A che punto è la guerra in Ucraina? La domanda è cruciale per comprendere in che modo se ne possa uscire.
Gli scenari sono molteplici, ma alcuni sono molto meno probabili di altri allo stato attuale.
In particolare, l’ipotesi di una vittoria dell’Ucraina appare remota.
Nel frattempo, in Occidente c’è chi, come il presidente della Francia Macron, non esclude di inviare truppe al fronte.
I colloqui di pace che erano falliti inizialmente non sono ancora mai stati riproposti, ma c’è un’iniziativa della Svizzera.
Sono ormai quasi due anni e mezzo che la guerra è tornata nel cuore dell’Europa. dopo quella del Kosovo nel 1998-1999, quella subito precedente dei Balcani e, prima ancora, la Seconda guerra mondiale. L’ipotesi di un conflitto che duri ancora a lungo tra Ucraina e Russia, tra minacce nucleari, rischi di escalation con i paesi della Nato e miliardi di dollari di spese militari che potrebbero essere utilizzati per tutt’altri scopi spaventa.
Guterres: “Il mondo entra in un’era di caos”
Facendo riferimento non solo allo scontro tra Kiev e Mosca, nello scorso mese di febbraio il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterresha osservato che “ogni giorno, alla minima occasione, sembra si scateni una guerra. I governi ignorano e calpestano i principi stessi del multilateralismo, senza rendersene conto. Il Consiglio i sicurezza, principale strumento di pace nel mondo, è in un vicolo cieco a causa delle frizioni geopolitiche. I meccanismi che durante la guerra fredda hanno permesso di gestire le relazioni tra superpotenze, in un mondo multipolare sono assenti. Il nostro mondo entra in un’era di caos”.
There is so much anger, hate & noise in our world today. Every day & at every turn, it seems – it’s war.
Around the globe & across the range of issues, peace is the missing piece.
People want peace & security. They want peace & dignity. They want peace & quiet.
Di fronte ad uno scenario come quello descritto dal diplomatico portoghese, che rappresenterebbe un autentico salto nel buio, un processo di de-escalation è quanto mai necessario. Ma quali sono, ad oggi, le possibili vie d’uscita dall’impasse nella quale è finito il mondo intero in Ucraina? Quali i possibili scenari per la fine della guerra? E quali concessioni dovrebbero accettare non solo le parti in conflitto, ma anche le altre diplomazie internazionali a vario titolo coinvolte?
Ad oggi non c’è la volontà delle parti di avviare un dialogo
Va detto che, al momento attuale, non ci sono né segnali di un’imminente vittoria da parte di Russia o Ucraina, né indicazioni sulla volontà da parte dei governi delle due nazioni di avviare un serio dialogo di pace. Per ora, l’impressione è che entrambi i governi siano molto più concentrati sul come rimanere sul campo di battaglia. Per lo meno al fine di arrivare ad una situazione tale da permettere, un domani, di negoziare da una posizione di vantaggio (o di non eccessivo svantaggio).
Altro elemento da prendere in considerazione è il fatto che la strategia delle forze ucraine è stata finora principalmente difensiva. Soprattutto nel 2024, contraddistinto da una serie di avanzate da parte russa, nonché da una apparente mancanza di munizioni (secondo le informazioni fornite dalle autorità ucraine). Si tratta però di una difesa “piuttosto attiva”, ha sottolineato Carole Grimaud, esperta dell’Osservatorio geostrategico di Ginevra, in Svizzera, e fondatrice del Centro di ricerca sulla Russia e l’Europa dell’Est: “Cercano di mantenere le posizioni e colpiscono di tanto in tanto il territorio russo”.
Un braccio di ferro, insomma. Con una linea del fronte mobile e un andamento della guerra a fasi alterne. Ma molti analisti ritengono che una vittoria di Kiev sia, almeno allo stato attuale, improbabile. Uno studio dell’Istituto tedesco Kiel per l’economia mondiale pubblicato alla fine di febbraio e aggiornato ad aprile, ha parlato inoltre di un calo drastico degli aiuti occidentali a Kiev nel 2024. Il che ha spinto il presidente Volodymyr Zelensky ad imporre un calo da 27 a 25 anni dell’età minima per entrare nell’esercito. Ecco allora, sulla base di tale situazione, qualcuno degli scenari possibili, a partire da quelli più estremi.
La capitolazione dell’Ucraina
Benché poco probabile, poiché l’Occidente potrebbe intervenire, non si può escludere con certezza una sconfitta totale da parte dell’Ucraina. In questo caso, ovviamente, la Russia risulterebbe vincitrice su tutta la linea e non dovrebbe negoziare nulla. A quel punto ci sarebbero due possibilità per Mosca.
L’annessione alla Russia
La prima: mantenere un controllo militare stretto sulla nazione, in vista di un’annessione tout court, come è stato nel caso della Crimea. Il rischio in questo senso sarebbe duplice: da una parte è molto probabile che l’Occidente non starebbe a guardare, anche perché alcuni paesi europei sarebbero direttamente minacciati, a partire dalla Polonia e dalle repubbliche baltiche.
Un protettorato di Mosca
La seconda opzione per Mosca potrebbe essere quella che prevede l’imposizione di una sorta di protettorato, più o meno ufficiale. Certamente con un governo fantoccio che tenterebbe di declamare la propria autonomia ma che non potrebbe che essere più che gradito a Putin.
La sconfitta della Russia
All’opposto, una possibile vittoria “totale” dell’Ucraina implicherebbe la cacciata delle truppe russe e la liberazione dell’intero territorio. Ad oggi, tale possibilità appare la più improbabile. Anche per via del fatto che il conflitto, particolarmente lungo, ha permesso all’esercito di Mosca di consolidare una serie di posizioni nell’Ucraina orientale. Inoltre, l’arsenale di cui dispone il Cremlino resta più importante rispetto a quello di Kiev.
Benché improbabile, questo scenario se si realizzasse potrebbe comportare l’implosione politica della Russia, magari come conseguenza di una rivoluzione di palazzo o di un sollevamento popolare. Proprio poiché le conseguenze sulla Russia sarebbero imprevedibili, però, Putin potrebbe giocare tutte le carte a sua disposizione prima di arrendersi.
Un intervento più massiccio dell’Occidente
Allo stesso modo, in caso di difficoltà davvero gravi, le forze occidentali potrebbero decidere di incrementare ulteriormente gli aiuti concessi all’Ucraina. In questo modo potrebbero contribuire a contrastare la Russia ma, di contro, potrebbero convincere Putin del fatto che l’Occidente si sta davvero lanciando in una guerra aperta contro Mosca. Con tutti i rischi che ciò comporta.
Ma qualora ciò non dovesse instillare prudenza nelle diplomazie, e anche nella Nato, in che modo potrebbe tradursi, concretamente, un maggiore impegno al fianco di Kiev?
La strategia-Biden: più armi e munizioni
La strada finora adottata dalle diplomazie occidentali è passata, come noto, per l’invio di armi e munizioni all’esercito ucraino. Anche la tipologia di forniture cambia però sostanzialmente il dato “politico”: un conto è fornire elmetti e giubbotti antiproiettile, altro è inviare armi leggere. Altro ancora carri armati. E ancor di più aerei e missili. In una partita nella quale si gioca col fuoco, occorrono moderazione, prudenza e riflessioni prima di assumere ogni scelta.
Early Wednesday, the national security package arrived at my desk.
Before noon, I had signed it into law.
And this week, we’re sending weapons and equipment to Ukraine as it defends itself against Russian bombardment.
L’ipotesi lituana: agenti addestratori occidentali in Ucraina
Un’altra proposta è stata avanzata dal ministro degli Esteri della Lituania, Gabrelius Landsbergis, che in un’intervista concessa al quotidiano britannico The Guardian ha evocato la creazione di una coalizione di paesi occidentali con un obiettivo preciso. Organizzare l’invio di personale militare in Ucraina, con compiti di addestramento al fine di migliorare la difesa aerea della nazione di Zelensky.
L’ipotesi di Macron: l’invio diretto di truppe
“Potrebbe essere un primo passo dell’iniziativa di Macron“, ha aggiunto Landsbergis. Il diplomatico baltico ha così di fatto accolto, sebbene parzialmente (o “per gradi”) un’ipotesi avanzata a più riprese dal presidente della Francia, che ha minacciato l’invio diretto di truppe sul suolo ucraino, nel caso in cui l’esercito di Kiev perdesse troppe posizioni.
In termini militari, l’idea dell’Eliseo è di intervenire per evitare un tracollo e scongiurare una capitolazione ucraina. Si tratterebbe però di una scelta drastica e di un autentico salto nel buio. È del tutto evidente infatti che se a sparare contro soldati russi fossero truppe occidentali, nella migliore delle ipotesi Putin si considererebbe in guerra anche con la nazione alla quale quei militari appartengono. Nella peggiore, potrebbe interpretare la presenza di uomini di paesi della Nato come un coinvolgimento dell’intera Alleanza atlantica. Il rischio di un conflitto allargato, e forse mondiale, potrebbe davvero divenire concreto.
Non a caso, finora la proposta francese ha ottenuto pochissimi consensi. E molte prese di distanza, a partire da quella della Germania di Olaf Scholz.
La variabile-Trump
Un altro scenario, maggiormente politico, è quello che lega le sorti del conflitto russo-ucraino alle elezioni che si terranno negli Stati Uniti nel prossimo novembre. Come noto, infatti una rielezione di Donald Trump alla Casa Bianca non può essere affatto esclusa. Ciò imporrebbe un cambiamento di rotta forse diametrale da parte di Washington, rispetto a Kiev.
Il miliardario americano è considerato da molti se non “vicino” per lo meno “non ostile” a Putin. Trump ha inoltre spiegato a più riprese di essere contrario all’invio di armi in Ucraina. Il leader russo potrebbe perciò puntare ad attendere le elezioni di novembre, per poi sfruttare la debolezza ucraina ed affondare il colpo (sempre che ad intervenire, anche per “sostituire” gli Stati Uniti, non siano i governi europei, il che potrebbe riportare allo scenario-Macron).
Un congelamento della linea del fronte
Un’ulteriore possibilità passa per un cessate il fuoco basato su una sorta di “congelamento” della linea del fronte. Una soluzione che però imporrebbe una riedizione di quanto accaduto ad esempio tra Corea del Nord e Corea del Sud. O ancora, sebbene, in termini e genesi totalmente diverse, tra Germania Ovest e Repubblica democratica tedesca all’indomani della Seconda guerra mondiale.
Si tratterebbe di uno scenario certamente particolarmente duro per la popolazione civile, simile se non ad una guerra fredda per lo meno ad una “pace armata” che non è dato sapere per quanto tempo potrebbe reggere. L’Ucraina sarebbe infatti costretta a rinunciare di fatto a un pezzo del proprio territorio; di contro, potrebbe forse firmare degli accordi di difesa con la Nato, con l’Unione europea (o con entrambi) per rendere difficilmente violabile la parte di suolo rimasta in suo possesso.
Una conferenza di pace
Lo scenario più ottimistico, infine, è quello che passerebbe per una conferenza di pace. Si tratta, però, di un’ipotesi che appare allo stato attuale decisamente remota. I tentativi di dialogo che furono organizzati nelle prime settimane di conflitto non portarono di fatto a nulla. Tuttavia, i prossimi 15 e 16 giugno, la Svizzera organizza sul Bürgenstock (nel Canton Nidvaldo) una conferenza di alto livello sulla pace in Ucraina.
Honored to invite global leaders to the first Summit on Peace in #Ukraine.
Lo scopo dell’incontro a livello di capi di Stato e di governo è “di sviluppare una visione comune verso una pace giusta e duratura in Ucraina”, spiegano le stesse autorità elvetiche. Che fanno sapere di aver invitato delegazioni da 160 paesi, tra le quali, però, non figura quella della Russia. Non si tratterà perciò di un negoziato tra le parti: piuttosto di un tentativo di porre delle basi affinché tale negoziato possa un giorno essere organizzato.
La strada per uscire dal conflitto in Ucraina è perciò nebulosa. Le variabili in gioco sono molte e, ad oggi, nessuno è in grado di prevedere cosa accadrà concretamente. La sola certezza è che un processo di pace potrà essere avviato soltanto con una de-escalation e con una sincera volontà politica da parte di tutti i soggetti coinvolti. Per ora, invece, sia da parte russa che occidentale, in troppi preferiscono alzare i toni e avanzare minacce.
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