Secondo il dossier Stop Pesticidi nel piatto 2025 di Legambiente, su 4.682 campioni di alimenti, il 48 per cento contiene residui di sostanze chimiche.
L’associazione ambientalista ha analizzato 126 campioni di mele vendute nei supermercati europei rilevando contaminazione da pesticidi nell’83 per cento dei casi. Ma solo in quelle convenzionali
Le mele biologiche europee si confermano prive di tracce di pesticidi. Non si può dire la stessa cosa per quelle coltivate in modo convenzionale che, dall’analisi condotta da Greenpeace in 11 paesi europei, Italia compresa, sono risultate contaminate nell’83 per cento dei casi; nel 60 per cento di questi campioni sono state trovate due o più sostanze chimiche.
L’associazione ha svolto i suoi test su 126 campioni di mele: 109 prodotte convenzionalmente, 17 provenienti da coltivazioni biologiche. I frutti sono stati acquistati in 23 catene di supermercati e analizzate in un laboratorio indipendente per verificare la presenza di un’ampia gamma di residui di pesticidi. Le mele analizzate sono state prodotte in Austria, Belgio, Bulgaria, Francia, Germania, Italia, Olanda, Polonia, Slovacchia, Spagna e Svizzera, e vendute nei supermercati dei rispettivi paesi d’origine.
In Italia, i campioni sono stati prelevati dai banchi delle catene Auchan, Carrefour e Lidl e un campione di mele bio è stato acquistato presso Naturasì. Nella maggior parte dei frutti da agricoltura convenzionale è stato rintracciato almeno il residuo di un pesticida; nelle mele acquistate presso Lidl sono stati trovati residui di ben tre pesticidi.
“Dai campi al piatto, i pesticidi chimici sono una presenza troppo frequente nei nostri alimenti. Anche se tutti i residui individuati rientrano nei limiti stabiliti dalle normative, la varietà di sostanze chimiche trovate mostra che nelle coltivazioni convenzionali è pratica comune irrorare i meleti con applicazioni multiple di pesticidi. Tutto questo, insieme alla scarsa conoscenza dei possibili impatti dei ‘cocktail di pesticidi’ sull’ambiente e sulla salute, è fonte di grande preoccupazione. Inoltre non è accettabile che gli agricoltori e le loro famiglie debbano sopportare il carico tossico di questo fallimentare sistema di agricoltura industriale”, ha dichiarato Federica Ferrario, responsabile della campagna Agricoltura sostenibile di Greenpeace.
Le analisi effettuate hanno individuato 39 pesticidi diversi. 8 residui di pesticidi sono stati rilevati in un campione proveniente dalla Bulgaria. Le medie più alte per campione sono state trovate in prodotti provenienti da Spagna (4,3), Bulgaria (4,0) e Olanda (3,4). I pesticidi trovati più frequentemente sono fungicidi (20 tipi diversi) e insetticidi (16), seguiti da acaricidi (2) e dal THPI, un metabolita del captano, la sostanza rilevata con più frequenza (76). Sono stati trovati due pesticidi non autorizzati per l’uso nell’Unione europea: difenilammina in un campione spagnolo e ethirimol in un campione polacco.
Alcuni di questi pesticidi sono considerati altamente persistenti e potenzialmente bioaccumulabili: una volta rilasciati nell’ambiente, si degradano lentamente e possono risalire la catena alimentare accumulandosi in un’ampia varietà di organismi viventi, con le conseguenze che ne derivano.
“I supermercati devono interrompere questa dipendenza da sostanze tossiche e incoraggiare una progressiva riduzione dei pesticidi nella produzione convenzionale di mele, a partire dai pesticidi più pericolosi, fino alla loro completa eliminazione”, aggiunge Ferrario. “I consumatori non vogliono essere responsabili inconsapevoli del degrado dei nostri ecosistemi e i supermercati devono assumersi la responsabilità di ampliare l’offerta di mele coltivate con tecniche che non necessitano di pesticidi, incentivando gli agricoltori ad adottare pratiche di coltivazione ecologiche”.
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