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In questo modo le forze dell’ordine di Hong Kong avranno maggiori poteri per arrivare a coloro che trafficano specie selvatiche.
Hong Kong ha approvato una nuova legge che classifica il traffico illegale di specie selvatiche come crimine organizzato, ponendolo sullo stesso livello del traffico di droga e di esseri umani.
Elizabeth Quat, promotrice della legge, è convinta che la decisione di aggiungere i crimini di natura all’Organised and serious crimes ordinance possa aiutare le autorità ad arrivare ai veri capi delle organizzazioni, invece che limitarsi a rintracciare i singoli bracconieri, che molto spesso sono solo capri espiatori.
I crimini di natura valgono quasi 260 miliardi di dollari all’anno (oltre 230 miliardi di euro) e sono definiti dall’Interpol – l’Organizzazione internazionale della polizia criminale – il quarto crimine al mondo per entità, dopo il traffico di droga, armi e persone.
Negli anni Hong Kong, una delle aree più densamente popolate del mondo, è stata teatro di diversi sequestri record di beni provenienti da specie gravemente minacciate. Ad esempio, sono state confiscate 8,3 tonnellate di squame di pangolini (che corrispondono a 13.800 animali), 2,1 tonnellate di avorio (circa 200 elefanti) e 82,5 chili di corni di rinoceronti, equivalenti a 31 rinoceronti neri o 14 rinoceronti bianchi.
Malgrado la gravità dei crimini, non ci sono mai stati arresti. Coloro che davvero traggono beneficio da questo commercio vengono rintracciati di rado, proprio perché spesso il traffico di specie selvatiche non viene classificato come crimine organizzato e di conseguenza mancano le pene adeguate e gli strumenti per perseguire i responsabili.
Con questa legge però le cose potrebbero cambiare. “Tutti questi poteri saranno ora accessibili dalle forze dell’ordine locali. È un segnale rivoluzionario non solo per Hong Kong, ma per tutta la ragione”, ha spiegato Amanda Whitfort, professoressa di legge all’Università di Hong Kong.
Senza un lavoro di intelligence non c’è nessuna speranza di cambiare veramente le cose.
“In questo modo, Hong Kong sta dicendo forte e chiaro che non possiamo più permetterci di non fare niente mentre i trafficanti continuano a sfruttare le nostre città, devastare la fauna selvatica e rubare le risorse naturali, con grosse conseguenze per le comunità locali e le economie internazionali”, sostiene Lisa Genasci, amministratrice delegata di Adm Capital foundation, una fondazione per la protezione dell’ambiente che si occupa anche di contrastare il traffico illegale di animali selvatici.
Per questo, la decisione di Hong Kong dimostra una comprensione più profonda dei crimini di natura, che non si limita ad affrontare il problema del bracconaggio, ma che ne indaga le cause e ne riconosce finalmente i collegamenti con gli altri mercati criminali.
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