Sul campo la Russia è ferma più o meno alle posizioni della prima settimana e tra le grandi città l’unica a essere caduta è Kherson.
Mosca ha perso fino al 20 per cento delle sue truppe in Ucraina, causando un bilancio tragico di migliaia di morti tra i civili.
Le sanzioni comminate dall’Occidente stanno mettendo in ginocchio la Russia e stanno emergendo i primi malumori interni al paese.
È passato un mese dall’inizio della guerra in Ucraina. Qualcuno su Twitter ha scritto che trenta giorni fa iniziava una guerra che doveva durare 72 ore, facendo riferimento ai piani mai realizzati del presidente russo Vladimir Putin di condurre una guerra lampo. L’operazione ucraina si sta in effetti rivelando molto più ostica del previsto, la resistenza locale è strenua nonostante i mezzi militari a disposizione siano decisamente inferiori rispetto a quelli di Mosca. La Russia giorno dopo giorno ha dovuto fare i conti con perdite di uomini ingenti, un morale sempre più a terra che complica le operazioni e un’economia in ginocchio a causa delle sanzioni internazionali.
Sullo sfondo, questo primo mese di guerra ha causato migliaia di vittime civili, milioni di profughi e ridotto in macerie non solo obiettivi militari ma anche civili. Tanto che sin dall’inizio la Russia è stata accusata di stare commettendo crimini di guerra.
Un mese di guerra in Ucraina vista con le mappe
Nei mesi scorsi Mosca aveva inviato la gran parte delle sue truppe al confine con l’Ucraina, arrivando a mobilitare qualcosa come 190mila soldati. E il 21 febbraio si è capito che l’invasione del paese era imminente, visto che Putin ha riconosciuto pubblicamente l’indipendenza delle autoproclamate repubbliche di Donetsk e Lugansk, nella regione del Donbass, e ha detto che “l’Ucraina come paese non esiste”.
L’attacco è partito il 24 febbraio 2022, all’alba. In poche ore sono stati colpiti con bombardamenti la gran parte degli aeroporti del paese e i collegamenti via cielo con l’Ucraina sono stati sospesi, costringendo le persone in fuga a lunghi viaggi via terra. I luoghi più colpiti dai primi raid sono stati la capitale Kiev e le città settentrionali, orientali e meridionali di Chernihiv, Sumy, Kharkiv, Mariupol e Kherson. Quest’ultima è stata conquistata dai russi nel giro di pochi giorni, la prima grande città ucraina a cadere nelle mani degli aggressori e si pensava potesse essere l’inizio di un effetto domino. In realtà a un mese dall’inizio del conflitto, Kherson è tuttora l’unico grande centro in cui l’offensiva di Mosca è uscita vincente e per il resto la Russia ha conquistato solo città più piccole come Melitopol e Berdiansk. La situazione più critica oggi è a Mariupol, trasformata in molte parti in una città fantasma e di macerie, con centinaia di migliaia di persone bloccate senza cibo ed elettricità. Ma nonostante la violenta offensiva russa, passata anche per il bombardamento di ospedali pediatrici, la resistenza delle forze ucraine continua ad avere la meglio.
Interesting to see how the @nytgraphics has changed their map symbology as the Russian war in #Ukraine️ unfolds. On Feb 26, large red arrows and an almost opaque red color shows Russian advances in Ukraine. Suggesting fast, large and controlled overtaking. 1/5 pic.twitter.com/qBXUiN0Me1
Le forze russe in queste settimane si sono comunque assicurate alcuni siti importanti dal punto di vista simbolico o strategico. È il caso della centrale nucleare di Chernobyl e di quella di Zaporizhzhia, dove gli incendi causati dai raid e dai combattimenti hanno fatto temere fuoriuscite di radiazioni, poi rientrate. Negli ultimi giorni Mosca ha effettuato i primi bombardamenti anche nella parte occidentale del paese, come nei sobborghi di Leopoli, mentre la sua offensiva sta aumentando sulle città meridionali di Mykolaiv e Odessa e prosegue sulle città orientali, accusata di usare anche bombe al fosforo bianco, vietate dal diritto internazionale (come quelle a grappolo, utilizzate con frequenza in questo primo mese di guerra).
Phosphorus bombs are reported to be used by Russian troops somewhere in Hostomel-Irpin district. The use of such weapon is prohibited by Geneva Convention. Photo – ITV News. pic.twitter.com/ldsLr6HxmA
In generale, i territori a nord della Crimea, quelli al confine orientale (oltre Donetsk) e settentrionale (oltre Chernihiv) e limitate lande nei pressi di Kiev sono in mano alle truppe russe, ma si tratta comunque di aree minoritarie del paese e perlopiù di campagna. A parte qualche villaggio, le grandi città restano controllate dall’Ucraina.
Un mese di guerra in Ucraina vista con i numeri
Da quando è iniziata la guerra in Ucraina sono già stati oltre 3,5 milioni a fuggire dal paese, in quello che è stato definito come l’esodo più veloce del dopoguerra in Europa. Gli sfollati totali, compresi cioè quelli che si sono spostati internamente al paese, sono 6,5 milioni. Chi è riuscito a varcare il confine invece ha raggiunto soprattutto la Polonia, dove si trovano per ora circa 2 milioni di profughi. Molti altri sono arrivati in Romania e Moldavia e da lì è proseguito il viaggio verso mete più lontane, come l’Italia. Al 24 marzo sono oltre 63mila quelli arrivati qui.
Molta più incertezza c’è invece sui numeri della guerra, in relazione alle vittime civili e militari. Le difficoltà sul campo della Russia si stanno traducendo in perdite ingenti, tanto in termini logistici che umani. I mezzi militari persi in un mese sarebbero almeno 1.700, tra cui decine di elicotteri e altri mezzi aerei, abbattuti dalla contraerea ucraina. Molti video circolati in rete hanno poi mostrato file infinite di carri armati e altri veicoli militari russi abbandonati o distrutti lungo le strade. Per quanto riguarda il lato umano, la Nato nelle scorse ore ha detto che i soldati russi caduti in battaglia sarebbero tra i 7mila e i 15mila, mentre i numeri forniti da Mosca sono ancora i 498 diffusi all’inizio di marzo. Se si considerano anche i feriti e i militari rapiti dall’esercito ucraino, la Russia potrebbe aver perso fino a 40mila uomini, il 20 per cento del totale delle truppe dispiegate in Ucraina.
Non si hanno numeri ufficiali sulle perdite di effettivi ucraini, che sarebbero comunque nell’ordine delle migliaia secondo stime. Come migliaia sono i civili ucraini che hanno perso la vita a causa dei bombardamenti e degli attacchi di terra russi. Solo a Mariupol sarebbero già morti in 2.400 secondo l’ultimo aggiornamento del 14 marzo, un numero che nei successivi dieci giorni si è sicuramente impennato visto l’assedio alla città. Secondo l’Unhcr, i civili ucraini morti al 24 marzo sono1.035, mentre le autorità ucraine parlano di 121 bambini uccisi. Anche cinque giornalistisono stati uccisi in questo primo mese di guerra in Ucraina.
Un mese di guerra vista con la diplomazia
Il 28 febbraio a Gomel, in Bielorussia, si sono tenuti i primi negoziati di pace tra delegati della Russia e dell’Ucraina. Sembrava potesse essere un preludio alla fine della guerra in Ucraina, in realtà in quell’occasione come nei successivi tre incontri (prima fisici, poi in videoconferenza) non sono stati fatti passi avanti se non nella realizzazione di alcuni corridoi umanitari per favorire l’evacuazione dei civili dalle città bombardate, spesso non rispettate dalle truppe di Mosca. In mezzo si è tenuto anche un incontro in Turchia tra il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov e il suo omologo Dmytro Kuleba, che però ha portato a un nulla di fatto.
Talks between #Russian & #Ukrainian delegations have started in the Gomel Region in #Belarus today(28/2). #China supports &encourages all diplomatic efforts conducive to the peaceful resolution of the Ukrainian crisis &welcomes the launch of peace talks between Russia &Ukraine. pic.twitter.com/R0gviZ2KKb
Mentre cade la prima mensilità dell’aggressione russa, la portavoce del ministero degli Esteri della Russia, Maria Zakharova, ha ora annunciato l’avvio di un nuovo round di tele-negoziati, su cui le aspettative restano molto basse nonostante il 16 marzo il capo negoziatore ucraino Mykhailo Podolyak avesse dichiarato che un accordo di pace sarebbe stato possibile nel giro di 7-10 giorni e il Financial Times più o meno in contemporanea avesse annunciato l’esistenza di una bozza di accordo tra Russia e Ucraina già in stato avanzato (versione smentita da Kiev).
Mentre i due paesi belligeranti si incontravano, anche la diplomazia occidentale non è rimasta a guardare. Il presidente francese Emmanuel Macron ha avuto diverse telefonate con Vladimir Putin per cercare di convincerlo, senza successo, a desistere. Il primo ministro israeliano Naftali Bennett si è recato direttamente a Mosca il 5 marzo per dialogare con il presidente russo, mentre dall’altro lato il presidente ucraino Zelensky si è collegato in videoconferenza con diversi parlamenti del mondo, compreso quello italiano il 22 marzo.
Anche i partner della Nato e i europei hanno mantenuto un costante dialogo tra di loro in questo primo mese di ostilità al confine orientale dell’Unione europea, soprattutto per la definizione delle sanzioni da comminare alla Russia, così come per organizzare la spedizione di armamenti con cui sostenere la loro resistenza. Mosca è stata di fatto esclusa dal sistema finanziario internazionale, come nel caso dello Swift, le esportazioni verso il paese sono state in parte limitate, molte aziende hanno smesso di fare affari con la Russia, che si è anche vista esclusa dalla gran parte delle manifestazioni culturali e sportive del mondo. Il 23 marzo il presidente americano Joe Biden è partito per l’Europa, per partecipare fisicamente alle riunioni della Nato, del G7 e del Consiglio europeo, dove si è discusso di un nuovo, ennesimo pacchetto di sanzioni contro Mosca e dell’aumento della pressione militare indiretta sul paese.
Today in Brussels I’m meeting with our NATO Allies, G7 members, and the European Council to discuss our ongoing response to Russia’s unprovoked and unjustified attack on Ukraine. We stand united in defense of democracy and with the people of Ukraine.
Anche l’Onu, attraverso l’Assemblea prima e la Corte internazionale di giustizia poi, hanno condannato l’aggressione russa. Tra le grandi potenze, solo la Cina ha mantenuto per tutto il mese un atteggiamento ambiguo nei confronti della Russia, contro le ostilità ma senza mai schierarsi apertamente contro Vladimir Putin.
Un mese di guerra vista con gli occhi di Vladimir Putin
“L’operazione sta andando avanti secondo i piani”, ripetono a cadenza più o meno quotidiana da Mosca. Ma ormai tutti gli analisi, sull’onda dei numeri e delle notizie che arrivano dall’Ucraina e dalla Russia stessa, sono concordi nel dire che le cose non stanno proprio così.
Secondo alcuni documenti in cui sono entrate in possesso le intelligence occidentali, così come da dichiarazioni dei soldati russi finiti tra le mani dell’esercito ucraino, quella pensata da Mosca doveva essere una guerra lampo, qualcosa da 48-72 ore. Si pensava che Kiev sarebbe caduta subito, così come dovevano cadere in poco tempo le altre principali città del paese. Invece la resistenza ucraina si è rivelata di un livello decisamente superiore al previsto, rinforzata anche da migliaia di civili che si sono uniti ai combattimenti tornando anche in patria dall’estero, e dalle armi inviate dai paesi della Nato.
Oggi l’avanzata russa è ferma più o meno a dov’era dopo la prima settimana di conflitto. In alcuni casi addirittura le forze ucraine hanno ripreso il controllo di alcuni territori, come quello di Irpin. E non è un caso che le colonne russe abbiano smesso di avanzare e si siano focalizzate solo su alcuni obiettivi. Come a Mariupol, dove si sta concentrando il più dell’offensiva russa, con il doppio obiettivo di logorare la città e la sua popolazione per velocizzare la resa per sfinimento e di non disperdere la propria forza sulle varie direttive dell’aggressione, vista l’incapacità di sfondare i blocchi ucraini.
Di fronte a queste difficoltà, cresce il malumore all’interno della stessa Russia. Il morale delle truppe sul terreno è a terra di fronte alle perdite ingenti di uomini e alle difficoltà logistiche, elemento che sta acuendo le difficoltà dell’operazione. E anche a Mosca le cose non vanno benissimo, dal momento che Putin ha ristretto ulteriormente le maglie del dissenso con nuove leggi ad hoc e migliaia di arresti arbitrari. La ciliegina sulla torta in questo senso è arrivata il 23 marzo, quando l’ex vice primo ministro russo e finora stretto collaboratore del presidente, Anatoly Chubais, si è dimesso dal suo attuale incarico governativo e ha lasciato il paese. Mentre le conseguenze delle sanzioni occidentali si fanno sentire su un’economia russa sempre più in ginocchio e il valore del rublo crolla, per Vladimir Putin la guerra in Ucraina di 72 ore di cui oggi ricorre il primo mese appare sempre più un incubo.
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