L’anno che sta per concludersi fa ben sperare per il futuro dell’energia solare. I dati globali sul fotovoltaico crescono, gli esempi positivi si moltiplicano. Sebbene resti molto lavoro da fare, seguire il sole ci manterrà sulla strada giusta.
Guerra e ambiente
E se, prima di dichiarare una guerra, ci si fermasse un attimo per discutere dei danni ambientali che ci saranno, che persisteranno per decenni e che si espanderanno oltre i confini?
Non se ne parla quasi mai, ma ogni guerra oltre a essere una
catastrofe umana ed economica è anche un disastro ecologico:
animali, piante e boschi distrutti, corsi d’acqua e aria inquinati,
terra avvelenata dagli inquinanti delle bombe.
Disastri con un impatto violento e immediato come quello causato
dalla bomba atomica in Giappone, a Hiroshima e Nagasaki, non sono
più successi. Ma non è certo meglio ciò che
è avvenuto in Indocina una trentina di anni fa: gli effetti
delle bombe defoglianti come l’agent orange rovinano tutt’oggi, in
terza generazione, la salute della popolazione.
Già nell’antichità si usavano delle strategie per
distruggere l’ambiente, come quando alla fine della terza guerra
punica i Romani spargevano sale su Cartagine rasa al suolo, per
rendere il terreno sterile. Questo antico tentativo di far
perdurare la vittoria sul nemico creandogli un ambiente invivibile,
oggi fa sorridere. Ma il meccanismo è tutt’ora lo stesso, la
grande differenza sta nel fatto che i mezzi inquinanti di oggi sono
ben più potenti di quanto lo era il sale. Quelli di oggi si
diffondono nell’aria e nell’acqua senza fermarsi ai confini, hanno
effetti sulla salute e sull’ambiente che non conosciamo bene e che
durano a lungo termine. E come ancora ricordiamo dalla guerra sui
Balcani, gli inquinanti di oggi non rovinano solo la salute dei
militari, ma anche quella della popolazione civile e delle
delegazioni umanitarie.
- Allarme uranio in Afghanistan
Le prime analisi svolte sulla popolazione civile mostrano livelli
notevolmente superiori alla norma di uranio. E questa volta si
tratta di uranio, non di uranio impoverito. - Armi
chimiche: malattie e ambiente avvelenato
Diossina, uranio impoverito e radioattività sono delle
sostanze cancerogene che vengono usate a maniche larghe nelle
guerre. Gli effetti devastanti si manifestano sui soldati di
ambedue gli schieramenti, sulla popolazione civile e sulla
natura. - Bombe
e mine inesplose
Il più delle volte sono le nazioni industrializzate che
disseminano bombe e mine nei paesi che basano la propria economia
sull’agricoltura. Vasti terreni rimangono così
inutilizzabili. - Guerra ecologica con i poli
industriali
Industrie chimiche, farmaceutiche ed altro sono facili e
pericolosissimi bersagli da bombardare. La fuoriuscita di metalli e
veleni possono mettere in ginocchio intere regioni.
Siamo anche su WhatsApp. Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Il nostro pianeta attraversa una crisi profonda, ma due corposi rapporti dell’Ipbes indicano alcune vie di uscita.
Innalzamento del Mediterraneo: quali impatti su acqua e coste? Lo abbiamo chiesto a Grammenos Mastrojeni, tra minacce e soluzioni sostenibili.
FacilitAmbiente mette a disposizione professionisti che riuniscono i soggetti coinvolti da un progetto, raccogliendo e valorizzando i loro contributi.
Climathon 2024 è l’hackaton che ha riunito giovani talenti a Courmayeur per sviluppare idee innovative e sostenibili, affrontando le sfide ambientali della montagna.
Dopo Milano, il progetto PiantiAmo il futuro di Nescafé arriva a Ferrara: piantato presso la Nuova Darsena il primo dei duecento nuovi alberi in città.
Paul Watson è stato rilasciato dalla prigione in Groenlandia dove era detenuto da luglio. Respinta la richiesta di estradizione in Giappone.
Sull’arcipelago di Mayotte, territorio d’oltremare dipendente dal governo francese, per ora si contano 15 morti e centinaia di feriti. I servizi essenziali sono al collasso.
Alla Cop16 si sperava in un protocollo per fronteggiare siccità e desertificazione, ma la decisione è stata rimandata.