Dal nuovo giacimento, chiamato Johan Sverdrup, la Norvegia potrebbe estrarre quasi 3 miliardi di barili di petrolio. Di qui al 2070.
Hawaii. Da paradiso tropicale a paradiso delle rinnovabili
Stop a carbone, petrolio e gas naturale. Le isole delle Hawaii realizzeranno solo impianti a fonti rinnovabili, tagliando qualsiasi stanziamento per i combustibili fossili. Obiettivo finale: arrivare al 100 per cento di energie rinnovabili entro il 2045. È quanto ha annunciato il governatore David Ige, ingegnere elettrico, durante il summit Asia Pacific Resilience Innovation svoltosi a
Stop a carbone, petrolio e gas naturale. Le isole delle Hawaii realizzeranno solo impianti a fonti rinnovabili, tagliando qualsiasi stanziamento per i combustibili fossili. Obiettivo finale: arrivare al 100 per cento di energie rinnovabili entro il 2045. È quanto ha annunciato il governatore David Ige, ingegnere elettrico, durante il summit Asia Pacific Resilience Innovation svoltosi a Honolulu, capitale delle Hawaii.
Hawaii punta al 100% rinnovabile
In base a una legge approvata l’8 giugno 2015 che mette in bilancio 26 miliardi di dollari, l’arcipelago statunitense non sostituirà con il gas naturale gli impianti di energia elettrica alimentati oggi a petrolio, ma punterà a raggiungere il 100 per cento di energia prodotta da fonti rinnovabili entro il 2045. Inoltre ha anche stabilito che entro i prossimi 20 anni l’Università delle Hawaii diventi a zero emissioni di carbonio (carbon neutral). Grazie a questa presa di posizione del governatore Ige, le Hawaii diventeranno il laboratorio più importante al mondo nella lotta contro i cambiamenti climatici.
L’energia alle Hawaii non è scontata
L’energia elettrica è un problema non indifferente per le Hawaii, essendo un arcipelago in mezzo all’oceano Pacifico e non potendo contare su import elettrici da paesi vicini come fanno invece gli stati sulla terra ferma. Queste isole possono contare solo sull’elettricità da loro prodotta e questo determina un costo molto elevato per chilowattora. L’anno scorso, prima del recente calo del prezzo del petrolio, l’elettricità per fini residenziali costava in media 36 centesimi di dollaro per chilowattora (kWh), contro un costo medio degli Stati Uniti di 12 cent/kWh. Considerato che gli impianti per l’energia delle Hawaii sono stati costruiti prima che diventasse economico trasportare via mare gas naturale, la maggior parte degli impianti di generazione elettrica utilizza petrolio. Si stima che per effetto dei prezzi elevati del petrolio registrati negli ultimi dieci anni, l’energia sia costata alle Hawaii circa 5 miliardi di dollari in più che non erano stati previsti.
Parte dell’impulso dell’attuale corsa verso le energie rinnovabili è quindi motivato dalla necessità di sfuggire alla volatilità dei mercati dei combustibili fossili. Il processo per un futuro con energia verde è comunque già stato avviato: oggi il 22 per cento dell’energia elettrica è prodotta da rinnovabili, prevalentemente solare ed eolico.
Un trend rinnovabile in crescita
Le Hawaii vanno nella direzione già tracciata da papa Francesco con la sua enciclica Laudato si’, con la quale spiega che “esiste un consenso scientifico molto consistente che indica che siamo in presenza di un preoccupante riscaldamento del sistema climatico”, dovuto per la maggior parte alla grande concentrazione di gas serra. Per questo secondo il Papa l’umanità deve “prendere coscienza della necessità di cambiamenti di stili di vita, di produzione e di consumo, per combattere questo riscaldamento”. Anche Obama, con il suo piano Power clean, si è messo in prima linea per la riduzione delle emissioni per contrastare il cambiamento climatico, puntando a tagliare del 32 per cento le emissioni entro il 2030, in particolare le emissioni di anidride carbonica delle centrali elettriche americane. Ma non solo, il primo ministro indiano Narendra Modi, durante il suo intervento all’Assemblea generale delle Nazioni Unite di settimana scorsa, si è detto impegnato per una “climate justice” e lo sviluppo delle rinnovabili.
Anche le piccole isole italiane vivono una situazione simile. Secondo il rapporto di Greenpeace 100 per cento rinnovabili: un nuovo futuro per le piccole isole oggi gli italiani finanziano, con oltre 60 milioni di euro l’anno pagati in bolletta (componente UC4), un modello energetico a petrolio per le piccole isole italiane. Sono in tutto 20 paradisi turistici – tra cui Lampedusa, Pantelleria, Favignana, Giglio, Tremiti – che ancora oggi producono la quasi totalità della propria energia usando generatori diesel. Le possibilità di diventare 100 per cento rinnovabili non mancano anche a queste isole, quello che manca è la volontà politica.
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