
Vaste aree della barriera sono state vittima di uno sbiancamento di massa, simile a quelli che tra il 2016 e il 2017 ne distrussero quasi metà.
Nuovo studio conferma che l’ondata di calore del 2016 ha causato lo sbiancamento e la conseguente morte di un terzo della Grande barriera corallina australiana. Un cambiamento considerato irreversibile.
Sarebbe stata l’eccezionale ondata di calore registratasi nel 2016 ad aver causato lo sbiancamento e la conseguente morte di quasi il 30 per cento della Grande barriera corallina australiana. A confermarlo un nuovo studio pubblicato su Nature coordinato da Terry Hughes, direttore dell’Arc Centre of excellence for coral reef studies, che ha tentato di comprendere come i coralli siano in grado di rispondere ad un’improvviso e prolungato aumento delle temperature dell’acqua degli oceani. Il risultato è che la maggior parte dei coralli che si estende per 2.300 chilometri al largo della costa nordest dell’Australia, non è riuscita a superare le estreme temperature registrate.
“I coralli hanno iniziato a morire immediatamente dove l’esposizione al calore accumulato superava la soglia critica di riscaldamento, che è risultato essere di circa 3-4°C la settimana”, si legge nell’abstract della ricerca. “Dopo otto mesi, un aumento di 6°C per più settimane ha portato ad un cambiamento su scala regionale senza precedenti nella composizione dei coralli”. Una “catastrofe” che avrebbe comportato la morte di quasi il 30 per cento delle 3.863 scogliere che compongono la Grande barriera corallina, ecosistema unico al mondo.
I showed the results of aerial surveys of #bleaching on the #GreatBarrierReef to my students, And then we wept. pic.twitter.com/bry5cMmzdn
— Terry Hughes (@ProfTerryHughes) 19 aprile 2016
Lo studio ha dimostrato che i coralli non sono morti di fame perché non riuscivano a recuperare i loro simbionti, come si supponeva. Piuttosto che le specie di coralli più sensibili alle alte temperature sono morte quasi immediatamente nei luoghi esposti alle alte temperature. Al Guardian Hughes ha confermato che: “molti milioni di coralli sono morti rapidamente nel settentrionale della Grande barriera corallina nel giro di sole 2-3 settimane”.
Si sta assistendo dunque ad un declino costante e difficile da fermare. Tanto che i ricercatori spiegano che lo scenario più probabile sarà quello di un degrado continuo che durerà “finché i cambiamenti climatici non si stabilizzeranno, consentendo alle popolazioni rimanenti di sopravvivere e riorganizzarsi”. Certo la perdita su vasta scala dei coralli è precursore di un possibile cambiamento radicale dell’intero ecosistema, visto che questo habitat è fondamentale per tutta la catena trofica di quella parte d’oceano. Senza contare tutte le attività antropiche ad essa legate. Il rischio di un collasso c’è, in particolare se non riusciremo a limitare il riscaldamento globale a 1,5-2°C, come stabilito anche dall’Accordo di Parigi.
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