La grande barriera corallina australiana è stata danneggiata dalla crisi climatica a tal punto da rischiare lo status di patrimonio Unesco in pericolo.
La grande barriera corallina australiana potrebbe essere inserita nella lista dei patrimoni dell’umanità in pericolo.
Lo dicono gli esperti dell’Unesco e dell’Iucn, dopo una spedizione in loco.
Le sue condizioni critiche sono dovute all’impatto dei cambiamenti climatici.
La grande barriera corallina australiana versa in condizioni talmente critiche da meritare di essere inserita nella lista dei patrimoni dell’umanità in pericolo. È questa la conclusione a cui sono giunti gli esperti dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura (Unesco) e dell’Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn), dopo aver verificato personalmente la situazione attraverso una missione di dieci giorni a marzo 2022.
Grande barriera corallina a rischio: la colpa è del clima
Il report, molto atteso e già rinviato di sei mesi, traccia un quadro preoccupante. “Nonostante gli impareggiabili sforzi scientifici e gestionali compiuti dallo stato parte negli ultimi anni, l’eccezionale valore universale del sito è significativamente influenzato dai fattori climatici. La capacità del sito di riprendersi dagli impatti dei cambiamenti climatici è sostanzialmente compromessa, in particolare – ma non esclusivamente – a causa del degrado della qualità dell’acqua”.
Esistono delle strategie e dei piani di azione per proteggere il valore universale del sito, ma non bastano. Per due motivi: perché “mancano di obiettivi chiari sui cambiamenti climatici e misure di attuazione” e perché “non sono pienamente implementati, in particolar modo per quanto riguarda la qualità dell’acqua e la pesca”. Tra le prove inoppugnabili dell’impatto della crisi climatica c’è lo sbiancamento dei coralli. Un fenomeno che il team di ricerca ha visto con i propri occhi, per giunta – fattore eccezionale – durante il passaggio della Niña, in cui tradizionalmente le temperature sono inferiori.
Il governo australiano si difende
La decisione era nell’aria da tempo, e da tempo era in corso un braccio di ferro a distanza tra gli esperti dell’Unesco e i membri del governo australiano, preoccupati per il danno d’immagine e le sue possibili ripercussioni sul turismo. Con le elezioni di maggio 2022 il paese è passato da un esecutivo di stampo conservatore a uno laburista, guidato da Anthony Albanese.
Attraverso un comunicato congiunto, la ministra per l’Ambiente e le acque Tanya Plibersek e l’inviata speciale per la grande barriera corallina, Nita Green, provano a ridimensionare la questione. “Comprendiamo che le persone che vivono e lavorano sulla barriera coralline possano trovare questo report allarmante”, scrivono, sottolineando come non si tratti di una decisione definitiva bensì di un report tecnico che il Comitato per il patrimonio mondiale dovrà valutare successivamente. E ricordando che il nuovo governo, appena insediato, abbia subito reso molto più stringenti gli obiettivi climatici. Si è impegnato infatti per un taglio delle emissioni pari al 43 per cento entro il 2030 rispetto ai livelli del 2015, per puntare allo zero netto entro il 2050.
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Cos’è la lista dei patrimoni dell’umanità in pericolo
La lista dei patrimoni dell’umanità in pericolo è stilata Comitato per il patrimonio mondiale, in base alle disposizioni dell’articolo 11, comma 4, della Convenzione Unesco del 1972. Ne fanno parte quei siti che “sono minacciati da pericoli seri e specifici”, tra cui uno sviluppo urbano o turistico troppo intenso, il deterioramento dell’ecosistema che li ospita, l’abbandono, un conflitto armato e così via. Attualmente ne fanno parte 52 patrimoni dell’umanità, tre dei quali in Europa: il centro storico di Vienna, i monumenti medievali in Kosovo e il sito minerario dismesso di Roșia Montană, in Romania. Nel 2021 era stata ventilata l’ipotesi di aggiungere anche la laguna di Venezia, soprattutto per via dell’impatto delle grandi navi da crociera, ma l’emendamento è stato cancellato.
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