Tornano le puntate speciali del podcast condotto da Giovanni Mori, registrate nelle Oasi Lavazza ¡Tierra! Si parla di benessere mentale.
Gestisci lo stress alla guida
Per centinaia di migliaia di anni la nostra specie ha usato la forza muscolare per spostarsi, lavorare e sfuggire le minacce con la corsa o affrontarle con la lotta. Il nostro stile di vita è cambiato ma il meccanismo dello stress è antico e scatta in automatico: per gestire meglio le nostre energie e goderci di più la guida oggi possiamo allenare centratura e presenza.
Nell’immaginario collettivo, l’automobile si carica di significati. Diventa estensione di sé, simbolo del proprio posto nel mondo, espressione del proprio modo di condursi nella vita. Ma quando si è alla guida è importante ricordarsi che un automobile è prima di tutto un mezzo di locomozione con una funzione pratica e, soprattutto, con un sapiens alla guida.
Purtroppo è più facile imparare a guidare un auto che imparare a guidare se stessi; e mentre ci sono scuole guida ed esami prima di poter prendere la patente, non ci sono corsi obbligatori corrispondenti per acquisire l’opportuna capacità di gestione del motore interno coerentemente con gli obiettivi desiderati e il tipo di strada percorsa. Questa discrepanza di capacità di guida, esterna e interna, porta spesso a comportamenti inadatti alla situazione, o a livelli di stress inutili, controproducenti e con ripercussioni anche sugli altri.
Come “guidarsi” meglio, per poter anche “guidare l’auto” con maggior attenzione e piacere anche nelle situazioni difficili? La parola magica è “presenza”; a se stessi prima di tutto. Lo stress è un meccanismo antico, nasce con il lodevole obiettivo di salvarci la vita quando appare una tigre dai denti a sciabola da cui è meglio allontanarsi il prima possibile. Si traduce in scarica di adrenalina alle gambe e alle braccia, che ci mette in condizioni di poter correre e/o lottare. Quando siamo al volante della nostra auto con le mani sul volante e i piedi sui pedali… serve a qualcosa? No.
Quindi la presenza è quella capacità di ascolto interiore e di dimestichezza con le nostre reazioni personali – che sono diverse per ognuno di noi – in modo da non permettere al meccanismo di scattare automaticamente ma di intervenire con le opportune contromisure prima che il ciclo di scarica ormonale si attivi in pieno. Come si fa? Respirando e contando fino a 10, sin dai primissimi sintomi. Sembra banale, ma irrorando il cervello di ossigeno e ritardando di qualche istante l’attivazione automatica del meccanismo dello stress – bastano pochi secondi – la ragione riprende il sopravvento sull’istinto e ci permette di scegliere come gestire la situazione in base al contesto e agli obiettivi desiderati. Ci permette, soprattutto, di risvegliarci dall’incantesimo che ci fa vivere un sorpasso come una minaccia alla nostra potenza, un colpo di clacson come un rimprovero, un lampeggiamento in corsia di sorpasso come un sopruso. Ci evita quindi di dare significati inadatti e inconsistenti a eventi esterni che spesso vengono irrazionalmente rivestiti di valenze emotive in cui si riflettono pensieri e fantasie che con la realtà non hanno sulla da spartire.
Quando ci si dimentica che all’interno di ogni auto c’è un altro homo sapiens, un altro essere umano, il campo è aperto all’immaginazione e al pensiero irrazionale che ci fa vedere non quello che c’è ma quello che temiamo o che abbiamo bisogno di incontrare. Partendo dal respiro, che ricarica la mente razionale, e scegliendo di portare l’attenzione dall’interno anche all’esterno, e quindi a colui o colei che è dentro all’auto che… ci sta stressando, tutto si ridimensiona. Riportando l’attenzione alla realtà si blocca il meccanismo dello stress, che non ha più ragione di esistere in una società in cui i conflitti non si risolvono a pugni e le minacce non si affrontano correndo.
Le prime due fasi del ciclo di centratura sono, quindi: 1. attenzione a me stessa/o: “come sto?”; e 2. attenzione all’altro e al contesto “chi c’è, quale è la situazione?”.
La fase decisiva, nella scelta dell’atteggiamento da assumere, è la terza: “cosa voglio per me in questo momento?”. Sono in corsia di sorpasso e qualcuno mi lampeggia perché ha smania di correre persino oltre il limite di velocità consentito… voglio godermi la guida serenamente e mi scoccia avere qualcuno che mi tallona? Rientro in corsia di destra. Ho fretta anche io e voglio superare ancora un altro camion prima di rientrare? Proseguo tranquillo a mio ritmo e chi è dietro a me, aspetterà. Inutile spaventarsi, inutile arrabbiarsi, inutile dare significati ‘altri’ che la situazione non ha.
In ogni automobile c’è un altro essere umano, non una minaccia, non un nemico, nel peggiore dei casi c’è qualcuno che non sa guidare o che non rispetta i requisiti necessari alla sicurezza sulla strada o che è alterato; nel qual caso si tratta di allontanarsi e basta. Stressarci ci arrecherà solo danno, ci renderà meno lucidi nell’affrontare la guida, che è un attività che richiede sempre attenzione e presenza, e trasformerà in disagio quello che può diventare, con l’opportuno allenamento, un momento di relax e piacere in cui mettiamo in campo la nostra capacità di guidare e guidarci verso le mete desiderate.
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