Costruire auto elettriche a prezzi accessibili in Europa è possibile. Magari reinventando modelli iconici del passato e conservandone il fascino, come dimostra la Renault 5 elettrica.
“Hey Google, portami a casa”: come i comandi vocali possono cambiare (in meglio) l’uso dell’auto
Elettrica, essenziale nello stile, intuitiva da usare. Debutta in Italia la svedese Polestar 2, l’auto che si compra solo online e si usa (quasi) come uno smartphone.
Avete mai sentito l’espressione less is more? Letteralmente sarebbe meno è di più. Il senso però è più complesso e va trovato nelle parole dell’architetto tedesco Ludwig Mies van der Rohe, ispiratore del concetto secondo il quale l’essenzialità in realtà è una ricchezza. Perché mai parlarvene qui, a proposito di un’auto elettrica? Semplice, perché l’elettrica Polestar 2 colpisce proprio per questo, per l’essenzialità del design esterno. Per il minimalismo degli interni, semplificati nell’uso e nella forma, “circolari” grazie all’ampio ricorso a materiali riciclati, animal-free.
E se vi state chiedendo che marchio sia Polestar, beh, visto che questo è il primo modello elettrico in vendita in Italia, (della Polestar 1, una coupé ibrida ibrida plug-in, vi avevamo parlato tempo fa), ne avreste tutti i diritti: nel caso trovate tutto nella nostra intervista con l’ad Alexander Lutz che spiega molto del marchio e dei legami forti con Volvo. Intanto, la Polestar 2 l’abbiamo provata e ve la raccontiamo qui.
Per molti la Polestar 2 è l’anti Tesla Model 3, vediamo perché
D’accordo, le affinità ci sono. Entrambe sono solo elettriche (Polestar, fatto salvo un primo modello mai arrivato in Italia venderà solo auto elettriche), hanno un aspetto essenziale, dimensioni e prezzi simili, persino prestazioni analoghe. Poi, però, una è americana, la Tesla Model 3, l’altra è svedese nell’animo e cinese nella tecnologia, due approcci all’auto completamente diversi. Ciò non cambia il fatto che, come la sua avversaria americana, Polestar 2 è disponibile in diverse versioni, tre per i livelli di potenza, più numerosi allestimenti: dalla più potente versione equipaggiata con 2 motori elettrici e 300 kW di potenza (408 cavalli) con batteria da 78 kWh, alle versioni più accessibili con 1 motore e batteria da 69 o 78 KWh, mentre non cambia la potenza del 170 kW.
L’autonomia elettrica varia da 474 a 542 chilometri; anche in questo caso le analogie con la Tesla Model 3 sono numerose. Ultima nota di servizio: la Polestar 2 è ordinabile solo online (il che potrebbe non piacere a tutti…), mentre il servizio post-vendita per ora è affidato alla rete Volvo. I primi due Polestar space apriranno in aprile a Milano e a seguire Roma, ma saranno spazi molto diversi da un concessionario auto e comunque non dedicati alla vendita, un po’ sul modello del Volvo studio; curiosa la scelta di riservare la possibilità di provare la Polestar 2 solo ai primi 100 che lo richiederanno sul sito. Volete provarla? I primi test drive si terranno a Milano dal 16 al 18 dicembre.
Sali e lei ti riconosce: addio chiavi!
Se non spiegata potrebbe sembrare una banalità. Su molte auto si sale a bordo senza l’uso delle chiavi, grazie a sistemi keyless di vario genere. Qui è diverso, la chiave non va tenuta nemmeno in tasca; la Polestar grazie al nostro smartphone ci riconosce, ci apre le porte e si accende. A noi non resta che agire sul cambio e partire. Facile, veloce e, ancora una volta, molto simile a quanto accade sulla Tesla. La chiave fisica ci sarebbe (e noi l’abbiamo avuta durante la prova, e a dire il vero ha un aspetto anonimo e molto economico, menomale che nell’uso “normale” al proprietario non servirà mai). L’altra cosa che colpisce a bordo della Polestar 2 è l’assenza di pulsanti o leve, si fa tutto dal grande tablet verticale al centro della plancia (anche questo indovinate quale altra auto elettrica ricorda?).
Un’auto user friendly, quasi come uno smartphone
Fine delle analogie. Da qui in poi, l’elettrica svedese pende le distanze. E lo si capisce interagendo con il sistema di infotainment, concepito insieme a Google. Polestar 2 è una delle prime auto ad utilizzare il cosiddetto sistema operativo Android Automotive, nulla a che fare con Android Auto, il sistema molto diffuso che grazie alla funzione mirroring permette di “duplicare” gli smartphone Android sulla strumentazione dell’auto.
Usate un’iPhone? Nessun problema, il sistema funziona anche con Apple CarPlay. Il risultato? Il sistema sviluppato con Google è estremamente potente, veloce e soprattutto user friendly, facile da usare. Il grande tablet è suddiviso in quattro riquadri per altrettante categorie (telefono media, dati del veicolo e navigazione), interpreta i comandi vocali perfettamente e usa Google maps, con mappe chiarissime, dinamiche e ricche di informazioni, facili da ingrandire o ridurre con due dita, come sullo smartphone; forse il miglior sistema di infotainment attualmente disponibile su un’auto elettrica.
Hey Google, che appuntamenti ho oggi?
Il che vuol dire avere sempre le informazioni sul traffico aggiornate in tempo reale, insieme alle previsioni del tempo, alla disponibilità delle stazioni di ricarica e a molte altre informazioni preziose quando si viaggia. Incluso, ovviamente, il calcolo di quanta autonomia rimane per raggiungere la destinazione, con i suggerimenti sui punti di ricarica lungo il percorso. Il tutto consultabile usando la voce. Basta dire “Hey Google” e poi cosa si desidera: “Navigazione, inserisci destinazione, Milano, via Gerolamo Morone 6 (l’indirizzo di LifeGate, nel cuore di Milano). Oppure si possono fare domande a Google, tipo “quanto dista la prima colonnina di ricarica elettrica da qui?”, oppure “qual è il miglior ristorante vegano a Roma”. O, ancora, “che appuntamenti ho questo pomeriggio?”.
Capite la comodità? Altre auto forniscono strumenti simili, ma spesso l’effetto “lost in translation”, ossia la possibilità di non venire compresi, è alta, finendo sempre per usare il proprio smartphone, distraendosi e compromettendo la sicurezza di guida. Polestar, come Volvo, nasce con una grande attenzione alla sicurezza. Per questo l’assistente vocale di Google è prezioso per tenere gli occhi sulla strada, magari mentre vi legge un sms, un wapp, al quale potete rispondere dettando e inviando una risposta.
Polestar 2, come va e cosa offre
Bene, fin qui gli aspetti più legati alla connettività di Polestar 2, in effetti uno degli aspetti che colpiscono di più. Poi c’è il resto. L’abitacolo? Semplice, forse troppo in alcuni dettagli. Essenziale nelle forme, la qualità c’è, niente rumori o cigolii, nemmeno sulle buche del nostro test drive. Gli interni (purtroppo solo nelle versioni “standard”) sono vegani, senza pelli o lana di origine animale. Quanto al piacere di guida, anche nella versione che abbiamo provato (Long range single motor), che rinuncia agli ammortizzatori speciali Öhlins o ai potenti (e italianissimi) freni Brembo, le prestazioni sono notevoli. In città viene subito da selezionare il massimo grado di frenata rigenerativa (tre in tutto) che fornisce una pronta decelerazione. Fuori città invece è bello sperimentare le diverse impostazioni previste per il comando dello sterzo, più o meno sensibile, ma sempre preciso e piacevole.
L’autonomia elettrica è notevole, in tutte le versioni, anche se, conti alla mano, realmente si può contare su circa 350-380 chilometri, dipende sempre dal percorso e dallo stile di guida; comodo, d’invero, la possibilità di preriscaldare l’abitacolo finché l’auto è in ricarica, in modo da non intaccare l’autonomia della batteria. Il caricabatterie di bordo standard è in grado di gestire 11 kW: per un “pieno” significa circa 7 ore. Ma Polestar 2 può accettare potenze di ricarica fino a 155 kW, il che significa ridurre a circa mezz’ora il tempo per raggiungere l’80 per cento della carica. A proposito delle batterie, Polestar grazie all’utilizzo della tecnologia blockchain dichiara di tracciare il cobalto usato nelle batterie che alimentano le sue auto elettriche, un sistema che “permette l’utilizzo di cobalto estratto in modo responsabile, limitandone l’impatto ambientale e allo stesso tempo salvaguardandolo dallo sfruttamento di qualsiasi forza lavoro”, sottolinea una nota.
Polestar 2 è un’auto pratica, pensata per il quotidiano
Altri aspetti? Polestar 2 può tranquillamente essere l’auto di famiglia, quella per il casa-lavoro in elettrico, quella del we con la famiglia. Insomma, un’auto pensata per il quotidiano, pratica. I sedili sono comodi, l’insonorizzazione notevole, lo spazio adatto per quattro adulti. Il portellone posteriore elettrico (apribile anche con il piede, comodissimo quando si hanno le mani impegnate) dà accesso a uno spazio abbastanza generoso, mentre piccoli oggetti e i cavi di ricarica trovano spazio nel piccolo vano ricavato sotto il cofano anteriore. Strano che il tetto panoramico in vetro (fisso) non sia completamente oscurabile da una tendina e un po’ ridotta la visibilità posteriore, problema risolto in parte da telecamere e sensori di parcheggio.
La politica, i prezzi e… quell’optional “stonato”
E adesso qualche valutazione sul prezzo. La Polestar 2 è disponibile in 3 versioni, dalla più prestazionale Long range dual motor, alla Long range single motor fino alla Standard range single motor, con un listino, rispettivamente di 57mila 900 euro, 54mila 400 e 50mila 900 euro. La politica del marchio è offrire una dotazione di serie completa sin dal primo allestimento, con poche possibilità di personalizzazione però. Completa vuol dire… il citato sistema di infotainment Android Automotive (con connessione inclusa di 3 anni), 4 prese usb-c. (2 anteriori e 2 posteriori), impianto hi-fi con 8 altoparlanti, cavi di ricarica Mode 3 e 2, climatizzatore a 2 zone e sedili anteriori riscaldati.
Poi c’è l’aspetto sicurezza, molto curato: di serie sistemi anticollisione con rilevamento di veicoli, ciclisti e pedoni, mantenimento di carreggiata, riconoscimento della segnaletica stradale, cruise control e 8 airbag. Questo di massima, e per tutti. Poi ci sono 3 pacchetti che permettono di aggiungere ulteriori dotazioni; vista l’attenzione alla sostenibilità del marchio, sorprende vedere ancora fra gli optional voci come la “Pelle nappa”, e il fatto che provenga da “fornitori che seguono pratiche etiche e responsabili”, come precisa una nota, non cambia di molto la sostanza.
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