbe essere finanziato anche attraverso gli strumenti pay by result. Cosa sono? La logica sottostante agli strumenti pay by result, come i social impact bond, è questa. Ci sono risorse pubbliche (nazionali, statali, regionali o territoriali) che vengono destinate a obiettivi di welfare inteso in senso ampio, per esempio nella scuola, nella salute, nell’inclusione sociale, nella cultura. Risorse che vengono erogate sulla base di un meccanismo di verifica degli obiettivi e dei risultati, per esempio la riduzione del tasso di abbandono scolastico di un territorio o del tasso di recidiva di una struttura carceraria. Sto citando esperienze reali di social impact bond che stanno funzionando nel mondo. Oppure pensiamo alle politiche attive per il lavoro. In questi mesi si parla tanto di reddito di cittadinanza: personalmente credo che sia uno strumento importante, da correggere però con dei meccanismi pay by result.
Una volta definito l’obiettivo, tipicamente si affida il programma di intervento a un soggetto privato. Quest’ultimo sa che il capitale investito gli sarà restituito, ma solo se avrà raggiunto l’obiettivo. Il rendimento sarà calcolato anche in base al risparmio di risorse pubbliche reso possibile da quella politica di prevenzione.
Quali sono i vantaggi? Innanzitutto si stimola il settore privato a riorientare i suoi investimenti verso una dimensione sociale. Poi le risorse pubbliche vengono erogate soltanto se il risultato è realizzato, il che è un grandissimo incentivo a ridurre sprechi e inefficienze. Il terzo vantaggio sta nel fatto che, oggi, nel mondo del welfare spesso si procede tramite bandi che hanno una scadenza limitata. Con gli strumenti pay by result, invece, la prospettiva diventa più lunga.
A che punto è l’adozione degli strumenti pay by result in Italia? Sui social impact bond noi di Human foundation abbiamo avviato diversi progetti che, però, hanno incontrato parecchie resistenze. Da un lato c’è una pubblica amministrazione ancora impreparata a gestire le risorse sulla base del risultato; dall’altro lato c’è l’inerzia di una parte della cooperazione sociale; poi c’è un settore privato che si è abituato a utili di tipo speculativo e fatica ad accettare quelli, più moderati, dei social impact bond.
C’è però da dire una cosa. Seppure in modo differente rispetto a quanto ho appena descritto, anche il Pnrr potrebbe essere paragonato a un meccanismo pay by result tra Stato e Unione europea. Noi infatti dobbiamo presentare all’Unione non solo le rendicontazioni degli investimenti, ma anche gli obiettivi, missione per missione, e la prova che siano stati raggiunti. Credo che oggi si apra una stagione diversa perché per il Pnrr questa valutazione dei risultati è d’obbligo, altrimenti l’Unione si riprende i suoi fondi. Il mio auspicio è che si parta da qui e, piano piano, l’amministrazione inizi a fare proprio questo meccanismo.
Il Green Deal europeo e i piani di ripresa post-Covid incideranno sulla finanza sostenibile? L’abbiamo chiesto a Davide Tentori, ricercatore dell’Ispi.
La finanza sostenibile cresce, ma il nostro Pianeta resta in crisi. Eurosif, il Forum europeo per gli investimenti sostenibili e responsabili, propone alcune vie d’uscita.
La finanza sostenibile crea valore nel lungo periodo, sia per l’investitore sia per il Pianeta e la società. Un approccio che riscuote sempre più successo.