Green Hill, martedì il processo di appello. L’obiettivo è evitare che i beagle tornino nelle mani dei loro carnefici

Il processo di secondo grado potrebbe inasprire le condanne inflitte ai responsabili ma anche ribaltare il verdetto di primo grado e restituire i beagle ai loro aguzzini.

Se qualcuno avesse vissuto nel più completo isolamento negli ultimi quattro anni e non avesse mai sentito parlare di Green Hill, potremmo utilizzare due fotografie per spiegargli di cosa si tratta. La prima è quella che sta girando molto in rete in questi giorni e che ritrae un dipendente di Green Hill, azienda di Montechiari che allevava beagle destinati alla vivisezione, che posa con il dito medio alzato tenendo nell’altra mano un cucciolo di beagle morto con il cranio scoperchiato. La seconda invece, scattata nell’aprile del 2012, mostra un cucciolo liberato dagli attivisti che viene portato in salvo mentre in sottofondo si staglia il filo spinato che proteggeva il lager bresciano, teatro di grandi crudeltà, nel quale morirono oltre seimila cani.

 

Dipendente di Green Hill con un cane morto
Un dipendente di Green Hill posa con un cucciolo di beagle morto © Lav

 

Gli imputati

Nel gennaio del 2015 vennero condannati in primo grado tre dei quattro imputati, Roberto Bravi, direttore di Green Hill, Ghislane Rondot, co-gestore del centro e Renzo Graziosi, veterinario, colpevoli di maltrattamento e uccisione di animale all’interno del centro di allevamento.

 

Beagle salvati da Green Hill
Raduno dei beagle liberati dall’allevamento Green Hill di Montichiari © Riccardo Antimiani / EIDON

 

Il processo di appello

La vicenda però non è ancora conclusa, martedì 23 febbraio si terrà infatti presso il tribunale di Brescia il processo d’appello. Due sono le prospettive: la prima è che ai colpevoli vengano inflitte pene più severe (la pubblica accusa aveva chiesto due anni di condanna per Roberto Bravi e tre anni e sei mesi per Renzo Graziosi e Ghislane Rondot), mentre nella seconda, al contrario, potrebbe venire ribaltata la sentenza di primo grado, e i beagle potrebbero tornare di proprietà dell’azienda incriminata, in mano ai loro aguzzini.

 

Giulia e Yuma stanno con i beagle
La Lav ha lanciato l’hastag #iostoconibeagle per schierarsi in favore dei beagle e fare sentire la propria voce per difendere gli animali liberati © Lorenzo Brenna

 

#iostoconibeagle

Dopo che l’allevamento venne messo sotto sequestro, il 18 luglio 2012, grazie al lavoro delle associazioni, su tutte il Coordinamento Fermare Green Hill, quasi tremila cani vennero dati in affido, per costruirsi una nuova vita. Oggi la Lav chiede alle famiglie che hanno adottato i beagle, “e a tutta l’Italia civile”, di fare sentire la propria voce per difendere gli animali liberati, ritrovandosi il 23 febbraio (a partire dalle ore 9:30) davanti al tribunale di Brescia per chiedere la certezza di una condanna severa per i responsabili dei maltrattamenti. Sui social network l’hastag di riferimento è #iostoconibeagle.

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