L’anno che sta per concludersi fa ben sperare per il futuro dell’energia solare. I dati globali sul fotovoltaico crescono, gli esempi positivi si moltiplicano. Sebbene resti molto lavoro da fare, seguire il sole ci manterrà sulla strada giusta.
Goldman environmental prize 2018, chi sono le vincitrici (più un uomo) del Nobel per l’ambiente
Dei sette paladini dell’ambiente del 2018, sei sono donne. Che hanno lottato per gli oceani, per l’energia pulita, per i diritti dei loro popoli e per la salute dei propri figli. Insomma, per il nostro pianeta.
“Ispirare altre persone ordinarie a compiere azioni straordinarie per proteggere la natura”, questo è l’obiettivo del Goldman environmental prize, noto anche come “il premio Nobel per l’ambiente”, come molti lo hanno soprannominato. A riceverlo sono coloro che più si sono impegnati nella tutela della Terra, riuscendo ad apportare un reale cambiamento all’interno delle rispettive comunità.
A pochi giorni dall’assassinio di cinque ranger impegnati nella salvaguardia dei gorilla in Africa e della leader indigena Olivia Arévalo, che difendeva i diritti del suo popolo e del suo territorio nell’Amazzonia peruviana, la consegna del Goldman environmental prize non poteva essere più significativa.
La cerimonia di consegna del Goldman environmental prize
La cerimonia di consegna si è tenuta il 23 aprile in California e sarà replicata il 25 aprile nella capitale statunitense, Washington. In uno dei teatri più suggestivi di San Francisco, la War memorial opera house, sono stati annunciati i nomi dei vincitori di quest’anno: Makoma Lekalakala e Liz McDaid per l’Africa, Francia Márquez per il sud e centro America, Khanh Nguy Thi per l’Asia, Manny Calonzo per le isole e gli stati insulari, LeeAnne Walters per il Nordamerica e Claire Nouvian per l’Europa.
Congratulations to the 2018 #GoldmanPrize winners: Makoma Lekalakala, Liz McDaid, Khanh Nguy Thi, Claire Nouvian, Manny Calonzo, LeeAnne Walters, and Francia Márquez: https://t.co/N5nAeB7Vbf pic.twitter.com/RkWcidprde
— Goldman Prize (@goldmanprize) 23 aprile 2018
Mai la presenza femminile è stata così forte: a dimostrazione di quanto le donne coprano ruoli determinanti nella difesa della natura e della biodiversità, dando prova di grande coraggio e tenacia. Sul palco hanno ricevuto la statuetta dell’Uroboro, un simbolo molto antico e caro a diverse culture: raffigura un serpente che si morde la coda e simboleggia la capacità della natura di rigenerarsi. Un simbolo che incarna valori come la resilienza, la rinascita, la circolarità, idee che queste sette persone hanno saputo portare avanti con orgoglio.
I vincitori del 2018
- Makoma Lekalakala e Liz McDaid, Sudafrica (Africa)
- Francia Márquez, Colombia (sud e centro America)
- Khanh Nguy Thi, Vietnam (Asia)
- Manny Calonzo, Filippine (isole e stati insulari)
- LeeAnne Walters, Stati Uniti (Nordamerica)
- Claire Nouvian, Francia (Europa)
Makoma Lekalakala e Liz McDaid, Sudafrica (Africa)
“Tutti noi portiamo nel cuore lo spirito della giustizia. Risvegliatelo, e battetevi contro coloro che distruggono il nostro pianeta e impoveriscono le nostre vite solo per riempire le proprie tasche”.
Attualmente, il Sudafrica possiede una sola centrale nucleare, situata nella città di Koeberg. Fin dagli anni Ottanta, le scorie radioattive sono state depositate nella regione arida del Namaqualand, casa degli indigeni Nama. Makoma Lekalakala, direttrice di Earthlife Africa e Liz McDaid, che lavora per un’organizzazione ambientalista interreligiosa (Safcei), l’hanno sempre trovato inaccettabile. Ed è per questo che, quando il governo sudafricano si è segretamente accordato con la Russia per costruire altre centrali, si sono mobilitate e hanno organizzato decine di manifestazioni di protesta coinvolgendo le comunità di tutto il paese. È grazie a loro che, il 26 aprile del 2017, la corte ha bocciato l’accordo nucleare – dichiarandolo incostituzionale.
Francia Márquez, Colombia (sud e centro America)
“Quando parlo, lo faccio per la giustizia. Non soltanto per le persone di colore, i cui diritti sono stati violati, ma anche per le comunità indigene, le donne e la natura stessa”.
Francia Márquez è sempre stata una ragazza forte, che già dall’età di 13 anni ha lottato per la sua comunità. Ora di anni ne ha 36 e sta crescendo da sola i suoi figli, dimostrando loro che basta poco per realizzare qualcosa di grande. Nel 2014, quando i minatori sono arrivati a La Toma per cominciare illegalmente le operazioni di estrazione, ha invitato 80 donne a marciare fino alla capitale Bogotà, coprendo un percorso di ben 350 chilometri. Dopo soli 10 giorni sono arrivate in città, dove hanno protestato per quasi un mese. Salvando la loro terra.
Khanh Nguy Thi, Vietnam (Asia)
“In Vietnam, il futuro dell’energia è a un bivio. Ogni decisione e ogni dollaro investito oggi avranno un impatto su questo paese e sul clima della Terra per i decenni a venire”.
Khanh Nguy Thi ha promosso lo sviluppo sostenibile del suo paese, soprattutto a livello energetico ma anche di gestione delle risorse naturali, fondando nel 2011 il Green innovation and development centre. Ha dato vita ad un network di 11 organizzazioni locali ed internazionali che collaborano in quest’ottica ed è grazie al suo lavoro che il governo ha rivisto il piano energetico nazionale decidendo di ridurre il numero di centrali a carbone e di aumentare l’utilizzo delle energie rinnovabili. Questo garantirà al Vietnam maggiore indipendenza, ed un futuro più luminoso.
Manny Calonzo, Filippine (isole e stati insulari)
“Lo dobbiamo ai nostri bambini, e ai loro figli: dobbiamo sbarazzarci delle vernici al piombo e di altre fonti di inquinamento tossico con maggiore determinazione”.
Nonostante i rischi per la salute che le vernici al piombo comportano siano ben documentati, nei paesi in via di sviluppo continuano ad essere utilizzate. È dal 2008 che Manny Calonzo si batte perché vengano abolite e con EcoWaste ha analizzato le pitture usate nelle Filippine, scoprendo che contenevano quantità di piombo elevatissime. Sottolineando quanto questo fosse pericoloso soprattutto nel caso delle scuole, Calonzo ha organizzato decine di eventi pubblici per sensibilizzare l’opinione pubblica, tanto che dal 2017 l’85 per cento delle aziende produce vernici sicure.
LeeAnne Walters, Stati Uniti (Nordamerica)
“L’acqua è una necessità, e la contaminazione non è qualcosa che un cittadino statunitense dovrebbe aspettarsi. Sfortunatamente, è una realtà non solo nella mia città, ma in tutto il paese”.
LeeAnne Walters è una mamma a tempo pieno che dal 1993 vive a Flint, nel Michigan. Lì, il fiume ha sempre avuto la funzione di una vera e propria discarica, in cui industrie di vario genere riversano i propri rifiuti. Nonostante questo, nel 2014 le sue acque hanno cominciato ad essere utilizzate per rifornire le case: LeeAnne ha notato la comparsa di una reazione cutanea sulla pelle dei suoi gemellini di tre anni; presto lei e la figlia hanno cominciato a perdere i capelli. Facendo analizzare l’acqua ha dimostrato la correlazione fra la presenza di piombo e l’intossicazione della sua famiglia. Inizialmente non è stata ascoltata, ma non si è arresa ed è ricorsa all’Agenzia per la protezione ambientale degli Stati Uniti. Vincendo la sua battaglia e garantendo la salute di tutti i cittadini.
Claire Nouvian, Francia (Europa)
“Il mare è un ambiente vasto che ospita la più grande riserva di specie animali sul pianeta”.
Claire Nouvian è la paladina degli oceani e delle specie marine. Figlia di un pescatore, ha vissuto a Parigi ed Hong Kong e ha passato lunghi periodi in mare aperto. Ha fondato l’organizzazione non governativa Bloom con cui si batte per una pesca sostenibile. Ha vinto un’importante battaglia contro la catena di supermercati Intermarché, che nel 2014 ha smesso di pescare al di sotto degli 800 metri: una misura che tutti i paesi dell’Unione europea hanno poi adottato nel 2016, e una grande vittoria per una donna che all’oceano ha dedicato la vita.
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