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Hitler contro Picasso e gli altri: il docufilm sull’arte rubata, perduta e ritrovata
Al cinema il 13 e 14 marzo il docufilm Hitler contro Picasso e gli altri, che fotografa l’ossessione per l’arte che spinse Hitler a mettere al bando le avanguardie e a impossessarsi della “grande bellezza” dell’Europa.
Da una parte l’odio per le avanguardie artistiche, come il cubismo e l’impressionismo; dall’altra l’esaltazione per l’arte classica e i suoi grandi interpreti. In questo doppio solco si fece strada l’ossessione nazista per l’arte, prima e durante la Seconda guerra mondiale. Una questione storica a lungo trascurata e dai risvolti, invece, importantissimi e ancora attuali. Ad approfondirla e raccontarla sotto molti aspetti e attraverso tante voci è il docufilm Hitler contro Picasso e gli altri. L’ossessione nazista per l’arte, prodotto da 3D produzioni e Nexo Digital, con la partecipazione di Sky Arte Hd e distribuito al cinema il 13 e 14 marzo nell’ambito del progetto la Grande arte al cinema che ha già portato sugli schermi, con grande successo l’opera Caravaggio – l’anima e il sangue.
Hitler contro Picasso e gli altri, la trama
Un progetto ambizioso quello alla base di Hitler contro Picasso, che non solo ricostruisce le vicende storiche che segnarono la più grande razzia artistica dell’umanità, ma dà voce agli eredi di molti di quei collezionisti ebrei che il Führer, fiancheggiato dal suo “secondo” Hermann Göring, depredò e che ancora oggi, dopo molti anni, tentano di rientrare in possesso di ciò che di diritto appartiene alle loro famiglie. Uno sforzo che va ben oltre le ragioni economiche, ma che ha il valore di un ricongiungimento simbolico e affettivo col proprio doloroso passato.
Attraverso immagini e filmati di repertorio, interviste attuali a esperti d’arte, storici e legali coinvolti nelle operazioni di recupero delle opere, il film accompagna lo spettatore in un viaggio attraverso l’oscura relazione che legò a doppio filo arte e politica negli anni del Nazismo e seguenti, concentrandosi proprio sui ritrovamenti delle opere. “Abbiamo consultato materiali d’archivio, come i verbali scritti dai soldati americani che hanno fatto tantissimi interrogatori per ricostruire le vicende e abbiamo potuto utilizzare filmati d’epoca dai cataloghi tedeschi, russi e italiani”, spiega il regista Claudio Poli. “Poi abbiamo girato in cinque paesi diversi, nelle miniere di potassio in Austria, dove erano state nascoste le opere di Göring, e nel campo di concentramento di Theresienstadt in Repubblica Ceca”.
La voce di Toni Servillo e la musica di Remo Anzovino
Ad accompagnare la ricostruzione complessa e articolata delle tante storie in scena la voce e lo sguardo dell’attore Toni Servillo, narratore d’eccezione che ha ammesso: “Ho partecipato con passione a questo progetto. Non conoscevo molti degli episodi raccontati e credo sia importante apprendere tanti particolari della nostra storia recente, perché questo, soprattutto in tempi così agitati, aiuta a formare le coscienze e a dare nobiltà al sacrificio di tante persone che hanno vissuto prima di noi”.
A intrecciarsi con le immagini e la narrazione anche le note della colonna sonora firmata dal compositore Remo Anzovino, con una partitura per orchestra sinfonica, un coro di voci bianche, celesta, pianoforte, chitarra classica e percussioni. “L’eredità del pensiero di Pablo Picasso è stata la guida per comporre la musica – ha spiegato il maestro –. La partitura unisce suoni concreti e moderni alla scrittura rigorosa per orchestra sinfonica, affinché sia chiaro sin dal suono quanto le cose universali non appartengono al passato ma al sempre e al mai. Sono gli innocenti ad aver ispirato il tema principale e la scelta di utilizzare un coro di voci bianche: gli artisti sfregiati e le persone depredate, uccise per essersi opposte all’ossessione dei nazisti per l’arte”.
Le mostre di Monaco del 1937, arte ariana e arte degenerata
Fulcro narrativo del film sono le due mostre di Monaco che nel 1937 segnarono l’apice dell’atteggiamento pregno d’arroganza di Adolf Hitler e del suo partito, decisi a defraudare gli ebrei della loro cultura, impossessandosi delle opere più prestigiose da convogliare in un nuovo fantomatico museo Louvres, come quello di Parigi, che doveva nascere a Linz, la sua città.
In quell’anno fu inaugurata un’esposizione dedicata alla cosiddetta “arte degenerata” che derideva e metteva al bando centinaia di capolavori di artisti come Marc Chagall, Vasilij Kandinsky, Pablo Picasso, Claude Monet, Paul Cezanne e Henri Matisse, etichettati come “incompetenti e ciarlatani”. Appese in modo caotico, addirittura storte o senza cornici queste opere furono ripudiate dal regime per il loro aspetto spesso straniante, i loro soggetti deformi e in quanto, a loro dire, portatrici di caos. La mostra girò ben dodici città tra Austria e Germania e fu visitata da oltre due milioni di persone. A tutto ciò lo stato tedesco contrapponeva l’arte ariana identificata con l’arte classica “del sublime e del bello, veicolo del naturale e del sano”, bramata come strumento di affermazione sociale dal Nazismo stesso. Per celebrarla fu inaugurata, sempre a Monaco nel 1937, La grande esposizione di arte germanica.
Le opere ritrovate in mostra ottant’anni dopo
Dai filmati storici che fotografano un’epoca si passa a quelli attuali delle quattro mostre organizzate nel 2017 (a ottanta anni esatti da quelle esposizioni) a Parigi, Bonn, Berna e Deventer che hanno esposto alcune delle seicentomila opere razziate dai nazisti e recuperate negli anni. Una goccia nell’oceano di cinque milioni di capolavori che si stima siano finiti tra le grinfie di Hitler e i suoi, comprati a prezzi stracciati o confiscati in modo illecito e spesso utilizzati come merce di scambio per visti e lasciapassare per le famiglie ebree destinate alla deportazione. Una macabra verità che il film ripercorre attraverso resoconti e testimonianze.
Come noto, il compito di recuperare le opere ingiustamente sottratte toccò subito dopo la guerra a quei “monuments men” (gli uomini dei monumenti) che ritrovarono la statua della Madonna di Bruges di Michelangelo, l’Astronomo di Vermeer e la Danae di Tiziano, e che sono stati raccontati anche da George Clooney nel suo film omonimo. Quest’ultimo è stato bollato come “caricaturale e di poca sostanza” dal mediatore nel recupero di opere d’arte Christopher Marinello, uno dei protagonisti del documentario Hitler contro Picasso e presente alla conferenza stampa milanese di presentazione. Recentemente, a lui è spettata l’ardua impresa di recuperare l’opera La donna seduta di Matisse, appartenuta a Paul Rosenberg (uno dei più grandi mercanti d’arte e galleristi ebrei di inizio secolo). Un’esperienza faticosa, ostacolata dalle autorità tedesche attraverso “la peggior burocrazia” che si possa immaginare, ha raccontato Marinello a Milano sottolineando come il tema della restituzione sia ancora oggi “un tallone d’Achille della Germania”.
Il caso Gurlitt
Legittimamente rivendicata dalla nipote, La donna seduta era tornata alla luce durante uno dei più grandi e clamorosi ritrovamenti di opere depredate dal nazismo: quello della collezione Gurlitt.
Proprio al caso di Cornelius Gurlitt – così rocambolesco da sembrare uscito dalla penna di un romanziere – il documentario dedica una minuziosa ricostruzione. Nel 2010 l’uomo, figlio di Hildebrand Gurlitt (uno dei più grandi mercanti d’arte del regime), fu fermato casualmente su un treno tra Zurigo e Monaco e, ritrovato in possesso di un’ingente somma di denaro, venne sottoposto a controlli che portarono alla scoperta di un vero e proprio tesoro d’arte conservato maldestramente in casa sua, nei cassetti e in mezzo alle conserve di cibo.
Quando l’arte europea emigrò a New York
Dall’Europa il documentario si sposta anche negli Stati Uniti dove molti ebrei fuggirono durante l’Olocausto, spostando così da Parigi a New York il centro mondiale dell’arte e delle avanguardie. Qui ancora oggi nei salotti degli eredi di quei fuggitivi si trovano opere importanti sopravvissute alle razzie di Hitler e Göring. Tra loro gli eredi dei Gutmann (diventati Goodman), una famiglia di potenti banchieri tedeschi, proprietari (prima della guerra) di una incredibile collezione d’arte che comprendeva capolavori di Edgar Degas, Pierre Auguste Renoir, Sandro Botticelli e Francesco Guardi. Un bottino irresistibile per il Führer che costò la vita ai due coniugi Gutmann uccisi in un campo di concentramento per non aver mai voluto cedere a ricatti e compromessi.
Sono solo alcune delle migliaia di storie che raccontano di capolavori nascosti e riemersi, e di eredi e pronipoti alle prese con un passato che riaffiora, pronti a intraprendere lunghi e faticosi iter che assumono l’aspetto di lotte di civiltà e di risarcimenti – anche – morali, oltre che materiali.
Pablo Picasso, la pittura come strumento di guerra
Hitler contro Picasso è dunque l’occasione per una lezione di storia ancora aperta e, insieme, un’immersione nell’arte in tutto il suo potere. Un potere che riassumeva bene proprio Picasso che, interrogato dalla Gestapo alla fine della guerra, disse: “La pittura non è fatta per decorare appartamenti. È uno strumento di guerra offensivo e difensivo contro il nemico”.
Diretto da Claudio Poli, su soggetto di Didi Gnocchi e sceneggiatura di Sabina Fedeli e Arianna Marelli Hitler contro Picasso sarà al cinema è il 13 e 14 marzo nell’ambito del progetto la Grande arte al cinema.
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