Hamas ha accettato l’accordo per il cessate il fuoco, ma Israele bombarda Rafah

Hamas ha informato i mediatori del Qatar e dell’Egitto di aver accettato la loro proposta per un nuovo cessate il fuoco a Gaza e per il rilascio degli ostaggi, ma Rafah viene colpita da Israele.

Nella serata di lunedì 6 maggio è arrivata la notizia che Hamas ha accettato la proposta per il cessate il fuoco presentata da Egitto e Qatar. Ma rimane incerto: mentre i palestinesi di Gaza festeggiano in strada la notizia, Israele ha iniziato a colpire obiettivi nella parte orientale di Rafah.

Il governo israeliano ha ribadito che la proposta non soddisfa i suoi requisiti, ma manderà comunque una delegazione a Il Cairo per negoziare. Tuttavia, ha anche dichiarato di avere intenzione di proseguire con l’operazione militare nella città meridionale della Striscia, dove nella mattinata aveva ordinato l’evacuazione di decine di migliaia di palestinesi sfollati.

“Il gabinetto di guerra ha deciso all’unanimità questa sera che Israele continuerà la sua operazione a Rafah, al fine di applicare una pressione militare su Hamas in modo da anticipare il rilascio dei nostri ostaggi e raggiungere gli altri obiettivi della guerra”, ha dichiarato un comunicato dell’ufficio del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu.

Cosa prevederebbe l’accordo tra Hamas e Israele

Se inizialmente le clausole dell’accordo non sono state rese pubbliche, anzi, John Kirby, portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca, ha rifiutato di commentare la proposta di cessate il fuoco, i notiziari in lingua araba hanno pubblicato quello che, secondo loro, era il testo completo dell’accordo.

Secondo l’emittente televisiva saudita Al Arabiya, in base ai dettagli annunciati finora da funzionari di Hamas e da un funzionario informato sui colloqui, l’accordo che il gruppo palestinese ha detto di aver accettato è diviso in in tre fasi di sei settimana l’una.

Nella nottata Al Jazeera ha reso pubblici i dettagli dell’accordo tra Hamas e Israele. Nella prima fase, ci sarebbe una temporanea cessazione delle ostilità tra Hamas e Israele e un ritiro delle forze israeliane verso est, lontano dalle aree più popolate di Gaza, e verso il confine tra Israele e l’enclave palestinese. Gli aerei e i droni israeliani smetterebbero di sorvolare la Striscia per dieci ore al giorno, mentre nelle giornate di rilascio degli ostaggi si fermeranno per dodici ore.

Per il rilascio degli ostaggi, si prevede che Hamas consegnerà alle forze israeliane, vivi o morti, 33 prigionieri che saranno donne, persone di età superiore ai 50 anni, malati e civili minori di 19 anni. Per ogni prigioniero civile israeliano rilasciato vivo, Israele rilascerà 30 palestinesi detenuti. Per ogni soldatessa rilasciata da Hamas, Israele rilascerà 50 palestinesi.

Il ritiro parziale delle forze israeliane dovrebbe permettere ai civili palestinesi sfollati di tornare alle loro case nel centro e nel nord della Striscia. Separatamente, l’accordo prevede che i lavori di ricostruzione a Gaza debbano immediatamente iniziare in questo momento dell’accordo, così come il flusso di aiuti, e che l’Unrwa e altre organizzazioni umanitarie possano lavorare per aiutare i civili.

Sulle clausole della seconda fase i media arabi riportano versioni contrastanti. Secondo Al Jazeera nella seconda fase dell’accordo, sarebbe prevista la fine permanente delle operazioni militari. Altri media, tra cui Al Arabiya, ma anche fonti occidentali come Reuters, la tregua viene prolungata di altre sei settimane per ripristinare una “calma sostenibile” a Gaza, un linguaggio che un funzionario informato sui colloqui ha detto che Hamas e Israele hanno concordato per togliere dal tavolo la discussione di un “cessate il fuoco permanente”.

Tutti i media, invece, concordano sulle altre clausole di questa fase: il ritiro completo di Israele dalla Striscia e anche un altro scambio di prigionieri, che questa volta coinvolgerebbe tutti gli uomini israeliani rimasti, compresi i soldati tenuti prigionieri a Gaza. Gli israeliani verrebbero rilasciati in cambio di un numero non ancora specificato di prigionieri palestinesi.

Nella terza e ultima fase, si prevede lo scambio finale dei prigionieri e delle prigioniere detenute da entrambe le parti. Per quanto riguarda lo sviluppo, questa fase comporterebbe un piano di ricostruzione della Striscia, con un piano supervisionato da Qatar, Egitto e Nazioni Unite della durata di tre-cinque anni e, cosa forse più importante, la fine del blocco israeliano dell’enclave.

E Rafah?

Il destino di Rafah è rimasto in sospeso tutto il giorno. Gli oltre 1 milione di palestinesi rifugiati a Rafah sono stati gettati nella confusione dagli eventi della giornata. Israele ha emesso ordini di evacuazione di parte della città all’inizio di lunedì, innescando un esodo di migliaia di persone. In serata, dopo l’annuncio di Hamas di aver accettato il cessate il fuoco, si sono riversati nelle strade a festeggiare, ma poi c’è stata delusione e sconcerto quando Israele ha dato una risposta tiepida e ha iniziato a bombardare.

In questo momento, a Rafah, si trovano circa 1,5 milioni di palestinesi, che hanno cercato rifugio nella città più a sud della Striscia, indicata come zona sicura nei mesi scorsi dall’esercito israeliano, ma che non è mai stata esente da bombardamenti. Le condizioni umanitarie per la popolazione civile sono catastrofiche e Catherine Russell, direttrice esecutiva dell’Unicef ha dichiarato nei giorni scorsi che quasi tutti i 600mila bambini che oggi si trovano a Rafah sono feriti, malati, malnutriti traumatizzati o disabili, a causa delle ferite dei bombardamenti.

Mentre un potenziale cessate il fuoco era in bilico, diversi testimoni hanno descritto famiglie spaventate che lasciavano Rafah a piedi, a cavallo di asini, spingendo carrelli o impacchettando le loro cose in camion sovraccarichi, in seguito al lancio dei volantini dell’esercito israeliano in cui sollecitavano i residenti e gli sfollati dei quartieri orientali di fuggire.

L’ordine di evacuazione ha provocato una reazione furiosa da parte dell’Arabia Saudita, che ha descritto la guerra di Israele a Gaza come un “genocidio“. Un comunicato del ministero degli Esteri saudita ha avvertito del “pericolo che le forze di occupazione israeliane prendano di mira la città di Rafah come parte della sua sistematica e sanguinosa campagna di assalto di tutte le aree della Striscia di Gaza e di spostamento dei suoi residenti verso l’ignoto”.

I funzionari israeliani hanno ripetutamente affermato che una “vittoria decisiva” richiede la distruzione di una consistente forza di combattimento di Hamas che, a loro dire, è basata a Rafah, e la cattura o l’uccisione dei principali leader di Hamas che si pensa si stiano rifugiando nei tunnel sotto la città, forse con decine di ostaggi. Quale sia il destino di Rafah ora, tra l’accordo accettato da entrambe le parti e i continui bombardamenti è ancora ignoto.

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