La “paziente di Esperanza” è la seconda persona nella storia che ha sconfitto l’Hiv senza un trapianto di cellule staminali.
Una terza persona ha sconfitto l’Hiv grazie a un trapianto di cellule staminali
La “paziente di New York” ha sconfitto l’Hiv grazie a un trapianto di cellule staminali effettuato con una tecnica innovativa e molto promettente.
- La “paziente di New York” è la terza persona e la prima donna a sconfiggere l’Hiv con un trapianto di cellule staminali.
- Il trattamento ha previsto l’utilizzo di sangue prelevato dal cordone ombelicale di un donatore.
- Risulta più facile reperire un cordone ombelicale compatibile rispetto alle cellule staminali adulte utilizzate nei due casi precedenti.
Il miracolo si è compiuto. Per la terza volta. Gli specialisti del centro medico Weill Cornell di New York hanno dato la bella notizia nel corso della conferenza sui retrovirus tenutasi a Denver, negli Stati Uniti. Una delle loro pazienti è in fase di remissione dall’Hiv, il virus responsabile dell’Aids, per merito di un trapianto di cellule staminali.
È la prima volta che le cellule provengono da un cordone ombelicale
Non solo è la prima donna che ha debellato l’infezione grazie a questo trattamento – prima di lei lo avevano fatto il “paziente di Londra” e quello di Berlino –, ma è anche il primo caso in cui viene utilizzato sangue prelevato dal cordone ombelicale di un neonato con un’anomalia genetica in grado di renderlo resistente al virus.
Da un lato, quest’ultimo è più facilmente disponibile delle cellule staminali adulte – utilizzate invece nella cura dei due pazienti precedenti –; dall’altro, è più facile trovare donatori adatti. “Stimiamo che, negli Stati Uniti, almeno cinquanta pazienti l’anno potrebbero beneficiare di questa procedura”, spiega il dottor Koen van Besien, uno dei medici del Weill Cornell.
La storia della “paziente di New York”
La paziente ha scoperto di aver contratto l’Hiv nel 2013; quattro anni dopo le è stata diagnosticata la leucemia. Nel tentativo di salvarla, i medici le hanno trapiantato le cellule staminali contenute nel sangue cordonale insieme a una parte di cellule staminali adulte, necessaria per garantire il successo dell’operazione. Non solo la donna è guarita dalla leucemia: tre anni dopo il trapianto, ha potuto interrompere la terapia antiretrovirale con la quale stava tenendo sotto controllo il virus responsabile dell’Aids.
Anche un’altra donna, in realtà, è riuscita in quest’impresa, ma la differenza è che fa parte degli elite controller, individui che riescono autonomamente a contrastare la moltiplicazione del virus: oltre a lei, solamente un’altra persona, originaria della California, è riuscita così a eliminarlo del tutto. Il merito, nel loro caso, è delle risposte mirate di alcune cellule T del sistema immunitario.
Gli studi clinici e la discriminazione di genere
Oltre al ruolo giocato dal sangue cordonale, sono altre due le riflessioni che emergono dal caso della “paziente di New York”. “Il fatto che abbia origini multirazziali, e che sia una donna, è molto importante a livello scientifico e anche dal punto di vista dell’impatto sulla comunità”, puntualizza il dottor Steven Deeks, esperto dell’Università della California. Su 35 milioni di sieropositivi nel mondo, più della metà è di sesso femminile. Eppure, le donne rappresentano soltanto l’11 per cento dei partecipanti agli studi clinici.
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