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Giro giro tondo, il legame speciale tra design e bambini in mostra alla Triennale di Milano
È tutta dedicata ai bambini e al design ispirato al loro modo di guardare e vivere il mondo la mostra Giro Giro Tondo – Design for Children, inaugurata alla Triennale di Milano e aperta fino a febbraio 2018
A raccontare il legame speciale tra design e pedagogia è la mostra Giro giro tondo – Design for children al Triennale design museum di Milano che dedica la sua decima edizione proprio “al design e all’architettura che hanno lavorato per i bambini, ai giochi e alle immagini che li hanno divertiti e raccontati, agli spazi in cui si sono mossi, agli oggetti che hanno manipolato”. La rassegna inaugurata l’1 aprile rimarrà allestita fino al 18 febbraio 2018, portando avanti la missione della Triennale di raccontare la storia e il cuore del design italiano attraverso allestimenti e temi sempre nuovi.
Giro giro tondo, la mostra delle meraviglie
Uno degli aspetti vincenti di Giro giro tondo è che si tratta di una mostra sia per i piccoli sia per i grandi. E questo non soltanto per la sua capacità di stupire con le scelte espositive e narrative ma perché è un luogo in cui giocare, interagire, ricordare e imparare. Come le scritte “memoria” e “immaginario” suggeriscono fin dall’ingresso. Un luogo in cui fiaba e realtà si incontrano grazie all’allestimento pensato dal direttore artistico Stefano Giovannoni che per traghettare i visitatori all’interno ha chiamato all’appello l’immagine-logo della mostra: il mitico Quadratino, personaggio inventato nel 1910 da Antonio Rubino per il Corriere dei piccoli e qui rivisitato dal designer Giorgio Camuffo.
Un’intera parete ritrae la testa del dispettoso personaggio di Rubino il cui naso diventa porta d’ingresso per accedere alla mostra. Varcata quella ad accogliere i visitatori è la stanza della Ouverture, una sorta di prologo dedicato al design ludico, in cui a fare capolino sono le versioni oversize di celebri icone pop come il Cactus psichedelico e la Bocca sofà di Gufram, la Rabbit Chair di Qeeboo, lo sgabello-tavolino Attila disegnato da Philippe Starck per Kartell, la coloratissima poltrona Proust di Mendini, il portauovo Cico dello stesso Giovannoni, la sedia Piede di Gaetano Pesce e persino un maxi Merdolino di Alessi. Ingigantire gli oggetti richiama “un leitmotiv presente in molti racconti per l’infanzia da Alice nel paese delle meraviglie a I viaggi di Gulliver”, spiega Giovannoni.
Bambini e design, dagli arredi alle immagini
Lungo tutto il percorso un tappeto verde di resina antitrauma, come quella usata nei parchi gioco, accompagna i visitatori in cinque grandi sezioni dedicate al rapporto dei bambini con gli oggetti e gli arredi, con i giochi, con l’architettura delle scuole, con i segni, le immagini e la grafica e infine con l’educazione.
A queste si intervallano spazi dedicati a persone e personaggi di spicco nel campo del design in relazione all’infanzia e alla pedagogia: da Fortunato Depero, a Bruno Munari, da Riccardo Dalisi a Pinocchio. Non mancano anche focus su temi centrali alla cultura dell’infanzia: dall’animazione nel cinema e nella pubblicità alla scrittura e il disegno.
Munari e Depero, due numi tutelari d’eccezione
Munari e Depero danno il benvenuto agli ospiti all’inizio del percorso attraverso due installazioni a loro dedicate. La celebre immagine di Munari che guarda il mondo attraverso due bicchieri diventa una gigantografia nell’opera di Alberto Quercetti realizzata con un milione di chiodini e che cambia metaforicamente aspetto a seconda della prospettiva da cui la si guarda.
Depero è presente invece con un Teatro dei balli plastici (1918), una delle prime sperimentazioni di teatro d’avanguardia basato sul principio secondo il quale gli attori “sono marionette dai movimenti meccanici e rigidi che richiamano i valori dell’infanzia, del sogno, del magico”.
A Pinocchio, il celebre personaggio di Carlo Collodi è dedicata un’area dove un gigantesco libro diventa scaffale su cui ammirare numerose versioni del burattino di legno. Proprio qui a inghiottire tutti è una balena che nel suo ventre non nasconde Pinocchio e Geppetto ma un piccolo cinema in cui potersi immergere in una delle attività più amate dai bambini: la visione dei cartoni animati.
Il bambino è il centro del mondo
Se nella passata edizione il tema scelto dalla Triennale era tutto al femminile con la mostra W. Women in italian design questa volta “il vero protagonista di questa nuova edizione è il bambino: lo è in quanto persona e in quanto punto di vista sul mondo e sulle cose”, spiega l’ideatrice Silvana Annicchiarico che dal 2007 è direttore del museo.
“Nasce dalla volontà di indagare il nesso fra il design e l’infanzia, fra cultura del progetto e cultura pedagogica, là dove il nesso è più forte e più stretto. Cioè là dove il design si è messo al servizio degli educatori e dove gli educatori hanno chiesto ai designer e agli architetti di progettare oggetti e spazi (o di ideare processi) utili alle loro pratiche formative”.
Dunque il bambino visto e raccontato non tanto come “utilizzatore” dei beni ma come vero e proprio “soggetto autonomo di storie, di sguardi e di scelte”. Quello stesso bambino che ogni adulto dovrebbe ricordare d’esser stato e che invece viene spesso ridotto e male interpretato dalle codifiche dei grandi.
E proprio sulla scia della celebre affermazione inserita da Saint-Exupéry ne Il piccolo principe – “Tutti i grandi sono stati bambini una volta. Ma pochi di essi se ne ricordano” – questa edizione del Triennale design museum tenta, sempre nelle parole di Annicchiarico, di “intrecciare la storia del design italiano con la storia del bambino in Italia”, dando voce e spazio “all’altra faccia dell’ adultità italiana: quella che non solo ricorda bene di esser stata bambina ma che alla parte bambina di sé ha dedicato e dedica intelligenza, cura, attenzione e amore”. Ecco allora Munari, Depero ma anche le citazioni di Maria Montessori ed Enzo Mari, il cui Gioco delle favole è ancora oggi considerato uno dei più interessanti per stimolare la creatività infantile. A dimostrazione che se le mode cambiano, la fantasia dei bambini resta sempre la stessa.
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