Le sei coraggiose storie di attivismo premiate dal Goldman environmental prize 2024

Le persone premiate nel 2024 dal Goldman environmental prize hanno sfidato il potere economico e politico pur di tutelare il loro territorio. E hanno avuto la meglio.

Sulla carta, siamo tutti d’accordo su quanto sia importante difendere l’ambiente. Quando si passa dalla teoria alla pratica, si scopre che per attivarsi – e, ancor più, ottenere risultati – la dedizione è soltanto il punto d’inizio. Dopodiché bisogna documentarsi scartabellando tra leggi e ordinanze, consumare le suole delle scarpe per incontrare le persone, organizzare manifestazioni, marce, sit in. Bisogna investire il proprio tempo e il proprio denaro. Talvolta, rischiando. Perché dall’altra parte ci sono grandi potenze: governi, compagnie petrolifere, colossi minerari, multinazionali. Le sette persone premiate nel 2024 dal Goldman environmental prize, il “Nobel per l’ambiente”, l’hanno fatto. E, anche quando la loro sembrava una missione disperata, hanno avuto la meglio.

“Questi eccezionali leader ‘dal basso’ si sono rifiutati di restare inerti di fronte alle avversità, o di lasciarsi intimidire dal potere di governi e aziende”, afferma John Goldman, presidente della Goldman enironmental foundation. “Da sole, le loro conquiste in tutto il mondo sono ammirevoli. Insieme, sono una forza collettiva – e un movimento globale in crescita – mozzafiato e colmo di speranza. Da San Francisco a San Paolo, fino alla Wild coast del Sudafrica, noi siamo una comunità globale”.

I vincitori e le vincitrici del Goldman environmental prize 2024

Marcel Gomes, Brasile

In Brasile l’industria della carne bovina è una potenza. Rappresenta circa il 20 per cento delle esportazioni globali; e, di questo 20 per cento, circa un terzo fa capo a Jbs, un colosso che marcia a un ritmo di 35mila manzi macellati al giorno, per un fatturato di circa 78 miliardi di dollari nel 2022.

Marcel Gomes, dopo aver messo in piedi il team investigativo di Repórter Brasil, ha avuto la professionalità e il coraggio di vederci chiaro. Dopo aver ricostruito i passaggi contorti e poco trasparenti della filiera della carne bovina, insieme alla ong Mighty Earth ha condotto un’inchiesta sulla carne di Jbs venduta ai supermercati europei. Rintracciando uno per uno i lotti provenienti da allevamenti che sorgono su aree dell’Amazzonia, del Cerrado o del Pantanal disboscate illegalmente.

Dopo la pubblicazione del suo report, sei grandi catene europee della grande distribuzione (Sainsbury’s nel Regno Unito, Albert Heijn e Lidl nei Paesi Bassi, Carrefour e Delhaize in Belgio e Auchan in Francia) hanno tolto dagli scaffali la carne di Jbs e, in alcuni casi, tutta quella proveniente dal Brasile.

Marcel Gomes
Marcel Gomes con i colleghi di Reporter Brasil © Goldman environmental prize

Murrawah Maroochy Johnson, Australia

Sembrava il proverbiale scontro tra Davide e Golia. Da un lato Waratah coal, la società che fa capo al miliardario australiano Clive Palmer, che nel 2019 ha ricevuto il via libera per scavare una miniera nel Queensland. Il piano era quello di estrarre 40 milioni di tonnellate di carbone all’anno, per 35 anni. Devastando la riserva naturale di Bimblebox e riversando in atmosfera 1,58 miliardi di tonnellate di CO2 in tutto. Dall’altro lato Murrawah Maroochy Johnson, attivista ventinovenne del popolo aborigeno Birri Gubba e co-direttrice della ong Youth verdict. E, ora, anche vincitrice del Goldman environmental prize 2024.

Dopo aver interpellato i popoli delle Prime nazioni, e con l’assistenza dello studio legale Environmental defenders office (Edo), Murrawah Maroochy Johnson si è rivolta a un tribunale del Queensland per opporsi alla richiesta di estrazione mineraria. Affermando che il progetto avrebbe leso i diritti umani e culturali degli indigeni, nel Queensland e altrove. La corte ha voluto raccogliere le testimonianze degli indigeni, e farlo nei loro territori, ascoltando le loro storie e assistendo alle loro danze tradizionali. Alla fine, ha dato loro ragione. Stabilendo un precedente di portata storica.

Murrawah Maroochy Johnson
Murrawah Maroochy Johnson © Goldman environmental prize

Alok Shukla, India

Quando nel 2011 ha visitato la zona di Hasdeo, in India, Alok Shukla si è reso conto del fatto che le comunità locali non sapevano quasi niente dei piani del governo di mettere in vendita le concessioni minerarie. Ha quindi contribuito a riunire un movimento attivista unitario. Quasi dieci anni dopo, nel 2020, il governo ha annunciato le aste per altre 21 miniere. Trovando però ad attenderlo un’opposizione molto più ferrea.

In piena pandemia, Alok Shukla ha organizzato le proteste degli abitanti dei villaggi, riscuotendo anche un ampio supporto nei social media. Dapprima, nell’autunno del 2020, il governo ha ritirato tre concessioni che avrebbero intaccato l’habitat degli elefanti. A ottobre del 2021, dopo una marcia di protesta durata dieci giorni, ne ha ritirate altre quattordici. Nell’estate del 2022 è stata la volta di un lungo sit-in, degli incontri con leader politici, di interviste, petizioni, conferenze stampa. A luglio 2022, tutte le concessioni minerarie nella regione di Hasdeo Aranya sono state cancellate. Un traguardo che è valso ad Alok Shukla il Goldman environmental prize.

Alok Shukla
Alok Shukla incontra i membri della comunità locale di Hasdeo Aranya © Goldman environmental prize

Teresa Vicente, Spagna

Il mar Menor, laguna costiera nella regione spagnola della Murcia, non è più “soltanto” un sito di interesse comunitario che fa parte della rete Natura 2000. Non è più “soltanto” protetto da una serie di convenzioni internazionali. Dal settembre 2022, gode anche di personalità giuridica ai sensi di una legge approvata dal Parlamento di Madrid. Ciò significa che ha diritto alla conservazione di specie e habitat, alla protezione da attività potenzialmente dannose e alla riparazione dei danni ambientali subiti. Tutti aspetti che vengono sorvegliati da enti preposti.

Questa particolare forma di tutela, che rappresenta tuttora un unicum in Europa, si deve soprattutto alla determinazione di Teresa Vicente, professoressa universitaria di Filosofia del diritto. Nata e cresciuta nella Murcia, ha visto con i suoi occhi il bacino del mar Menor deturpato da condomini e porti turistici, le sue acque inquinate dagli impianti di dissalazione e dai fertilizzanti agricoli, i pesci morire in massa. Ha studiato il tema dal punto di vista giuridico, ha promosso la legge di iniziativa popolare, ha raccolto più di 600mila firme cartacee nonostante le restrizioni legate al Covid. E ha ottenuto una vittoria che vale per il mar Menor, e non solo.

Andrea Vidaurre, Stati Uniti

Nell’area metropolitana dell’Inland empire, che corrisponde alle contee di Riverside e San Bernardino in California, vivono più di quattro milioni di persone. La qualità dell’aria è pessima. L’incidenza di cancro, asma e morte prematura è molto più alta della media nazionale. Un quadro in peggioramento anche per l’aumento del traffico merci: oltre ad aeroporti, porti, stazioni e magazzini da cui i camion transitano 600mila volte al giorno, Amazon sta costruendo nella stessa zona il più grande polo logistico del mondo.

Andrea Vidaurre tutto questo lo ha vissuto sulla sua pelle. Ha dunque mobilitato i sindacati di magazzinieri e autotrasportatori, convincendoli a unire le forze con le organizzazioni per la giustizia ambientale. Il California air resources board, agenzia che si occupa di clima e qualità dell’aria, a fine 2018 ha avviato l’iter per regolamentare le emissioni dei trasporti pesanti e ferroviari. Confrontandosi anche con la società civile, di cui Vidaurre è stata portavoce. Alla fine, il Carb ha adottato una tabella di marcia per arrivare alla vendita di soli mezzi pesanti a zero emissioni. Un’iniziativa che anche altri stati – tra cui New Jersey, New York e Washington – hanno fatto propria.

Andrea Vidaurre
Andrea Vidaurre accompagna i funzionari del Carb in un “tour tossico” nell’Inland empire © Goldman environmental prize

Sinegugu Zukulu e Nonhle Mbuthuma, Sudafrica

I vincitori del Goldman prize per l’Africa sono due. Sinegugu Zukulu e Nonhle Mbuthuma vivono nel Pondoland, in Sudafrica. Era ottobre del 2021 quando hanno appreso che la compagnia petrolifera Shell stava per iniziare i test sismici alla ricerca di petrolio e gas sotto i fondali oceanici al largo della Wild coast, un’area marina ricchissima di biodiversità, frequentata da specie ittiche endemiche, megattere e balene franche australi.

Nell’arco di un paio di settimane, avevano riunito l’intera comunità costiera di Amadiba. Ricevendo conferma del fatto che Shell avesse consultato alcuni pescatori commerciali, ma non gli abitanti della zona. Per loro il mare riveste anche un ruolo spirituale, perché lo considerano la dimora degli antenati.

Nonhle e Sinegugu hanno messo in piedi un’azione legale, raccogliendo centinaia di pagine di testimonianze. A dicembre 2021 l’alta corte ha disposto l’immediato stop ai test sismici di Shell. A quel punto, hanno contestato la liceità dell’autorizzazione ministeriale all’intera operazione. Incassando un’altra vittoria.

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