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La “nuova” governance della Xylella punta sulle sanzioni
Anziché rafforzare la ricerca, la governance dell’emergenza Xylella fa leva sulle sanzioni. Un altro modo per avallare l’espianto degli ulivi e l’uso di diserbanti e insetticidi che avvelenano l’agricoltura, l’ambiente e il paesaggio. Di questi problemi si discute il 30 marzo a Lecce.
A luglio scorso, nel pieno della bufera mediatica sulla xylella, ci eravamo lasciati con l’auspicio che la normativa allora vigente fosse modificata per recepire le istanze promananti da cittadini, associazioni, aziende e amministrazioni comunali e per favorire, in particolare, il rafforzamento della ricerca scientifica, che costituisce il solo strumento in grado di fare luce sulle incertezze che circondano la vicenda. Tra le tante, è il caso di ricordare almeno la principale: la dimostrazione, al di là di ogni ragionevole dubbio, del nesso di causalità tra la patologia del disseccamento degli olivi e la presenza, sulle piante malate, del batterio Xylella fastidiosa.
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A distanza di otto mesi, occorre constatare che le modifiche intervenute nel frattempo, non solo non hanno recepito le istanze della società civile, ma si sono posti in aperto contrasto con esse, delineando con ciò uno scollamento tra stakeholder, politica e cittadini che – in assenza di interventi correttori – potrebbe acuirsi ulteriormente. Vediamo perché.
“Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”
Il decreto ministeriale del 13 febbraio 2018, cosiddetto “decreto Martina”, dal nome dell’allora ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali, fonda la strategia di lotta alla xylella – oltreché sull’eradicazione degli olivi – sull’impiego di diserbanti e insetticidi ritenuti in grado di contenere la diffusione, rispettivamente, degli insetti considerati vettori del batterio (la “sputacchina”) e del batterio medesimo. Per mesi al centro di un ampio e articolato dibattito, il decreto Martina è stato infine impugnato, il 6 giugno 2018, innanzi al Tribunale amministrativo regionale (Tar) del Lazio. Con ordinanza del 17 luglio 2018 (pubblicata, per singolare coincidenza, il giorno prima di un’importante trasmissione televisiva dedicata alla xylella), il Tar ha tuttavia respinto l’istanza cautelare di sospensione del provvedimento impugnato, sul presupposto che la disciplina da esso introdotta “rientra nella discrezionalità tecnica dell’autorità amministrativa competente […] sindacabile in sede giurisdizionale solo in caso di palesi illogicità e incongruenze, nella fattispecie non ravvisabili”. Pronunciandosi in punta di diritto, e senza entrare nel merito della questione, il Tar ha quindi avallato l’impiego dei fitofarmaci imposti dalla normativa contestata.
Dopo la pronuncia del Tar, il quadro normativo introdotto dal decreto Martina è stato confermato anche sul piano politico. Il decreto ministeriale del 5 ottobre 2018, cosiddetto “decreto Centinaio”, dal nome dell’attuale ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali, infatti, modifica la disciplina previgente limitandosi a ridurre da quattro a due gli interventi insetticidi obbligatori e a contenere detti interventi nel periodo compreso tra maggio e ottobre, anziché dicembre. È agevole osservare che queste modifiche non spostano di molto il problema: tenuto conto che la superficie agricola interessata dagli interventi di cui sopra ascende a centinaia di migliaia di ettari e che la quantità di insetticidi necessaria per tale superficie può calcolarsi in milioni di ettolitri, non è difficile farsi un’idea dell’impatto ambientale che anche la nuova disciplina ministeriale produrrà.
La governance della xylella preferisce le sanzioni alla ricerca
Va inoltre sottolineato che il decreto Centinaio tralascia del tutto di modificare, sviluppandola, la disciplina in materia di ricerca scientifica appena abbozzata dal precedente decreto Martina, con ciò deludendo le aspettative di quanti individuano proprio nel rafforzamento della ricerca – più che nell’uso di diserbanti e insetticidi – la soluzione del problema e di quanti auspicavano, al riguardo, un mutamento di indirizzo da parte del nuovo governo.
In realtà, poco tempo dopo l’adozione del decreto Centinaio, un significativo mutamento di indirizzo politico c’è stato, ma in una direzione diversa da quella appena indicata. Nel dicembre 2018, infatti, è stato presentato un emendamento al cosiddetto “decreto Semplificazioni”, che prevedeva l’applicazione delle sanzioni stabilite dall’articolo 500 del codice penale (e cioè la reclusione da 1 a 5 anni) a quanti ostacolassero l’attuazione delle misure fitosanitarie ritenute necessarie per evitare la diffusione della xylella, ivi compresa la distruzione degli olivi contaminati. L’emendamento in parola ha suscitato reazioni trasversali di condanna (dal presidente della Repubblica al governatore della Regione Puglia al fondatore del Movimento 5 stelle) e conseguentemente non è stato approvato: ma è innegabile che la sua presentazione ha gettato una nuova luce sulla possibile evoluzione della governance delle emergenze fitosanitarie, di cui la xylella potrebbe costituire il primo esempio.
Messo da parte l’emendamento al decreto Semplificazioni, la volontà politica di comminare sanzioni gravose a quanti ostacolino o semplicemente disapprovino la strategia fondata sull’eradicazione degli olivi, sui diserbanti e sugli insetticidi è riaffiorata con il cosiddetto “decreto-legge Emergenze Agricoltura”, approvato il 7 marzo 2019 dal Consiglio dei ministri. Secondo l’articolo 8 di questo decreto, le misure fitosanitarie di lotta alla xylella “e ogni altra attività ad esse connessa, ivi compresa la distruzione delle piante contaminate, anche monumentali, sono attuate in deroga a ogni disposizione vigente”. Con ritmo incalzante, destinato inevitabilmente a incidere sull’esercizio di alcune libertà personali, la nuova disciplina stabilisce inoltre che “il proprietario, il conduttore o il detentore, a qualsiasi titolo, di terreni sui quali insistono piante infettate […] che, quando l’infezione è conosciuta o manifesta, omette di farne tempestiva denuncia ai Servizi fitosanitari competenti per territorio è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 516 a euro 30.000”.
La medesima sanzione si applica ai soggetti di cui sopra anche “in caso di omessa esecuzione delle prescrizioni di estirpazione di piante infette”, che in questo caso sono destinate ad essere comunque espiantate coattivamente dagli ispettori fitosanitari. Ma non basta, perché “in caso di irreperibilità dei proprietari, conduttori o detentori […] ovvero nell’ipotesi in cui questi rifiutino l’accesso ai fondi […] gli ispettori fitosanitari ed il personale di supporto muniti di autorizzazione del servizio fitosanitario, per l’esercizio delle loro attribuzioni, accedono comunque a detti fondi al fine di attuare le misure fitosanitarie di urgenza […]. A tale scopo i servizi fitosanitari competenti per territorio possono richiedere al prefetto l’ausilio della forza pubblica”.
Ulteriori disposizioni riguardano le fasi di produzione e di commercializzazione dei prodotti alimentari derivati dalle piante infette, poiché i servizi fitosanitari competenti per territorio possono attuare “tutte le misure ufficiali ritenute necessarie a evitare la possibile diffusione di una malattia […] anche sui materiali di imballaggio, sui recipienti, sui macchinari o su quant’altro possa essere veicolo di diffusione di organismi nocivi. A tale fine, gli ispettori fitosanitari e il personale di supporto, muniti di autorizzazione del servizio fitosanitario […] accedono ai luoghi in cui si trovano i vegetali e i prodotti vegetali […] in qualsiasi fase della catena di produzione e di commercializzazione, nonché ai mezzi utilizzati per il loro trasporto e ai magazzini doganali”.
La biopolitica della xylella
Per rendersi conto di alcune possibili conseguenze di siffatta disciplina è sufficiente ricordare che, in Puglia, 270mila imprese (pari al 22 per cento di quelle italiane) coltivano olivi, per un totale di 380mila ettari, da cui si ottengono 11 milioni di quintali di olive e 2,5 milioni di quintali di olio, con un’incidenza della produzione olivicola regionale su quella nazionale pari al 37 per cento e su quella mondiale pari al 12 per cento (dati Coldiretti del 2017); che, ai sensi del decreto Martina, e in linea con la normativa europea, l’eradicazione interessa tutti gli olivi sani nel raggio di 100 metri da quelli infetti (secondo una interpretazione particolarmente forte del principio di precauzione, che curiosamente non è data rinvenire in altre materie sensibili: dagli ogm al 5G); e che, a fronte di una crescita esponenziale delle eradicazioni, potrebbe rendersi necessario dilatare esponenzialmente anche le misure finanziarie volte a compensare gli agricoltori dei danni sofferti in conseguenza delle eradicazioni medesime. Un cane che si morde la coda, dunque, se non fosse che le misure finanziarie da ultimo citate sembrano volte, più che a compensare gli agricoltori, a seppellire sotto una valanga (per ora solo annunciata) di interventi risarcitori – e dunque in un’ottica ex post – qualsiasi approccio di natura preventiva e precauzionale, con buona pace degli equilibri ambientali e degli sviluppi della ricerca scientifica auspicati in apertura. Precedenti in tal senso, del resto, non mancano: basti ricordare la vicenda della progressiva riduzione delle api, affrontata dalla Commissione europea nella medesima ottica risarcitoria, in linea con il principio generale del diritto dell’Unione che pretende di risolvere i problemi ambientali affrontandoli a posteriori, e cioè il principio “chi inquina paga”.
Va da ultimo sottolineato che il decreto-Legge Emergenze Agricoltura stabilisce che “chiunque impedisce l’estirpazione coattiva delle piante è soggetto alla sanzione […] aumentata fino al doppio”. Chiaramente intesa a privare di consensi e di sostegni i proprietari, i conduttori o i detentori di terreni che si oppongano all’espianto degli olivi, questa disposizione appare, più di altre, particolarmente indicativa del clima politico che è venuto maturando negli ultimi mesi. Clima che, sia detto per inciso, potrebbe finire per condizionare anche l’inchiesta avviata nel 2015 dalla Procura di Lecce, in merito a presunte responsabilità collegate e conseguenti alla diffusione della xylella in Puglia. Pur ignorando le decisioni future della magistratura, infatti, non ci sarebbe da stupirsi se un’inchiesta finora rivelatasi coraggiosa e determinata (che si è scontrata anche con l’immunità diplomatica di cui godono alcuni dei protagonisti di questa vicenda, e cioè il Centro internazionale di alti studi agronomici per il Mediterraneo e il suo Istituto di Valenzano) si concludesse, fatalmente, con l’archiviazione.
Il decreto-legge Emergenze Agricoltura dovrà ora essere convertito in legge (verosimilmente entro la fine di maggio 2019) e anche stavolta, come otto mesi fa, l’auspicio è che il Parlamento recepisca le sollecitazioni promananti da tutte le componenti della società civile. Non è un mistero per nessuno, però, che la nuova normativa va incontro soprattutto alle istanze dei grandi stakeholder, che da tempo invocano interventi fitosanitari radicali e che oggi salutano con soddisfazione una governance del fenomeno che – nonostante la perdurante condizione di incertezza scientifica – fa leva proprio su tali interventi, oltreché sull’imperio delle sanzioni pecuniarie (per non parlare dello spettro delle sanzioni penali agitato dall’emendamento al decreto Semplificazioni).
Un convegno per parlare e fare chiarezza sulla xylella
Certo è che chi possiede olivi nelle zone interessate dalla xylella (solo la Puglia?) ha smesso di dormire sonni tranquilli. E non solo chi possiede olivi, perché, come già rilevato, la xylella potrebbe essere la prima di una serie di emergenze fitosanitarie: in altri termini, se oggi tocca agli olivi, domani potrebbe toccare agli alberi di ciliegie e dopodomani all’insalata dell’orto. Se a ciò si aggiunge che la sostituzione delle varietà vegetali “vulnerabili” con varietà “resistenti” (già prevista per gli olivi) contribuirà, per un verso, all’omologazione della qualità dei prodotti alimentari derivanti dalle varietà interessate e, per l’altro, alla concentrazione dei canali di produzione e di commercializzazione, ci si rende conto che la partita xylella si gioca sulla pelle dei piccoli proprietari e sulle prospettive dell’autonomia alimentare (come di altre libertà personali).
Di questi problemi si parla, in un’ottica pluralista, in occasione del convegno X Files che si tiene a Lecce il 30 marzo 2019, presso il teatro Paisiello, per iniziativa della Cattedra Jean Monnet Ad Personam “Eulab” della Commissione europea, dell’Institut ethique histoire humanités dell’Università di Ginevra, dell’European centre for science, ethics and law “Ecsel” e dell’Associazione La cultura che vince.
Le foto presenti all’interno di questo articolo sono del fotografo Jacques Berthet
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