Informazioni utili, spunti e itinerari per conoscere Ferrara e i suoi dintorni in bicicletta: dal tour lungo le mura in centro città alla ciclovia sul Po. Tante idee per una pedalata invernale.
Il Giro d’Italia? Per noi è l’occasione di conoscere meglio le nostre foreste
Un rituale collettivo di conoscenza del nostro Paese: il Giro d’Italia ci permette di scoprire ogni anno le realtà paesaggistiche italiane.
Se provate a parlare di foreste e ciclismo ad un vero appassionato di corse in bicicletta, lui vi risponderà, molto probabilmente, che di foresta, per il ciclismo, ce n’è una sola. Si trova in comune di Wallers, nel nord della Francia, il suo nome è Foresta di Arenberg: il tratto boscato più famoso del ciclismo mondiale, uno dei settori in pavé più difficili e spettacolari della Parigi-Roubaix, l’imperdibile “classica monumento” fatta di pietre e fango definita, non a caso, L’inferno del nord. È stato un bosco a servizio di attività minerarie quello di Arenberg, intensamente sfruttato nel passato per i bisogni delle miniere. Poi ha subìto tagli indiscriminati durante le due guerre mondiali.
Ma oggi è una cornice verde che si mostra maestosa e lussureggiante in mondovisione. Il bosco è un ecosistema resiliente, ovvero resiste, si adatta, cambia e riparte anche dopo grandi ferite: una silenziosa lezione validissima anche per chi corre in bicicletta. Tutti parlano di quella foresta nel giorno della Roubaix, giornalisti e meccanici, corridori e direttori sportivi. I tifosi la aspettano ansiosi, incollati agli schermi dei televisori. I ciclisti professionisti ne hanno paura, un timore reverenziale che è al tempo stesso il richiamo inebriante di una sirena che non canta dagli scogli, ma da pietre e alberi. Il motivo del mito di Arenberg è molto semplice: in quel tratto di pavé così difficile, duro, disumano, spesso si decide la corsa. Per alcuni è lo slancio verso una possibile vittoria che può valere un’intera carriera, per altri un baratro da cui è impossibile risalire.
Le foreste del Giro d’Italia
Noi però siamo convinti che c’è anche qualcos’altro che rende Arenberg un luogo magico ed è il suo essere, semplicemente, una foresta. Se quei 2,5 chilometri di delirio sulle pietre fossero in mezzo ad un campo o ad un paese non sarebbe la stessa cosa. Perché il bosco, da sempre, suscita un fascino particolare in tutti noi. Si tratta forse di un richiamo ancestrale, che viene dal tempo antico in cui sulle piante vivevamo, da quando nei boschi vagavamo scalzi in cerca di cibo e riparo, da quando dal bosco abbiamo iniziato a prendere legno per il fuoco e per le prime costruzioni, dando così il via allo sviluppo delle nostre società. Il bosco è parte di noi, anche se passiamo la maggior parte del tempo lontani da alberi e selve.
I servizi ecosistemici dei boschi sono fondamentali per le nostre vite, dalla biodiversità a quel miracolo di materia prima rinnovabile che si chiama legno; dalla potabilizzazione dell’acqua alla protezione idrogeologica; da funghi, frutti ed erbe che costellano la nostra tradizione culinaria fino allo spazio tanto agognato per una camminata o una pedalata nella natura. I boschi sono, ancora oggi, al tempo stesso casa e magazzino, dispensa e centro benessere, ambiente, paesaggio, economia e mai come oggi sono importanti in quanto serbatoio di carbonio e di biodiversità. E i boschi, per fortuna, ci circondano, sono ovunque attorno a noi, tanti e diversissimi tra loro. Raddoppiati di superficie nell’ultimo secolo, oggi coprono oltre un terzo d’Italia, tant’è che risulta praticamente impossibile percorrere un lungo tratto di strada senza osservare, vicino o poco lontano, il profilo di una foresta. Ecco perché dovreste rispondere a tono a quell’appassionato di corse in bicicletta che vi ha apostrofato che, nel ciclismo, di foresta ce n’è una sola, che essa si trova in Francia, la Foresta di Arenberg.
Eh no! Pensaci bene, caro appassionato di corse in bicicletta. Pensa alla corsa che più ami, che attraversa il tuo Paese in lungo in largo, quella che tinge le strade di rosa. Il Giro, sì, proprio lui, il Giro d’Italia! Quella corsa che dal 1909 scalda gli animi degli italiani, di cui ti ha narrato sicuramente un nonno o uno zio, citando nomi che solo a pronunciarli vengono i brividi: Girardengo, Binda, Guerra, Bartali, Coppi, Gimondi, Moser, Saronni, Bugno, Pantani… Pensaci con attenzione, caro appassionato di corse in bicicletta, ricorda gli scatti che più ti hanno emozionato, le fughe che ti hanno fatto salire il cuore in gola e ora chiediti: qual è stato lo sfondo di quei gesti atletici?
Scoprirai che molto spesso in quello sfondo si stagliano alberi e boschi, perché l’Italia è un Paese coperto di foreste: estesissime sulle montagne, a macchia di leopardo nelle colline miste a campi, vigneti e uliveti, a strette strisce lungo le coste. Siamo convinti che seguire il Giro d’Italia non sia soltanto una cosa da appassionati di sport e biciclette. Il Giro, da sempre, è un rituale collettivo di conoscenza del nostro Paese e al tempo stesso una grande metafora di viaggio, anche interiore. Lo sapeva bene il grande scrittore e giornalista Dino Buzzati, che raccontò a suo modo il Giro del 1949 in un reportage a tappe straordinario, scrivendo: “Guardateli, mentre pedalano tra campi, colline e selve. Essi sono pellegrini in cammino verso una città lontanissima che non raggiungeranno mai: simboleggiando in carne ed ossa, come in un quadro di pittore antico, la incomprensibile avventura della vita. E questo è romanticismo puro”. Crediamo che il Giro d’Italia, tra i suoi tanti e diversi significati, possa assumere anche quello di farci avvicinare ai nostri boschi, che spesso ignoriamo ma dai quali ancora oggi, come agli albori della civiltà, dipendiamo strettamente. Per questo, durante le tre settimane del Giro, abbiamo scelto di raccontarveli.
Tre settimane pedalando tra gli alberi
Boschi e foreste coprono il 36 per cento del territorio italiano (nove milioni di ettari di boschi e due milioni di ettari di arbusteti, boscaglie e macchia) e sono in costante espansione, con un incremento di oltre il 70 per cento dal secondo dopoguerra, dovuto soprattutto all’abbandono di aree agricole marginali. I boschi più estesi sono quelli di latifoglie, come le querce, ben visibili nelle tappe “mosse” di collina, adatte agli scatti fulminanti sui “muri” di cui l’Italia è ricca. Nelle tappe dolomitiche faranno invece bella mostra di sé i boschi delle conifere montane, come abete rosso e bianco, larice, pino cembro e silvestre, sfondo ideale gli scatti dei più favoriti ad indossare la maglia rosa. Quattro le specie che formano oltre il cinquanta per cento del volume dei boschi italiani e che compariranno ripetutamente sullo sfondo della corsa rosa, da sud a nord: il faggio, l’abete rosso, il castagno e il cerro. Ma le foreste italiane sono anche tra le più ricche di biodiversità a livello europeo: le specie arboree autoctone sono infatti ben 117, ovvero due terzi del totale europeo, di cui venti endemiche e otto minacciate. Attenzione però, ben il 35 per cento delle foreste italiane è sottoposto a tutela ambientale (Parchi, Riserve o Natura 2000, con quasi la metà che presenta un doppio regime di tutela), facendo così del nostro Paese uno di quelli con la più alta percentuale di foreste protette in Europa. Un simbolo della tutela ambientale italiana è il Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, che lo scorso anno, insieme a quello del Gran Paradiso, ha compiuto cento anni di vita e che sarà attraversato nella tappona appenninica che porterà in cima a Campo Imperatore, all’interno di un altro Parco nazionale, quello del Gran Sasso e Monti della Laga.
Nelle foreste del nostro Paese non mancano però le minacce. L’impatto della crisi climatica sugli ecosistemi forestali nazionali è in forte aumento, con periodi di siccità sempre più lunghi, un aumento della frequenza degli incendi, delle tempeste di vento estreme e degli attacchi parassitari, con conseguenze gravi per la biodiversità oltre che notevoli costi di gestione e ripristino. In un quarto dei boschi italiani, almeno il trenta per cento degli alberi è stato danneggiato dagli eventi legati al riscaldamento globale. Gli incendi sono il principale fattore di degrado degli habitat forestali in Italia: tra il 2010 e il 2019 sono bruciati 621.500 ettari, la maggior parte dei quali in seguito a cause legate alla distrazione, a un uso errato del fuoco, o al dolo. Il 2021 è stata l’ultima grave stagione degli incendi in Italia, con circa 160mila ettari di bosco andati in fumo, ovvero quattro volte la media di quanto bruciato fra il 2008 ed il 2020. Nel tempo gli incendi stanno diventando anche sempre più intensi, fino a formare i cosiddetti mega-incendi, difficili da spegnere anche con i mezzi aerei più moderni. Il passaggio della carovana del Giro vicino alle foreste del Vesuvio, gravemente colpite dal fuoco nella torrida estate 2017, ci darà occasione per parlare degli incendi e di come prevenirli davvero.
E naturalmente il Giro toccherà anche le foreste dolomitiche danneggiate dall’ultima grave tempesta di vento sul territorio nazionale, la tempesta Vaia, che nell’ottobre 2018 ha abbattuto quasi venti milioni di alberi su un territorio di 42.500 ettari, oggi oltre raddoppiati a causa dei danni dovuti dall’infestazione del bostrico, un insetto che attacca gli abeti rossi sotto stress a causa non solo dei danni di Vaia, ma anche dei periodi di siccità e che è favorito da inverni sempre meno rigidi. Vi racconteremo questi eventi, e cosa possiamo fare per prevenirli, durante la terza settimana di corsa. Infine, l’Italia non è solo boschi che crescono. Nella Pianura Padana, intorno alle grandi città, domina il consumo di suolo e di alberi e boschi ci sarebbe un gran bisogno per affrontare gli effetti dal riscaldamento del clima come trovare fresco nella calura estiva, pulire l’aria, contrastare l’effetto dei nubifragi sul rischio alluvionale urbano. Riconnettere foreste distanti tra loro con nuovi corridoi verdi comporta molto più che piantare alberi (anche se in Italia dovremo piantarne quasi duecento milioni entro il 2030). Alcune città in Italia stanno ripensando la presenza degli alberi nel tessuto urbano e sono all’avanguardia nel mondo. La passerella finale di Roma ci accompagnerà non solo alla celebrazione di chi avrà addosso la maglia rosa dopo l’avventura del Giro, ma anche alla scoperta delle foreste urbane d’Italia.
Un invito a scoprire i boschi d’Italia
Le foreste del ciclismo sono tante, non c’è solo Arenberg. Troppo spesso, davanti alla tv, restiamo insensibili ai paesaggi boscati che vengono attraversati dalla “carovana rosa”, così come rischiamo di non accorgerci delle foreste vicino alle quali passiamo ogni giorno, né tantomeno dei servizi ecosistemici di cui costantemente beneficiamo. E allora… perché non cogliere l’occasione del Giro? Quest’anno la corsa rosa, arrivata all’edizione numero 106, partirà sabato 6 maggio da Fossacesia Marina, sulla costa adriatica abruzzese: non proprio una partenza “forestale”! Al via ci saranno 176 corridori schierati in 22 squadre che inizieranno ad attraversare montagne boscose dalla quarta tappa, con l’arrivo nella cornice del Lago Laceno, circondato dal verde. La carovana del Giro si trasferirà così nella costa tirrenica, lungo le pendici del Vesuvio graffiate da grandi incendi per poi entrare nel “cuore del verde dell’Appennino”: i boschi d’Abruzzo, il Gran Sasso e l’Umbria, con salite che già faranno selezione e potrebbero fare assaporare il gusto della maglia rosa ad uno dei grandi favoriti. Dopo una cronometro pianeggiante ai bordi della costa romagnola il Giro tornerà ad immergersi nei boschi all’inizio della seconda settimana di gara, attraversando i castagneti della Garfagnana e le pinete di San Rossore. Un breve passaggio tra i boschetti delle Langhe e la Pianura Padana, dove i corridori sfileranno tra dritte file di pioppi, e si tornerà a salire, tra le foreste di montagna della Valle d’Aosta, quelle del Canton Vallese (durante lo sconfinamento in Svizzera) e delle valli bergamasche. A questo punto i giochi per la classifica finale saranno già entrati nel vivo, si capirà ormai chi il Giro proprio non riuscirà a vincerlo, ma sarà la terza e ultima settimana, come sempre, quella decisiva (e, tra l’altro, quella più forestale!). Si ripartirà dalle pendici del Monte Bondone, in Trentino per poi immergersi tra i faggi del Cansiglio e arrivare infine, dopo la classica traversata dolomitica, in cui le foreste di abete rosso appariranno fragili a seguito del passaggio della tempesta Vaia e la diffusione del bostrico, alla foresta di Tarvisio, la più grande foresta demaniale d’Italia. La cronometro finale (tra i pini di Roma) dovrebbe ormai essere soltanto una “passerella”: a quel punto la maglia rosa sarà ben salda sulle spalle del vincitore finale. Sarà il belga Evenepoel, campione del mondo in carica? Oppure Roglic, lo sloveno (ex sciatore) già vincitore, quest’anno, della Tirreno-Adriatico? Oppure vivremo una bella sorpresa, con un outsider che immaginiamo sbucare in fuga, da solo, dal manto verde di una delle tante foreste di Appennini e Alpi?
Uno stadio naturale, tra strade e boschi
Qualcuno ha scritto che se c’è una cosa bella del ciclismo su strada è che per assistere a questo sport non bisogna andare a vederlo chiudendosi in un palazzetto o in uno stadio. È il ciclismo, attraverso i suoi percorsi, che viene a trovarci sulle nostre strade, quelle che percorriamo ogni giorno, immerse nei nostri territori. Le immagini trasmesse in mondovisione in occasione del Giro d’Italia ci raccontano ogni anno la variegata realtà paesaggistica del nostro Paese, regalandoci panorami spettacolari, scorci di borghi tradizionali, città, campi coltivati, pascoli e, soprattutto, foreste: diversissime tra loro e, proprio per questo, ricche di biodiversità, legate indissolubilmente da millenni alle attività umane e quindi, oggi, laboratori a cielo aperto di sostenibilità. Il Giro d’Italia non è solo sport, è territorio, nel senso più ampio del termine. Seguirlo significa anche scoprire l’Italia e noi crediamo che possa essere un ottimo modo per conoscere meglio il più sconosciuto dei tesori del nostro Paese: le foreste. In queste tre settimane ve le racconteremo, curva dopo curva, salita dopo salita, scatto dopo scatto, da una montagna all’altra, lungo un Giro d’Italia parallelo: un Giro forestale d’Italia.
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