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I castori tornano in Italia dopo 500 anni
I castori sono tornati a popolare la nostra penisola dopo 500 anni. Una notizia ottima, ma con alcune ombre che è bene chiarire con l’aiuto degli esperti.
- I castori sono tornati ad abitare la nostra penisola dopo 500 anni.
- Il loro ritorno è un’ottima notizia per quello che concerne la biodiversità dell’ecosistema.
- Ma ci sono degli aspetti da non sottovalutare.
I castori sono tornati a popolare la nostra penisola dopo 500 anni. Si tratta indubbiamente di una bella notizia anche se, come sempre, ci sono luci e ombre sulla ritrovata biodiversità italiana, un evento che necessita sicuramente di un accurato monitoraggio nei prossimi anni. Il tutto viene riportato da uno studio congiunto dell’Università Statale di Milano e dell’Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri del Consiglio nazionale delle ricerche, pubblicato su Animal Conservation. Le attività di reintroduzione e rewilding sono in questo periodo alcuni degli strumenti principali usati nel campo della biologia della conservazione per cercare di mitigare gli impatti dell’uomo sull’ambiente e riportare gli ecosistemi a uno stato più vicino alla natura. Queste azioni possono talvolta comportare alcune sfide, in particolare quando le specie coinvolte sono grandi carnivori, grossi erbivori, roditori come il castoro che possono incidere sul territorio, gli habitat naturali e il paesaggio.
I castori e il loro habitat
Il castoro europeo è una delle specie più grandi di roditori ed è il più grosso fra quelli nativi dell’Eurasia. Il peso varia tra gli 11 e i 30 kg (l’esemplare più grande registrato pesava 31,7 kg). Tipicamente la lunghezza totale testa-coda è di 80–100 cm, di cui la lunghezza della coda varia dai 25 ai 50 cm. Si tratta di un roditore che vive in coppia e ogni esemplare occupa un territorio di 13 ettari circa d’area umida. Sono animali monogami e le coppie durano a lungo. La maturità sessuale viene raggiunta verso i 3-4 anni e l’accoppiamento avviene in acqua, tra gennaio e marzo. La gestazione dura 106 giorni circa e nascono di solito dai 2 ai 4 piccoli. Solitamente i cuccioli sono già ricoperti di pelo, mentre gli occhi sono semichiusi. La specie era totalmente assente dall’Italia, perché la caccia e la perdita dell’habitat naturale avevano portato all’estinzione tutte le popolazioni presenti sul territorio nazionale. Dopo più di 500 anni di totale assenza, i castori però hanno recentemente iniziato la ricolonizzazione del nostro paese a causa di un’espansione naturale dall’Austria verso il Trentino Alto-Adige e il Friuli Venezia-Giulia e di una serie di reintroduzioni (non autorizzate) in Italia centrale (Toscana, Umbria, Marche).
“Ampie zone d’Italia risultano essere idonee per la stabilizzazione del castoro e, mentre le popolazioni settentrionali sembrano essere più isolate, in centro Italia abbiamo riscontrato un maggiore potenziale di espansione della specie. Le aree di probabile conflitto con l’uomo sono principalmente distribuite in centro Italia (soprattutto in Toscana, Umbria e Marche), e in Trentino Alto-Adige, dove i castori potrebbero avere accesso a zone con presenza di piantagioni arboree o infrastrutture sensibili alle attività della specie”, ha spiegato Mattia Falaschi, ricercatore zoologo dell’Università Statale di Milano e primo autore dello studio in questione.
Ma in Italia ci sono anche quelli illegali
E’ importante considerare che il castoro è inserito tra le specie protette indicate dalla Direttiva comunitaria Habitat. Per questo il ritorno della specie nell’Italia centrale segna sia un avanzamento della capacità di tutela di fauna e flora, sia il lento e progressivo abbandono di una cultura predatoria nei confronti di piante e animali. Per fortuna verrebbe da dire, anche se ci sono dei necessari distinguo da fare. I castori, infatti, sono scomparsi da secoli a causa dell’eccessivo sfruttamento per la pelliccia, la carne e l’olio prodotto dalle loro ghiandole perianali – il cosiddetto castoreum, che l’animale mischia con l’urina e utilizza per rendere idrorepellente la pelliccia e per marcare il territorio – che rendevano la specie particolarmente appetibile. Nella realtà non sappiamo molto sulla distribuzione storica del castoro, né delle cause che hanno portato la specie all’estinzione se si escludono quelle appena menzionate. Ma la comparsa di questi mustelidi in zone del centro Italia, frutto di immissioni illegali della specie sul territorio che non ha tenuto contro delle direttive ISPRA, ha portato una serie di interrogativi non facili da dirimere.
La parola al biologo
Sull’introduzione illegale dei castori in alcune regioni italiane abbiamo chiesto il parere di Mauro Belardi, esperto di sostenibilità ambientale e presidente della cooperativa Eliante.
- Il ritorno naturale del castoro sulle Alpi è un’ottima notizia. Si tratta di una specie scomparsa da tempo e soprattutto di una key species, in grado con la sua presenza di condizionare la nascita di habitat acquatici fluviali e lacustri complessi. In pratica il castoro realizza per noi, e gratis, grandi opere per una rinaturazione di aree umide. Questo ultimo aspetto è forse il più importante ambito di conservazione dei prossimi decenni in Europa, come la restoration law ci indica.
- Questo per quanto riguarda il ritorno del mustelide in modo “naturale”. Ma se parliamo di reintroduzione illegale?
- Per ciò che riguarda la recente popolazione appenninica introdotta illegalmente (una serie di reintroduzioni seriali), il mio giudizio è, invece, critico. Se infatti l’habitat appare idoneo e le potenzialità di espansione notevoli, questo non basta a dire che un ritorno non spontaneo sia positivo. Il castoro va a occupare una nicchia ecologica in competizione con altre specie autoctone, senza che il suo ritorno abbia seguito un normale processo naturale di selezione, sia nelle modalità sia nei tempi. Liberare una specie che era assente da 400 anni senza uno studio di fattibilità, con animali di provenienza dubbia e senza approfondimenti, oltre che costituire un reato, è anche un’operazione molto superficiale sul piano della conservazione che sembra avere a che fare con una certa promozione del concetto di wilderness fine a se stesso. Esistono dei criteri ISPRA che definiscono quando è ragionevole e opportuno effettuare delle reintroduzioni, criteri che includono analisi ecosistemiche, su competitori, su predatori, analisi genetiche su quali popolazioni siano effettivamente usabili per gli individui fondatori, indagini sanitarie per stabilire, infine, una tempistica con una gradualità e dei monitoraggi sui risultati della reintroduzione. Ultimi, ma non meno importanti, i criteri socio-economici: il castoro è infatti una specie che crea contrasti con alcune attività umane ed è noto come reintroduzioni effettuate senza studi di fattibilità abbiano un impatto molto negativo nel confitto con le popolazioni locali, come è successo in Austria e in Svizzera per esempio.
- Una previsione per l’immediato futuro?
- Posso solo dire che la localizzazione della reintroduzione completamente isolata dall’areale della specie ne fa una popolazione soggetta a un rapido impoverimento genetico. Il destino di quelle popolazioni è al momento in discussione presso ISPRA. Di certo anche l’idea che, trattandosi di specie protetta, il loro status rimanga tale anche in palese caso di reintroduzione illegale, non è affatto scontato.
A cosa servono i castori nell’ecosistema
La notizia del ritorno dei castori in territorio italiano è senz’altro un’ottima cosa, comunque, per l’equilibrio naturale e la biodiversità del nostro ecosistema. Ma ci sono delle distinzioni da fare in merito. Come abbiamo visto, infatti, se da una parte la presenza di questo roditore può ridurre il rischio idraulico, mitigando l’intensità degli eventi di piena, in altri casi le attività di foraggiamento/rosicchiamento del castoro possono causare danni alle coltivazioni. Inoltre, la costruzione di dighe e tane, in qualche caso, può persino direzionare nuovamente il flusso d’acqua causando danni a infrastrutture umane come canali artificiali, strade e ponti.
È quindi fondamentale, a questo punto, una attenta attività di monitoraggio nelle zone più a rischio, in modo da applicare prontamente misure di gestione che possano arginare o mitigare i possibili danni dovuti alle attività del mustelide. Tra questi metodi troviamo la protezione dei campi agricoli con recinzioni invalicabili al castoro, e il drenaggio di eventuali aree umide derivanti dalle attività di costruzione di dighe, quando queste ultime minacciano infrastrutture umane. Insomma, come sempre in questi casi, è necessario comparare i vari effetti dell’accaduto. Anche se, in ultima analisi, la positività del ritorno di questo interessante mustelide è senz’altro più importante degli eventuali danni da lui prodotti.
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