Aggiornamento domenica 17 luglio – Il bilancio dei gravi scontri che per giorni hanno bloccato la capitale di Haiti, Port au Prince, ed in particolare il quartiere della Cité Soleil, si è aggravato fortemente. Secondo quanto indicato dalle autorità dell’isola caraibica, il totale tra morti e feriti è di almeno 234 persone. Molte delle quali, ha sottolineato l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani, “non sono legate alle gang in lotta. Abbiamo anche ricevuto nuove informazioni su violenze sessuali” perpetrate nella bidonville.
È di almeno 89 morti il bilancio dei violenti scontri che da una settimana hanno paralizzato la capitale di Haiti, Port au Prince. Ad annunciarlo è stata l’organizzazione non governativa locale Rete nazionale per la difesa dei diritti umani. A generare la tragedia è una guerra in atto tra bande rivali, che si battono senza che la polizia possa intervenire, per mancanza di uomini e di equipaggiamento adeguato.
Epicentro degli scontri la bidonville di Cité Soleil
Teatro della surreale situazione è stata la Cité Soleil, ovvero la località più povera e più densamente popolata di Port au Prince. Qui a lungo le giornate sono state scandite dal crepitio delle raffiche di armi automatiche, con il risultato che al bilancio occorre aggiungere anche 74 feriti.
La popolazione, da giovedì 7 luglio è costretta a barricarsi in casa, senza poter attraversare i corridoi della bidonville. Impossibile uscire anche solo per cercare acqua e cibo. Alcuni di coloro che ci hanno provato, sono morti colpiti da proiettili vaganti. Che hanno raggiunto alcuni abitanti perfino all’interno delle abitazioni. Ciò senza che neppure le ambulanze riescano ad intervenire.
Medici senza frontiere chiede di risparmiare i civili
L’area, insomma, si è trasformata in un campo di battaglia. Medici senza frontiereha lanciato un appello affinché “tutti i belligeranti permettano il passaggio dei soccorsi verso la Cité Soleil e risparmino i civili”. La stessa associazione umanitaria, che è comunque riuscita a curare una quindicina di feriti nel suo ospedale locale, ha parlato di cadaveri bruciati o abbandonati nelle strade.
Al di là della bidonville, gli scontri stanno bloccando l’intera attività economica di Port au Prince e della porzione settentrionale di Haiti. Nella capitale i benzinai non riforniscono più carburante e per ottenerlo è necessario rivolgersi al mercato nero, che vende a prezzi esorbitanti. Chi guida i taxi-moto nella città ha eretto per questo barricate in numerosi grandi assi stradali, per protesta.
Ad Haiti i rapimenti sono ormai la normalità
Soprattutto (ma non solo) per gli stranieri, inoltre, circolare sull’isola è sempre più pericoloso: i rapimenti sono all’ordine del giorno: soltanto nel mese di giugno ne sono stati compiuti 155, dopo i 118 di maggio. I gruppi criminali godono infatti di una sostanziale impunità. Il che sta contribuendo a far sprofondare Haiti in una spirale.
Il capo della gang G9 ha dichiarato che ci saranno una guerra civile e un genocidio se il primo ministro Henry non si dimette, acuendo la crisi ad Haiti.
Secondo l’Unicef, gli scontri tra bande criminali rivali, assieme all’inflazione e alla povertà, stanno portando migliaia di bambini a soffrire la fame.
19mila bambini, spesso non accompagnati, hanno attraversato nel 2021 il Darien Gap, una giungla impervia popolata da gang criminali lungo la rotta migratoria che porta negli Usa.
Un bando diffuso dal Dipartimento della sicurezza interna Usa sollecita attori privati a farsi avanti per la gestione della struttura, chiusa nel 2017 dall’amministrazione Obama.
15mila migranti di Haiti, entrati nei giorni scorsi negli Usa e accampati sotto un ponte, saranno oggetto di una delle espulsioni di massa più grandi di sempre.