Hamas e Israele stanno valutando un nuovo piano di cessate il fuoco, ma l’accordo pare lontano, nonostante alcune aperture.
- Il 31 maggio gli Stati Uniti hanno presentato un piano di cessate il fuoco composto da una serie di step progressivi.
- Il piano prevede la liberazione degli ostaggi israeliani, il rientro degli sfollati palestinesi e la ricostruzione di Gaza.
- L’ala più estremista del governo israeliano ha minacciato le dimissioni se Netanyahu accetterà l’accordo.
Gli Stati Uniti hanno messo in mezzo al tavolo un nuovo piano di cessate il fuoco tra Israele e Hamas. Il disegno prevede la liberazione degli ostaggi israeliani e di una lista di prigionieri palestinesi, la sospensione dell’offensiva su Gaza con il progressivo ritiro delle truppe israeliane e, infine, il ritorno dei civili palestinesi nelle rispettive case con l’avvio della ricostruzione.
Le negoziazioni sono entrate nella fase più calda e ci sono spiragli di un esito positivo. Perché sia Israele che Hamas sembrano favorevoli alla gran parte dei punti dell’accordo, ma ci sono alcuni elementi chiave che potrebbero far saltare tutto.
Cosa prevede il piano di cessate il fuoco
Il 31 maggio gli Stati Uniti hanno presentato un piano di cessate il fuoco composto da una serie di step progressivi.
La roadmap prevede in primo luogo una sospensione delle ostilità per sei settimane. In questa fase gli sfollati palestinesi residenti nel nord – il territorio più martoriato – farebbero progressivo ritorno nelle loro case, mentre sarebbe garantito un ingente flusso di camion umanitari. Dalla Striscia dovrebbe uscire una prima tranche di ostaggi israeliani nelle mani di Hamas. In una seconda fase le truppe israeliane si ritirerebbero dalla Striscia di Gaza, Hamas libererebbe i restanti ostaggi e Israele una lista di prigionieri palestinesi. Nella terza fase, con la fine definitiva delle ostilità, si darebbe il via alla ricostruzione della Striscia di Gaza, dove oggi oltre la metà degli edifici risulta distrutta o gravemente danneggiata.
Il piano statunitense parla anche di soluzione a due stati, quello di Israele e quello della Palestina. Quest’ultimo vedrebbe il ricongimento della Striscia di Gaza con la Cisgiordania, che sarebbero governati dall’Autorità nazionale palestinese. Mettendo dunque Hamas, che governa la Striscia dalle ultime elezioni del 2006, fuori dai giochi. Quanto meno quelli politici.
Le reazioni di Hamas e Israele
Nella giornata del 3 giugno l’Egitto ha fatto sapere che Hamas ha accolto positivamente la proposta di cessate il fuoco. Più o meno in contemporanea il presidente statunitense Joe Biden ha annunciato che l’approvazione dell’accordo dipende da Hamas, lasciando intendere che Israele abbia accettato i punti al centro delle negoziazioni. Ma le cose sono più complicate di così.
I leader di Hamas hanno preso le distanze dalle dichiarazioni dell’Egitto, dicendosi pessimisti sul raggiungimento dell’accordo. Israele ha sempre detto di volere la distruzione totale dell’organizzazione radicale palestinese, dunque c’è poca fiducia su una reale fine dell’ostilità. Il timore è che possa trattarsi di una trappola. Il piano statunitense prevede poi che Hamas smetta di avere un ruolo politico nella Striscia e questo è un altro punto delicato, dal momento che i rapporti dell’organizzazione con l’Autorità nazionale palestinese non sono buoni.
Lato israeliano, il premier Benjamin Netanyahu si trova tra due fuochi. Da una parte gli alleati statunitensi e l’ala più moderata del governo di unità nazionale, che chiedono a gran voce un cessate il fuoco. Dall’altra la parte più estremista dell’esecutivo, che ha più volte annunciato le dimissioni e dunque la caduta del governo nel caso in cui venissero fatte concessioni ai palestinesi. Il primo ministro israeliano sta prendendo tempo, probabilmente nella speranza che a rifiutare il piano sia Hamas.
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