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Harvard annuncia una pausa agli investimenti nei combustibili fossili
Dopo cinque anni di costanti pressioni da parte dei suoi studenti, l’università di Harvard inizia ad avere i primi ripensamenti sugli investimenti nei combustibili fossili. I tempi non sembrano ancora maturi per uno stop definitivo, ma l’Ateneo ha annunciato una “pausa” ad alcuni investimenti in carbone, petrolio e gas naturale. Il climate change è un
Dopo cinque anni di costanti pressioni da parte dei suoi studenti, l’università di Harvard inizia ad avere i primi ripensamenti sugli investimenti nei combustibili fossili. I tempi non sembrano ancora maturi per uno stop definitivo, ma l’Ateneo ha annunciato una “pausa” ad alcuni investimenti in carbone, petrolio e gas naturale.
Il climate change è un “enorme problema”
L’annuncio, riportato dal Guardian, arriva da Colin Butterfield della Harvard Management Company, che si occupa di gestire le finanze dell’Ateneo. I cambiamenti climatici, ha dichiarato, sono un “enorme problema”. In virtù di questo, si è deciso di fermare “per il momento” gli investimenti diretti in combustibili fossili. Già da qualche tempo comunque la Harvard Management Company aveva iniziato ad abbandonare gradualmente il carbone, che – al di là del suo pesantissimo impatto ambientale – risulta sempre meno conveniente anche da un punto di vista prettamente finanziario. Harvard, ha precisato Butterfield, rimane esposta sui combustibili fossili in modo indiretto, perché i gestori esterni possono decidere in autonomia come amministrare i fondi che vengono loro affidati.
HUGE NEWS! @Harvard “pausing” direct #fossilfuel investment in natural resource portfolio.They won’t call it #divestment but tides changing! pic.twitter.com/CL3rWzAF5U
— Divest Harvard (@DivestHarvard) 26 aprile 2017
Harvard nella bufera
L’università di Harvard è da tempo nell’occhio del ciclone per la gestione del suo patrimonio, pari a 36 miliardi di dollari. Ormai da più di cinque anni gli studenti, riunitisi nel movimento Divest Harvard, chiedono a gran voce alla loro università di liberarsi una volta per tutte da qualsiasi legame, diretto o indiretto, con le compagnie minerarie e petrolifere. Le proteste sono state anche molto accese. Dalle lettere formali ai vertici dell’Ateneo, passando per una denuncia depositata in tribunale, fino all’occupazione degli uffici amministrativi dello scorso marzo.
Di fronte a quest’ultima novità, gli studenti esprimono soddisfazione ma non demordono. Con questa scelta, ha dichiarato il co-fondatore di 350.org Bill McKibbe, Harvard sembra usare “la porta sul retro”. “Questo testimonia la forza della pressione da parte di studenti, professori ed ex-studenti, ma anche la mancata volontà da parte della dirigenza di affermare a chiare lettere: l’era dei combustibili fossili deve finire. Nonostante questo, il valore simbolico è enorme: la più ricca e famosa istituzione educativa del Pianeta ora si schiera dalla parte del futuro, non del passato”, ha dichiarato.
A pleasure to have Professor @CornelWest drop by our blockade today. #DivestHarvard pic.twitter.com/Ne3hpC6IcF
— Divest Harvard (@DivestHarvard) 30 marzo 2017
Le università fossil free
Fin dai primi momenti, le università sono state in prima linea nella campagna globale per disinvestire dai combustibili fossili. Restando nei confini degli Stati Uniti, troviamo Yale che l’anno scorso ha ritirato capitali pari a circa 10 milioni di dollari; il Dartmouth College, nel New Hampshire, che sta meditando provvedimenti simili. O ancora la Cornell University, che ha approvato un protocollo per disinvestire dalle società “moralmente riprovevoli”, senza nominare nello specifico carbone e petrolio. A livello globale, però, le più intraprendenti in assoluto sono le università britanniche. Sono ben 43 quelle che hanno annunciato l’addio ai combustibili fossili, un quarto del totale del Paese.
Foto di apertura © 350.org / Flickr
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