Secondo il dossier Stop Pesticidi nel piatto 2025 di Legambiente, su 4.682 campioni di alimenti, il 48 per cento contiene residui di sostanze chimiche.
Lo dimostra uno studio effettuato dall’Istituto Ramazzini di Bologna. L’erbicida minaccia la diversità della flora batterica intestinale con possibili conseguenze sulla salute.
Il glifosato può alterare il microbiota dell’intestino anche a basse dosi: lo conferma una nuova ricerca dell’Istituto Ramazzini di Bologna effettuata all’interno del Global Glyphosate Study, uno studio multicentrico internazionale condotto dallo stesso istituto insieme a partner globali e lanciato con l’obiettivo di fornire una valutazione più completa degli effetti tossici, cancerogeni e riproduttivi dei diserbanti a base di glifosato.
L’esperimento ha testato il glifosato e due formulati commerciali, quello europeo Roundup BioFlow e quello americano RangerPro, su alcune cavie utilizzando diverse dosi a partire da quelle attualmente ammessa in Europa. I risultati hanno mostrato che i pesticidi a base di questa sostanza hanno alterato significativamente il microbioma intestinale, in particolare riducendo la diversità batterica, una condizione associata a diverse conseguenze negative per la salute quali diabete e alterazioni metaboliche.
Lo studio ha evidenziato per la prima volta, alcuni effetti significativi dei pesticidi a base di glifosato sulla comunità dei funghi che abitano nel microbioma intestinale, un aspetto che merita una considerazione importante perché la presenza di categorie diverse di funghi nell’intestino umano è collegata ad una serie di malattie, quali ad esempio la sclerosi multipla.
In una lettera aperta al commissario europeo per la Salute Stella Kyriakides, 41 organizzazioni hanno chiesto che lo studio dell’Istituto Ramazzini venga preso in considerazione per la valutazione in corso sul glifosato su cui si baserà il rinnovo o meno dell’autorizzazione europea del pesticida, in scadenza il 15 dicembre 2022.
“Il Global Glyphosate Study, condotto in modo indipendente, potrebbe essere la chiave per risolvere qualsiasi dubbio residuo che le autorità di regolamentazione hanno sulla tossicità delle esposizioni nella vita reale al glifosato e ai prodotti a base di glifosato, in relazione al loro potenziale cancerogeno e ad altri impatti sulla salute”, ha spiegato Angeliki Lyssimachou, Senior science policy officer presso Heal. “La Commissione dovrebbe garantire che tutti i risultati disponibili siano debitamente riportati e presi in considerazione nella valutazione dell’Ue in risposta ai crescenti timori del pubblico sulla tossicità della sostanza”.
Le organizzazioni hanno espresso preoccupazioni specifiche sulla credibilità degli studi che sono stati forniti dell’industria e chiedono che la procedura di valutazione sia condotta in modo trasparente e si basi su prove scientifiche indipendenti aggiornate tenendo conto della tossicità del principio attivo del glifosato e dei prodotti che lo contengono.
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